Macalda di Scaletta: differenze tra le versioni

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[[Immagine:Scaletta Zanclea (ME) Castello.JPG|thumb|La ''Rocca di [[Scaletta Zanclea|Scaletta]]'', che diede i natali a ''Macalda'']]
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'''Macalda''' (o '''Machalda''') '''di Scaletta''' (1240 ca. – 1308 ca.), un'avventuriera siciliana.
[[Immagine:Scaletta Zanclea (ME) Castello.JPG|thumb|La ''Rocca di [[Scaletta Zanclea|Scaletta]]'', che diede i natali a ''Macalda'']]
'''Macalda''' (o '''Machalda''') '''di Scaletta''' (1240 ca. – 1308 ca.), un'avventuriera siciliana.
 
==Citazioni di Macalda Scaletta==
*{{NDR|Macalda, mostrandosi in superba veste marziale, si presenta per la prima volta a [[Pietro III d'Aragona|Pietro d'Aragona]]}} Macalda son io, o re e signore, moglie di [[Alaimo da Lentini|Alaimo]] milite da [[Lentini|Leontino]], e il tuo regno ho aspettato come tutti gli altri Siciliani. Di gran consolazione e gaudio è per me questo felice giorno, in cui la Sicilia, per opera tua, liberò il [[Dio|Signor]] dalla sua miseria.
:''Ego sum machalda alaymi militis de leontino, expectans regnum tuum, sicut er ceteri siculi; dies hec felix, dies hec mihi consolacionis et gaudii est, qua siciliam propter te dominus de sui miseria liberavit''. (citato in [[Bartolomeo di Neocastro]], ''Historia Sicula'', cap. L)
*{{NDR|Macalda, imprigionata da Pietro d'Aragona, si rivolge con queste parole all'ammiraglio [[:w:Ruggiero di Lauria|Ruggiero di Lauria]], riferendosi al mutato atteggiamento del sovrano aragonese e ai rivolgimenti succeduti al suo dominio}} Noi lo abbiam chiamato e fattolo nostro compagno non già nostro Signore; ma egli recatosi in mano il dominio del regno, noi suoi sozii tratta siccome servi. (citato in [[Vito Maria Amico|Vito Amico]], ''Dizionario topografico della Sicilia'', vol. II, tradotto dal latino da Gioacchino Di Marzo, dd. Salvatore di Marzo, 1859, p. 517)
 
*{{NDR|Macalda, imprigionata da Pietro d'Aragona, si rivolge con queste parole all'ammiraglio [[:w:Ruggiero di Lauria|Ruggiero di Lauria]], riferendosi al mutato atteggiamento del sovrano aragonese e ai rivolgimenti succeduti al suo dominio}} Noi lo abbiam chiamato e fattolo nostro compagno non già nostro Signore; ma egli recatosi in mano il dominio del regno, noi suoi sozii tratta siccome servi. (citato in [[Vito Maria Amico|Vito Amico]], ''Dizionario topografico della Sicilia'', vol. II, tradotto dal latino da Gioacchino Di Marzo, dd. Salvatore di Marzo, 1859, p. 517)
 
==Citazioni su Macalda Scaletta==
[[Immagine:Arrivo aragonesi.jpg|thumb|right|Pietro III d'Aragona (riconoscibile dalla corona) dirige lo sbarco a [[Trapani]] della flotta il 30 agosto 1282. Miniatura dalla ''[[Nova Cronica]]'' di [[Giovanni Villani]] (manoscritto della Biblioteca Vaticana)]]
*{{NDR|Sull'effetto di Macalda sulle qualità di [[Alaimo da Lentini|Alaimo Leontino]], agli occhi di Pietro d'Aragona (1279, preludio al Vespro Siciliano)}} Aggiungeva forse alle sue risoluzioni l'audacia, la vanità, la dissolutezza di sua moglie Macalda o Matilde, vedova già del conte Guglielmo d'Amico, e celebre per maschili opere, per impudiche passioni, per isfrenata superbia, e per abitudini di avventuriera. ([[Salvatore De Renzi]])
 
