Aulo Cornelio Celso: differenze tra le versioni

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*I [[brivido|brividi]] di freddo precedono soprattutto quelle febbri, che hanno un periodo definito e rimettono compiutamente e però sono più sicure e danno più luogo all'azione de' rimedii. (libro III, capitolo XII, p. 158)
*La terza specie è la più pericolosa di tutte, ed è chiamata da Greci ''[[tubercolosi|tisi]]''. Ha origine quasi sempre dal capo, indi la distillazione passa al polmone, e ne segue l'ulcerazione di quest'organo, dal che sorge una leggera febbretta, la quale, anche cessando, ricomparisce, si manifesta tosse frequente, e vi è espettorazione marciosa e talvolta ancor sanguigna, e talvolta ancora sanguigna. Se la materia espettorata si pone sul fuoco esala un cattivo odore; e perciò coloro che dubitano della natura della malattia fanno uso di questo segno. (libro III, capitolo XXII, p. 174)
*Fra' morbi conosciutissimi avvi anche quello chiamato [[epilessia|comiziale o maggiore]]. L'uomo che n'è sorpreso in un subito stramazza; caccia schiuma dalla bocca; e quindi dopo qualche tempo ritorna in sé, e si rialza da lui solo. Esso travaglia più spesso gli uomini che le donne. In genere suol essere cronico, e durare fino alla morte, senza essere pericoloso per la vita, comunque talvolta quando è recente possa anche uccidere: e spesso, quando i rimedii non lo guariscono, questo morbo viene dissipato ne' giovinetti dal primo uso de' venerei diletti, e nelle donzelle dalla comparsa de' mestrui. (libro III, capitolo XXIII, ppp. 177)
*Del pari è molto noto quel morbo che talora è chiamato ''arquato'', altre volte ''regio''; circa il quale [[Ippocrate]] disse che se sviluppasi al settimo giorno della febbre non sia pericoloso, purché gl'ipocondrii si conservino cedevoli; [[Diocle (medico)|Diocle]] sostenne che l'[[ittero|itterizia]] sia anche utile se manifestasi dopo la febbre; ma se la febbre sopravviene all'itterizia, allora uccide l'infermo. Questa malattia è resa manifesta dal colore soprattutto degli occhi, in cui la parte bianca si fa gialla. Ordinariamente vi si aggiugne la sete, il dolor di capo ed il frequente singhiozzo, non che una certa durezza all'ipocondrio destro, e quando il corpo esegue un moto veemente si manifesta la difficoltà di respiro, e l'infiacchimento degli arti; ed inoltre quando la malattia si prolunga tutta la superficie del corpo diviene in certo modo di bianco pallido. (libro III, capitolo XXIV, pp. 178-179)
*{{NDR|Sull'[[ictus]]}} Se tutt'i membri sono fortemente paralizzati il salasso o uccide o sana; ed ogni altro genere di cura quasi mai non reintegra la sanità, spesso non facendo altro che differire la morte, rende penosa la vita. Dopo il salasso se non ritornano il movimento e la intelligenza, non vi è più speranza; ma se ritornano, può anche aspettarsi la guarigione perfetta. (libro III, capitolo XXVII; pp. 180-181)
*La [[tosse]] poi, la quale si contrae in varii modi, quando è provocata da esulcerazioni delle fauci è quasi sempre molesta; ma cessa appena queste sono guarite. Inoltre suole talvolta per propria natura riuscir dannosa, e quando è invecchiata diffìcilmente si toglie. Essa talvolta è secca, altre volte provoca espettorazione di pituita. (libro IV, capitolo X, pp. 193)
*Innanzi tutto convien ricordare il [[colera]], il quale può riguardarsi come morbo comune allo stomaco ed agl'intestini. Imperocchè avvi contemporaneamente scioglimento di ventre e vomito, ed inoltre vi è rigonfiamento per i fiati, e tormini intestinali, la bile esce fuori con impeto dalla parte superiore e dall'inferiore, in sul principio simile all'acqua, indi come se in essa siesi lavata la carne, talvolta è bianca, non di rado nera, o anche di svariato colore. E perciò dalla bile appunto i Greci chiamarono questo morbo ''coléra''. Oltre a' segni de' quali sopra ho discorso, spesso ancora si aggiungono le contrazioni alle gambe o alle braccia, una sete ardente, ed i deliquii: né sorprende se concorrendo questi segni tutti, l'infermo muore in breve tempo. (libro IV, capitolo XVIII, p. 202)