Milan Kundera: differenze tra le versioni

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*Tutti noi consideriamo impensabile che l'[[amore]] della nostra [[vita]] possa essere qualcosa di leggero, qualcosa che non ha peso; riteniamo che il nostro amore sia qualcosa che doveva necessariamente essere, che senza di esso la nostra vita non sarebbe stata la nostra vita.
*Un [[medico]], diversamente da un politico o da un attore, viene giudicato soltanto dal suo paziente e dai suoi più prossimi colleghi, cioè a porte chiuse, da [[uomo]] a uomo.
*La [[scoperta]] di essere del tutto impotente fu come una mazzata ma allo stesso tempo lo calmò. Nessuno lo obbligava a prendere una [[decisione]]. Non era costretto a guardare il muro della [[casa]] di fronte e domandarsi se voleva o non voleva vivere con lei. Tereza aveva deciso tutto da sola.
*Aveva dietro le spalle sette anni di [[vita]] passati con Tereza e adesso si rendeva conto che quegli anni erano più belli nel [[ricordo]] che non quando li aveva vissuti. L’[[amore]] tra lui e Tereza era stato bellissimo ma anche faticoso: aveva dovuto sempre nascondere qualcosa, mascherare, fingere, riparare, tirarle su il morale, consolarla, dimostrarle ininterrottamente il proprio amore, subire le accuse della sua [[gelosia]], del suo [[dolore]], dei suoi [[sogno|sogni]], sentirsi colpevole, giustificarsi e scusarsi. Ora la [[fatica]] era scomparsa e rimaneva solo la [[bellezza]].
*Per Sabina vivere nella [[verità]], non mentire né a se stessi né agli altri, è possibile soltanto a condizione di vivere senza pubblico. Nell’istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità. Avere un [[pubblico]], pensare a un pubblico, significa vivere nella [[menzogna]]. Sabina disprezza la [[letteratura]] nella quale gli autori rivelano ogni piega intima di se stessi e dei loro amici. L’[[uomo]] che perde la propria intimità perde tutto, pensa tra sé Sabina. E l’uomo che se ne sbarazza di sua spontanea volontà è un [[mostro]]. Per questo Sabina non soffre per nulla di dover tenere nascosto il proprio [[amore]]. Al contrario, solo in quel modo può “vivere nella [[verità]]”.
*Per Sabina fu come se Franz avesse forzato la porta della sua intimità. […] Contro la sua [[volontà]] sarebbe diventata la rivale di una [[donna]] che non la interessava affatto. […] Tutti avrebbero osservato, da vicino o da lontano, e lei sarebbe stata obbligata recitare davanti a tutti, invece di essere Sabina avrebbe dovuto recitare la parte di Sabina e pensare a come recitare quella parte. L’[[amore]] reso pubblico sarebbe aumentato di peso e sarebbe diventato un [[fardello]]. Solo a pensarci, Sabina si curvava sotto quel fardello.
*“L’[[amore]] è [[lotta]]” disse Marie-Claude, sempre sorridendo. “Lotterò a lungo. Fino alla fine”.
*Un [[dramma]] umano si può sempre esprimere con la metafora della pesantezza. Diciamo, ad esempio, che ci è caduto un [[fardello]] sulle spalle. Sopportiamo o non sopportiamo questo [[fardello]], sprofondiamo sotto il suo peso, lottiamo con esso, perdiamo o vinciamo. Ma che cos’era successo in realtà a Sabina? Niente. Aveva lasciato un [[uomo]] perché voleva lasciarlo. Lui l’aveva forse perseguitata? Aveva cercato di vendicarsi? No. Il suo non era un [[dramma]] della pesantezza, ma della [[leggerezza]]. Sulle spalle di sabina non era caduto un [[fardello]], ma l’insostenibile [[leggerezza]] dell’essere.
*Sabina aveva attorno a sé il vuoto. E se quel vuoto fosse stato la [[meta]] di tutti i suoi [[tradimento|tradimenti]]?
Fino ad allora, naturalmente, non se ne era resa conto e ciò era comprensibile: la [[meta]] che l’uomo persegue è sempre velata. La ragazza che desidera il [[matrimonio]] desidera qualcosa di cui non sa [[nulla]]. Il giovane che brama la [[gloria]] non ha alcuna idea di cosa sia questa [[gloria]]. Ciò che dà un senso al nostro comportamento è sempre qualcosa che ci è totalmente sconosciuto. Anche Sabina non sa quale sia la [[meta]] che sta dietro il suo [[desiderio]] di tradire. L’insostenibile [[leggerezza]] dell’essere, è questa la [[meta]]?
*Come si è indifesi di fronte alle [[adulazione|adulazioni]]! Tomas non poteva impedirsi di prendere sul serio quello che gli diceva l’[[uomo]] del ministero. Ma non era soltanto [[vanità]]. Era soprattutto inesperienza. Quando sedete di fronte a qualcuno che si mostra amabile, deferente, cortese, è molto difficile tenere sempre a mente che nulla di ciò che dice è vero, che nulla è sincero. Diffidare (continuamente e sistematicamente, senza vacillare nemmeno per un attimo) richiede uno [[sforzo]] enorme anche un suo allenamento…
*Ciò che l’[[io]] ha di unico si cela appunto in ciò che l’[[uomo]] ha di inimmaginabile. Noi possiamo immaginarci solo ciò che nelle persone è uguale, ciò che è comune. L’[[io]] individuale è ciò che si differenzia dal generale, quindi ciò che non si può indovinare o calcolare in precedenza, ciò che nell’altro si deve svelare, scoprire conquistare.
*Il [[terrore]] è uno shock, un istante di totale accecamento. Il [[terrore]] è privo di una qualsiasi [[traccia]] di [[bellezza]]. Noi non vediamo che la [[luce]] violenta dell’avvenimento sconosciuto che ci aspettiamo. La [[tristezza]] presuppone invece che si sappia. Tomas e Tereza sapevano quello che li aspettava. La [[luce]] del [[terrore]] si era velata e il [[mondo]] era visto in una luminosità azzurrina e tenera che rendeva le cose più belle di quanto non fossero prima.
 
==Bibliografia==