*{{NDR|Anno 1282, durante il vespro: Macalda regge la capitaneria di Catania in luogo di Alaimo (andato a Messina per resistere all'assedio di Carlo I d'Angiò) e si rende colpevole di un efferato tradimento nei confronti dei francesi, dalla cui parte ella stava un tempo}} Alaimo [...] aveva in Catania sua moglie Macalda Scaletta donna di forte e virile animo, come dicemmo, e temuta in Sicilia perché fiera, e famosa per libidini, e più ancora per ambizione e superbia più che maschile, e per vanità più che muliebre. La mostrò ribalda ed inumana il fatto di aver accolto in sua casa i Francesi, e poi disarmatili a tradimento, li diè in preda all'ira del popolo. Ed inoltre i fatti che successero mostrano chiaro ch'ella ambiva dominare e grandeggiare, in una nuova Corte, che la dovesse tenere come prodiga di troni. ([[Salvatore De Renzi]])
 
*{{NDR|Sull'aspetto marziale di Macalda, al cospetto di Pietro d'Aragona}} Avea costei figura di donna all'aspetto, ma portava alle spalle armi da guerriero e in mano una bacchetta di argento, e con certa apparenza di leggerezza, per nascondere il suo mistero, chiamava con fermi e ridenti occhi il giovane {{NDR|[[Pietro III d'Aragona]]}}, il quale senza negar fede al marito {{NDR|[[Alaimo da Lentini]]}}, l'animo della moglie asperse di certa rugiada di regia benevolenza. ([[Bartolomeo di Neocastro]])
*{{NDR|Un giudizio di De Renzi sulle colpe di Alaimo nei confronti di Pietro d'Aragona, considerate più umana debolezza nei confronti di Macalda che vero e proprio tradimento}} Che la pazza Macalda imprudentissima fosse, e probabilmente ancora per ambizione per ira o per vendetta fosse entrata in qualche ostile concerto, e vi avesse trascinato qualcuno de' suoi, è possibile e forse vero, perché ora più che mai volle ostentare il suo disprezzo, fin ricusando di far tenere al battesimo un suo nato da [[Costanza di Hohenstaufen|Costanza]] da [[Giacomo II d'Aragona|Giacomo]] e da [[Federico III di Aragona|Federigo]]; cavalcando presso il principe, con uno stuolo numeroso di scherani insolenti, per mostrare ch'ella sola regnasse, e Giacomo per lei; sdegnando di dare il nome di regina a Costanza; e tenendo lontano, come dice [[Bartolomeo di Neocastro|Neocastro]], da' consigli di corte il vecchio marito, onde non s'inimicasse personalmente i Francesi. Ma che Alaimo sol debole per la moglie fosse e non traditore, e che non potesse quella sua vigorosa anima discendere alla viltà, è probabile, perché vaghe le accuse, e gli storici desiderosi di scusarlo. Giova dubitare: né è permesso esser corrivo a macchiare una grande fama senza specchiate prove. ([[Salvatore De Renzi]])
 
