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*Per quanto riguarda i patti e il dovere di non smentirli, Pitagora predisponeva i suoi discepoli a tal punto che si racconta che una volta [[Liside]], dopo essere stato in adorazione nel tempio di Era, uscendo si imbatté in Eurifamo di Siracusa, uno dei suoi compagni, che stava entrando nel vestibolo di quel tempio. Eurifamo fece sì che Liside si impegnasse ad aspettarlo fino a quando non fosse uscito [...]. Così Eurifamo compì la sua adorazione [...] e quindi uscì da un'altra porta del tempio dimentico <dell'accordo preso con Liside>, il quale rimase immobile come si trovava per il resto della giornata e della notte sopraggiunta e per molta parte ancora della giornata seguente. E forse sarebbe rimasto lì ancora più a lungo, se Eurifamo [...] non si fosse ricordato della cosa dopo avere sentito dire che i suoi compagni cercavano appunto Liside. E così andò a cercarlo mentre quello era ancora lì ad aspettarlo secondo l'impegno preso, e lo condusse via [...] aggiungendo queste parole: "Questa dimenticanza me l'ha inviata un dio, perché si mettesse alla prova la tua fermezza nel rispettare i patti". (185, pp. 221-223)
*Pitagora stabilì come norma anche l'astinenza dal mangiare esseri viventi e lo fece per la ragione, tra molte altre, che si tratta di una pratica pacificatrice. Infatti coloro che si fossero abituati a provare ribrezzo per l'uccisione degli animali come fatto illecito e contro natura, ritenendo che era molto più ingiusto uccidere l'uomo, non avrebbero più fatto la guerra. (186, p. 223)
*Dinanzi agli estranei, ai profani, per così dire, quegli uomini {{NDR|della [[scuola pitagorica|pitagorici]]}} parlavano tra loro, se mai dovesse capitare, enigmaticamente per simboli, di cui ancora oggi circolano come traccia dei simboli famosi, quali ad esempio: "Non attizzare il fuoco con il coltello" e simboli del genere, che somigliano – nella loro pura espressione letterale – a delle regole da vecchietta, ma che, una volta spiegate, forniscono una straordinaria e venerabile utilità a coloro che le comprendono.<br />Ma il precetto più grande di tutti in rapporto al coraggio è quello di proporre come scopo più importante di preservare e liberare l'intelletto da tutte quante le pastoie e le catene che lo frenano fin dall'infanzia [...]. "L'[[intelletto]]" infatti – a loro parere – "vede tutto e intende tutto, e tutto il resto è sordo e cieco". (227-228, p. 251)
 
==Bibliografia==