Giuseppe Berto: differenze tra le versioni

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*E del resto io sempre con la collaborazione di questa figlia vado approfondendo parecchio la natura del rapporto tra padri e figli, ossia i figli non devono far nulla in cambio dell'amore dei padri dato che il loro unico dovere è di esistere in buona salute possibilmente, poiché io vedendo mia figlia sana provo una gioia grandissima. (pp. 219-220).
*Quanti peccati Dio mio quanti peccati, non finirò mai ma gli altri perché non scontano, questo vorrei sapere perché non scontano gli altri, davvero vorrei sapere se io sono tra tutti gli uomini il più grande peccatore oppure se qualcosa non funziona proprio contro di me in questo deforme ingranaggio di giustizia, pur che ci sia giustizia e non caso e non caos, dove troviamo le ragioni metafisiche vorrei sapere, dove ci può essere un Dio giustizia così sbagliato poiché vi è bene chi più di me odia e calpesta e ha il cuore arido, ecco dunque che non sarebbe possibile un ingranaggio trascendentale neppure riferito al padre mio, gli dei hanno un'imperturbabilità remota insegnava [[Lucrezio]]. (pp. 234-235)
*... in realtà la vita come la vedo io è solo una porzione trascurabile di vita la parte più importante svolgendosi nell'inconscio dove si è accumulata nei primissimi anni di vita e forse anche prima della venuta al mondo, e dall'inconscio noi dobbiamo dunque ripescarla e portarla alla conoscenza affinché non ci possa più nuocere né spaventare, e mentre io come essere pensante e ragionevole mi lascio trascinare da alcune migliaia di millenni di cattive abitudini e faccio di tutto per costruirmi un'immagine melata e falsa del padre mio il mio inconscio sa benissimo che questo padre era un cane maledetto che tutti i giorni mi rubava la madre mentre io ero nel pieno della mia situazione edipica ossia per la madre morivo d'amore, onnipotente cane contro il quale io piccolo non avevo difesa all'infuori dell'odio, un odio smisurato come quello dei bambini che non hanno limiti nel voler bene e nel voler male sicché questo mio padre io l'ho ammazzato infinite volte con la mia volontà e il mio desiderio e in altre parole io nel mio inconscio sono infinite volte parricida... (pag. 311)
*...da un desiderio così dunque ero passato ad un colloquio diretto con la divinità impostato soprattutto su di un ardore diciamo pure distruttivo pregando davanti al lumicino della cappella che indicava la presenza di Gesù Dio nel Sacramento, Gesù essenza astratta di divinità, Gesù misteriosamente corpo e vita nell'Ostia e insieme non corpo e non vita e simbolo come il Padre suo, pregandolo Gesù fammi morire subito fa' che mi congiunga subito a te mio Dio, annullami nel tuo abbraccio inafferrabile Spirito Santo, Dio Uno e Trino accoglimi senza indugio nella tua eternità spirituale e immutabile, e insomma mentre l'Io aspirava dritto come un fuso all'autodistruzione e in verità non avendo che la vita da offrire al mio Dio gliela offrivo incessantemente ad ogni minuto della giornata e solo subordinatamente cioè nel caso che Dio non mi avesse concesso la perfezione della morte avrei accettato la macerazione sopra una colonna nel deserto come gli antichi stiliti.. (pag. 321)
*...mentre dunque l'adolescente era tutto astratti e angelici furori chissà mai cosa gli stava trafficando il Super-Io, cioè se da un lato è fin troppo chiaro che con il misticismo esso cercava di soddisfare sensi di colpa e voluttà d'espiazione sepolti nell'inconscio, dall'altro lato raggiungeva sia pure involontariamente un risultato importantissimo per il futuro nel senso che il padre terreno principale elemento costitutivo del Super-Io stesso veniva relegato in un secondo piano rispetto al Padreterno, si formava una graduatoria di doveri verso l'uno e l'altro e per quanto i doveri verso la Patria e la Società e le Persone Benestanti in generale nelle quali secondo il padre mio che di delinquenti doveva intendersene prendevano corpo i concetti di onestà e ordine, i doveri verso il Padre Celeste erano di una categoria non solo più raffinata ma anche superiore sia dal punto di vista spirituale che da quello morale... (pag. 321)
*E allora il compagno mi spiegò che non occorreva aspettar tanto dato che uno poteva arrangiarsi da solo facendo così e così e se volevo provare non avevo che da andare al gabinetto e chiudermi dentro, e naturalmente lo feci subito poiché c'era tutto quel groviglio torbido dell'Es che premeva per sopraffarmi e in verità ciò che provai nelle solitarie manovre fu un piacere tale da sconvolgere la mia fragile costruzione etica, uno partiva dalla parte più impura e peccaminosa del corpo e si innalzava davvero fino alle soglie del paradiso ma poi precipitava giù con la propria coscienza devastata dal peccato e dalla vergogna, come si sarebbe potuto più andare in chiesa e farsi vedere da Dio, benché Dio fosse lì a guardare anche nei gabinetti o la sera nel letto quando spegnevano la luce grande della camera e l'assistente si ritirava dietro la sua tenda nell'angolo, o in qualsiasi altro luogo dove uno commettesse peccato o ne parlasse o ne pensasse compiacendosene, sempre Dio onnipotente era lì a condannare e io non osavo più alzare gli occhi al tabernacolo sull'altare maggiore o anche solo al lumicino che indicava la presenza di Gesù nel Sacramento se prima almeno non mi ero confessato dei miei orrendi peccati, fortuna che c'era la confessione per mondarsi l'anima. (p. 325)
*Ed è sbagliato vero, è sbagliato rubare e pure da parte tua è sbagliato, ma perché mi hai messo al mondo allora perché, per ingannarmi e farmi soffrire, io non volevo non volevo, cerco intorno senza trovare uno scopo per la mia vita e solo leggendo mi sembra di vivere. (p. 334)