*{{NDR|Macalda e [[Alaimo da Lentini]] durante l'accoglienza riservata da [[Messina]] a [[Pietro III d'Aragona]]}} Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue galee e quattro taride del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne. ([[Bernat Desclot]])
*{{NDR|Da ''Storia degli Italiani'' di [[Cesare Cantù]]}} Della vita di que' baroni ci è saggio la storia di [[Macalda di Scaletta]]. Vedova di un [[Guglielmo d'Amico]], esigliato al tempo degli Svevi, era andata profuga in abito di frate Minore, stette a [[Napoli]], a [[Messina]], e da [[Carlo d'Angiò]] ricuperò i beni confiscati al marito. Sposatasi ad [[Alaimo di Lentini]], uno de' più fervorosi nel [[Vespri siciliani|Vespro]], tradì i Francesi che a lei, come beneficata da Carlo, rifuggiavano in [[Catania]], della qual città suo marito fu fatto governatore. Quand'egli andò alla guerra di Messina, essa ne tenne le veci; e sui quarant'anni, pure ancor bella, generosa net donare, vestiva piastre e maglie; e con una mazza d'argento alla mano, emulava i cavalieri ne' cimenti guerreschi. Di sua onestà chi bene disse, chi ogni male. Aspirò agli amori di [[Pietro III d'Aragona|re Pietro]], lo accompagnò, gli chiese ricovero; ma egli non volle comprenderla, di che essa pensò vendicarsi.<br/> Alaimo fu poi fatto maestro giustiziere, e valse a reprimere i molti che reluttavano alla nuova dominazione, e acquistò tal reputazione che eccitò la gelosia dell'infante [[Giacomo II d'Aragona|don Giacomo]]. La crescevano i superbi portamenti di Macalda, la quale tenevasi alta fin con [[Costanza]], e non volea dirle regina, ma solo madre di don Giacomo; se compariva alla Corte, era per isfoggiare abiti e gioie. Contro ogni decenza, volle in un convento passar la gravidanza e il parto, sol per godere l'amenità del luogo : Costanza fu a visitarla, e n'ebbe accoglienze sgarbate; offri di levar al battesimo il neonato, e Macalda rispose non voler esporlo a quel bagno freddo, poi tre giorni appresso vel fece tenere da popolani. Costanza, mal in salute, si fece portare in lettiga da Palermo al duomo di Monreale; e Macalda essa pure, per le strade della città e fin a Nicosia in lettiga coperta di scarlatto, di che fu un gran mormorare. Re Giacomo viaggiava con trenta cavalli di scorta; e Macalda con trecento, e volea far da giustiziere, e apponeva a re Pietro di avere mal compensato coloro, che del resto l'aveano domandato compagno e non re.<br/> Alaimo condiscendeva alla moglie, e dicono le giurasse non dar mai consigli a danno de' Francesi, anzi procurarle il ritorno in Sicilia. Se il facesse noi sappiamo ; certo i re aragonesi gli si avversarono, fors'anche per la solita ingratitudine a chi più beneficò. Giacomo finge spedire Alaimo in gran diligenza a suo padre in Catalogna per sollecitarne ajuti : Alaimo va, è accolto con ogni maniera di cortesia ; ma appena egli partì, la plebe di Messina, sollecitata dal [[Ruggiero di Lauria|Loria]], lo grida traditore, affollasi alla sua casa ad ammazzare i Francesi prigionieri di guerra che vi tenea, e così quelli che stavano nelle carceri e che egli aveva salvati. Macalda accorse per sostenere i suoi fautori, ma vide il marito dichiarato fellone e confiscatigli i beni, Matteo Scaletta fratello di lei, decapitato; ella stessa chiusa in un castello, forse vi lini la vita. Alaimo, dopo alquanti anni, fu rimandato verso la Sicilia, e come fu in vista della patria isola, buttato in mare. ([[Cesare Cantù]])
*{{NDR|Macalda, nel suo secondo incontro con Pietro d'Aragona, risponde a due domande del re, facendo allusione alle sue mire su di lui}} Finalmente il Re, sendosi accorto come a lei facea noia l'andarsene, cercò con la mente un altro mezzo per allontanar la disonesta opera<ref>Con riferimento all'approccio sessuale messo in atto dalla donna nei confronti del Re.</ref>; si volse dunque a colei e disse: «''che è quello che vie più temi?''» ed essa: «''che mio marito muoia''»; e di nuovo il Re: «''che è quello che più ami?''» e la donna: «''quello che più amo non è mio''». ([[Bartolomeo di Neocastro]])
 
*{{NDR|Macalda e [[Alaimo da Lentini]] durante l'accoglienza riservata da [[Messina]] a [[Pietro III d'Aragona]]}} Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue galee e quattro taride del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne. ([[Bernat Desclot]])
 
*{{NDR|Un giudizio di De Renzi sulle colpe di Alaimo nei confronti di Pietro d'Aragona, considerate più umana debolezza nei confronti di Macalda che vero e proprio tradimento}} Che la pazza Macalda imprudentissima fosse, e probabilmente ancora per ambizione per ira o per vendetta fosse entrata in qualche ostile concerto, e vi avesse trascinato qualcuno de' suoi, è possibile e forse vero, perché ora più che mai volle ostentare il suo disprezzo, fin ricusando di far tenere al battesimo un suo nato da [[Costanza di Hohenstaufen|Costanza]] da [[Giacomo II d'Aragona|Giacomo]] e da [[Federico III di Aragona|Federigo]]; cavalcando presso il principe, con uno stuolo numeroso di scherani insolenti, per mostrare ch'ella sola regnasse, e Giacomo per lei; sdegnando di dare il nome di regina a Costanza; e tenendo lontano, come dice [[Bartolomeo di Neocastro|Neocastro]], da' consigli di corte il vecchio marito, onde non s'inimicasse personalmente i Francesi. Ma che Alaimo sol debole per la moglie fosse e non traditore, e che non potesse quella sua vigorosa anima discendere alla viltà, è probabile, perché vaghe le accuse, e gli storici desiderosi di scusarlo. Giova dubitare: né è permesso esser corrivo a macchiare una grande fama senza specchiate prove. ([[Salvatore De Renzi]])
 
