Marco Fabio Quintiliano: differenze tra le versioni

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:''Propositum potius amicum quam dictum perdendi.''
 
*E in [[Tito Livio]], scrittore meravigliosamente fluido, Asinio Pollione pensa che ci sia una certa dose di «patavinità». Perciò, se possibile, sia le parole tutte che la pronuncia odorino di uno che è cresciuto in questa città, di modo che il linguaggio sembri senz'altro romano, e non beneficato dalla concessione della cittadinanza. (VIII, 1, 3; 1979, p. 133)
:''Et in Tito Livio, mirae facundiae viro, putat inesse Pollio Asinius quandam Patavinitatem''.
 
*Senza dubbio, esclusivamente nostra lo è la satira, nella quale Lucilio, che per primo vi conseguì distinta fama, ha ancora oggi dei lettori così fedeli a lui da dire di preferirlo non solo agli altri satirici, ma anche a tutti i restanti poeti. Ma io non sono d'accordo né con loro né con Orazio, il quale ritiene che Lucilio sia grossolano e che usi delle parole che andrebbero tolte. Infatti sono ammirevoli in lui l'erudizione e la libertà di spirito, e anche la mordacità, la notevole arguzia. (X, 1, 94)
:''Satura quidem tota nostra est, in qua primus insignem laudem adeptus Lucilius quosdam ita deditos sibi adhuc habet amatores ut eum non eiusdem modo operis auctoribus sed omnibus poetis praeferre non dubitent. Ego quantum ab illis, tantum ab Horatio dissentio, qui Lucilium fluere lutulentum et esse aliquid quod tollere possis putat. Nam et eruditio in eo mira et libertas atque inde acerbitas et abunde salis.''
 
*[...] al punto che la stessa lingua latina non mi sembra essere capace di quell'eleganza concessa solo agli Attici. (X, 1, 100)
:[...] ''ut mihi sermo ipse romanus non recipere videatur illam solis concessam Atticis venerem''.
 
*Non esiterei a contrapporre Sallustio a Tucidide, né Erodoto potrebbe avere a sdegno che gli sia paragonato Tito Livio, che non solo è scrittore meravigliosamente piacevole e di luminosissima eleganza, ma anche si esprime, nei discorsi, con una efficacia e dignità superiori ad ogni descrizione, cosicché tutto quel che è detto è adatto sia alle situazioni sia ai personaggi: per dirla in breve, quanto agli affetti, e particolarmente quelli più miti, nessuno degli storici ha saputo renderli in modo più appropriato. Per questo egli ha uguagliato con pregi diversi la divina efficacia di Sallustio.<ref name= Garbarino >Citato in ''Letteratura latina''.</ref> (X, 1, 101-102)
 
*Quelli che appaiono saggi in mezzo agli stupidi, in mezzo ai saggi appaiono stupidi. (X, 7, 21)
:''Qui stultis videri eruditi volunt, stulti eruditis videntur''.
 
*Il maldicente non differisce dal malvagio che per l'occasione. (XII, 9, 9)
:''Maledicus a malefico non distat nisi occasione''.
 
==Citazioni su Quintiliano==
*Alle Instituzioni di Quintiliano si potrebbe apporre l'epigrafe d'un filosofo del secolo scorso: ''Io vidi il costume del mio secolo e pubblicai quest'opera''. E il secolo di Quintiliano avea d'uopo di lui. ([[Alexandre Ledru-Rollin]])
*Quintiliano [...] nelle Instituzioni dedicate a [[Marcello]] presentò lezioni, non solo di bene scrivere, ma di bene operare, istruì l'animo e l'intelletto, e pose per base de' suoi precetti che i costumi sono l'incremento delle lettere, che madre della vera eloquenza è la virtù. ([[Alexandre Ledru-Rollin]])
 
==Note==
<references />
 
==Bibliografia==
*[[Giovanna Garbarino]], Sergio A. Cecchin, Laura Fiocchi, ''Letteratura latina, Excursus sui generi letterari, Volume unico'', retorica e comunicazione letteraria a cura di Franca Parodi Scotti, Palumbo Editore, Torino, 2005² [1995]. ISBN 978-88-395-3108-7
 
*Marco Fabio Quintiliano, ''L'istituzione oratoria, Vol. II'', traduzione di Rino Faranda, UTET, Torino, 1979² [1968]. ISBN 9788802034362
 
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