Abhinavagupta: differenze tra le versioni

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*Se si giunge a fare un tutt'uno con l'efficienza della propria [[energia]], in quel preciso momento Bhairava si rivela nella sede immutabile, a condizione che tutti i soffi dei canali sensoriali raggiungano la loro pienezza; ci si assorbe allora nella grande sede del Centro, la ''suṣumnā'', mentre la dualità si dissolve. Penetrare nella ''suṣumnā'' significa quindi penetrare in ''rudrāyamala'', significa sperimentare il rapimento della suprema interiorità e prendere piena coscienza della propria energia nella sua sovrabbondanza.<ref>Citato in Lilian Silburn 1997, p. 219.</ref><ref>Traduzione di Raniero Gnoli in ''Il commento di Abhinavagupta alla Parātriṃśikā'', IsMEO, Roma, 1985, pp. 49-50.</ref>
*Si scopra la felicità attraverso la [[Rapporto sessuale|frizione che unifica i sessi]] durante il godimento reciproco e, grazie a essa, si riconosca l'essenza incomparabile, sempre presente. Infatti, tutto ciò che entra da un organo interno o esterno risiede sotto forma di coscienza o di soffio nel regno della via mediana<ref>La via mediana è la ''suṣumnā'', componente del corpo yogico.</ref> che, collegata essenzialmente al soffio universale (''anuprāṇanā''), anima ogni parte del corpo. E ciò che viene chiamato ''ojas'', vitalità, e che vivifica tutto il corpo.<ref>Citato in Lilian Silburn 1997, p. 217.</ref><ref>Traduzione di Raniero Gnoli in ''Il commento di Abhinavagupta alla Parātriṃśikā'', IsMEO, Roma, 1985, pp. 45-46.</ref>
*Una completa essenza di meravigliarsi è, in effetto, mancanza di vita. Inversamente, la ricettività estetica, l'essere dotato di cuore non è altro se non l’essere immerso in un intenso meravigliarsi, il quale consiste in una scossa della forza. Solo chi ha il cuore tutto alimentato da quest’infinita forza aumentativa, solo chi è consueto alla pratica costante di tali fruizioni, solo egli e non altri è dotato, per eccellenza, di questa capacità di meravigliarsi. E questo meravigliarsi c’è anche nel dolore. L’essenza del dolore non è, in effetto, se non un meravigliarsi particolare, cagionato dall’assenza di ogni speranza.<ref>Dall'appendice IV, in Abhinavagupta, ''Luce delle scritture (Tantraloka)'', a cura di Raniero Gnoli, UTET, edizione elettronica De Agostini, 2013, p. 761.</ref>
 
==''Tantrāloka''==