*{{NDR|Sulla sua conoscenza degli scacchi}} Il [[scacchi|gioco degli scacchi]] [...] fu praticato in [[Sicilia]] anche dalle donne, come è attestato dal famoso episodio di Macalda, l'ambiziosa e intrigante moglie di quell'[[Alaimo da Lentini]] che fu uno dei principali protagonisti dei [[Vespri siciliani]], che durante la sua prigionia nel castello di Matagrifone di [[Messina]], giocava a scacchi con l'emiro Margam Ibn Sebir, anch'egli prigioniero di re Pietro III d'Aragona. ([[Santi Correnti]])
*Il [[Pietro III d'Aragona|re Pietro]], risaputa in Randazzo la partenza dell'esercito francese, andò a Milazzo, costrinse quel presidio ad arrendersi, e di là mosse verso Messina. Era con lui Macalda di Scaletta, seconda moglie di [[Alaimo di Lentini]]. Ell'era vedova di un conte Guglielmo d'Amico, esule al tempo degli Svevi: avea vagato per diversi paesi in veste di frate minore : poi soggiornò in Napoli ed in Messina con non buona riputazione di onestà; riebbe da Carlo i beni che l'erano stati confiscati, e si rimaritò con Alaimo. Nel vespro stando in Catania, tradì i Francesi, che a lei eransi affidati, tolse loro le robe e li consegnò al popolo; ed ella governò quella città in nome del marito occupato nella guerra di Messina. Macalda si presentò a re Pietro in [[Randazzo]]: andava coperta di piastre e di maglie di ferro, portava in mano una grossa mazza di argento; ed avvegnaché toccasse già i quarantanni, nondimeno, come scrisse il [[Bernat Desclot|D'Esclot]] «ella era molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo, larga nel donare, e, quando ne era luogo e tempo, valea nell'arme al pari di un cavaliero<ref group=l>''Cronaca Catalana'', c. 96</ref>». Il re l'accolse con molta cortesia, la ricondusse egli stesso all'albergo, ma i desiderj della donna o non intese, o dissimulò. Giunti a Santa Lucia, sulla via da Milazzo a Messina, Macalda viene al re, dice non aver trovato ove passar la notte, gli chiede voglia albergarla. Il re le cede le sue stanze e si ritira in altro luogo. Lo siegue Macalda; ed allora il re chiama i suoi cavalieri, s'intrattiene in discorsi senza costrutto, come suole chi annoiasi o voglia prender tempo, e da ultimo si addormenta; offesa che risentì profondamente Macalda, la quale più tardi, per vendicarsene, rovinò sé ed il marito, come a suo luogo sarà discorso. ([[Giuseppe La Farina]])
 
*{{NDR|Sull'abbigliamento pretenzioso e sulle partite a scacchi di Macalda Scaletta}} L'emiro Margam ibn Sebir venne rinchiuso nel castello di Matagrifone a Messina, dove ben presto godé della compagnia di donna Machalda. Essa lasciava stupiti i suoi carcerieri per la vivacità e l'immodestia degli abiti che indossava allorché si recava a giocare a scacchi con l'emiro. ([[Steven Runciman]])
 
==Note==
*{{NDR|Da ''Storia degli Italiani'' di [[Cesare Cantù]]}} Della vita di que' baroni ci è saggio la storia di [[Macalda di Scaletta]]. Vedova di un [[Guglielmo d'Amico]], esigliato al tempo degli Svevi, era andata profuga in abito di frate Minore, stette a [[Napoli]], a [[Messina]], e da [[Carlo d'Angiò]] ricuperò i beni confiscati al marito. Sposatasi ad [[Alaimo di Lentini]], uno de' più fervorosi nel [[Vespri siciliani|Vespro]], tradì i Francesi che a lei, come beneficata da Carlo, rifuggiavano in [[Catania]], della qual città suo marito fu fatto governatore. Quand'egli andò alla guerra di Messina, essa ne tenne le veci; e sui quarant'anni, pure ancor bella, generosa net donare, vestiva piastre e maglie; e con una mazza d'argento alla mano, emulava i cavalieri ne' cimenti guerreschi. Di sua onestà chi bene disse, chi ogni male. Aspirò agli amori di [[Pietro III d'Aragona|re Pietro]], lo accompagnò, gli chiese ricovero; ma egli non volle comprenderla, di che essa pensò vendicarsi.<br/> Alaimo fu poi fatto maestro giustiziere, e valse a reprimere i molti che reluttavano alla nuova dominazione, e acquistò tal reputazione che eccitò la gelosia dell'infante [[Giacomo II d'Aragona|don Giacomo]]. La crescevano i superbi portamenti di Macalda, la quale tenevasi alta fin con [[Costanza]], e non volea dirle regina, ma solo madre di don Giacomo; se compariva alla Corte, era per isfoggiare abiti e gioie. Contro ogni decenza, volle in un convento passar la gravidanza e il parto, sol per godere l'amenità del luogo : Costanza fu a visitarla, e n'ebbe accoglienze sgarbate; offri di levar al battesimo il neonato, e Macalda rispose non voler esporlo a quel bagno freddo, poi tre giorni appresso vel fece tenere da popolani. Costanza, mal in salute, si fece portare in lettiga da Palermo al duomo di Monreale; e Macalda essa pure, per le strade della città e fin a Nicosia in lettiga coperta di scarlatto, di che fu un gran mormorare. Re Giacomo viaggiava con trenta cavalli di scorta; e Macalda con trecento, e volea far da giustiziere, e apponeva a re Pietro di avere mal compensato coloro, che del resto l'aveano domandato compagno e non re.<br/> Alaimo condiscendeva alla moglie, e dicono le giurasse non dar mai consigli a danno de' Francesi, anzi procurarle il ritorno in Sicilia. Se il facesse noi sappiamo ; certo i re aragonesi gli si avversarono, fors'anche per la solita ingratitudine a chi più beneficò. Giacomo finge spedire Alaimo in gran diligenza a suo padre in Catalogna per sollecitarne ajuti : Alaimo va, è accolto con ogni maniera di cortesia ; ma appena egli partì, la plebe di Messina, sollecitata dal [[Ruggiero di Lauria|Loria]], lo grida traditore, affollasi alla sua casa ad ammazzare i Francesi prigionieri di guerra che vi tenea, e così quelli che stavano nelle carceri e che egli aveva salvati. Macalda accorse per sostenere i suoi fautori, ma vide il marito dichiarato fellone e confiscatigli i beni, Matteo Scaletta fratello di lei, decapitato; ella stessa chiusa in un castello, forse vi lini la vita. Alaimo, dopo alquanti anni, fu rimandato verso la Sicilia, e come fu in vista della patria isola, buttato in mare. ([[Cesare Cantù]])
 
*Il [[Pietro III d'Aragona|re Pietro]], risaputa in Randazzo la partenza dell'esercito francese, andò a Milazzo, costrinse quel presidio ad arrendersi, e di là mosse verso Messina. Era con lui Macalda di Scaletta, seconda moglie di [[Alaimo di Lentini]]. Ell'era vedova di un conte Guglielmo d'Amico, esule al tempo degli Svevi: avea vagato per diversi paesi in veste di frate minore : poi soggiornò in Napoli ed in Messina con non buona riputazione di onestà; riebbe da Carlo i beni che l'erano stati confiscati, e si rimaritò con Alaimo. Nel vespro stando in Catania, tradì i Francesi, che a lei eransi affidati, tolse loro le robe e li consegnò al popolo; ed ella governò quella città in nome del marito occupato nella guerra di Messina. Macalda si presentò a re Pietro in [[Randazzo]]: andava coperta di piastre e di maglie di ferro, portava in mano una grossa mazza di argento; ed avvegnaché toccasse già i quarantanni, nondimeno, come scrisse il [[Bernat Desclot|D'Esclot]] «ella era molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo, larga nel donare, e, quando ne era luogo e tempo, valea nell'arme al pari di un cavaliero<ref group=l>''Cronaca Catalana'', c. 96</ref>». Il re l'accolse con molta cortesia, la ricondusse egli stesso all'albergo, ma i desiderj della donna o non intese, o dissimulò. Giunti a Santa Lucia, sulla via da Milazzo a Messina, Macalda viene al re, dice non aver trovato ove passar la notte, gli chiede voglia albergarla. Il re le cede le sue stanze e si ritira in altro luogo. Lo siegue Macalda; ed allora il re chiama i suoi cavalieri, s'intrattiene in discorsi senza costrutto, come suole chi annoiasi o voglia prender tempo, e da ultimo si addormenta; offesa che risentì profondamente Macalda, la quale più tardi, per vendicarsene, rovinò sé ed il marito, come a suo luogo sarà discorso. ([[Giuseppe La Farina]])
 
==Riferimenti==
<references />
 
==Altri progetti==
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[[Categoria:Italiani]]