Erasmo da Rotterdam: differenze tra le versioni

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raggruppo e amplio ''Adagia''; tolgo "Non nutrire il cucciolo del leone" perché è un proverbio che Erasmo cita, non una sua frase (vedi http://books.google.it/books?id=eFYBoU-sjTUC&pg=PT261
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==Citazioni di Erasmo da Rotterdam==
*Cane non mangia cane; i feroci leoni non si fanno la guerra, il serpente non aggredisce il suo simile; vi è pace tra le bestie velenose. Ma per l'[[uomo]] non c'è bestia più pericolosa dell'uomo.<ref name="Dulce">Da ''Adagia'', ''Dulce bellum inexpertis'', 1515; citato in Gino Ditadi, ''Introduzione: L'animale buono da pensare'', in ''I filosofi e gli animali'', vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 94. ISBN 88-85944-12-4</ref>
*Come se desse dell'erudito a uno Scita, del bellicoso a un Italiano, dell'onesto a un mercante, del devoto a un soldato, o del leale a un cartaginese.<ref>Da ''Adagia''; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Chi l'ha detto?|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. [[s:Pagina:Chi l'ha detto.djvu/691#c1867|659]].</ref>
:''Veluti si quis Scytham dicat eruditum, Italum bellacem, negociatorem integrum, militem pium, aut Poenum fidum''.
*Ciò che l'occhio è per il corpo, la [[ragione]] lo è per l'anima.<ref>Da ''Il libero arbitrio'', Fabbri, Milano, 1996.</ref>
*Giove infuse nell'uomo molta più [[passione]] che ragione: pressappoco nella proporzione di ventiquattro a uno. Relegò inoltre la ragione in un angolino della testa lasciando il resto del corpo ai turbamenti delle passioni.<ref>Citato in Ralf Dahrendorf, ''Erasmiani'', traduzione di M. Sampaolo, p. 79.</ref>
 
*Non esiste pratica, per quanto infame, per quanto atroce, che non si imponga, se ha la [[consuetudine]] dalla sua parte. [...] a forza di sterminare [[animale|animali]], s'era capito che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo [...] da quella fase siamo arrivati a tal grado di frenesia, che tutta la nostra vita è dominata dalla guerra.<ref name="Dulce" />
==''Adagia''==
*Non nutrire il cucciolo del [[leone]].
*Come se desse dell'erudito a uno Scita, del bellicoso a un Italiano, dell'onesto a un mercante, del devoto a un soldato, o del leale a un cartaginese.<ref>Da (da ''AdagiaMyconius calvus''; citato<ref>Citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Chi l'ha detto?|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. [[s:Pagina:Chi l'ha detto.djvu/691#c1867|659]].</ref>)
:''Leonis catulum ne alas.''<ref>Da ''Adagia'', 2.3.77.</ref>
:''Veluti si quis Scytham dicat eruditum, Italum bellacem, negociatorem integrum, militem pium, aut Poenum fidum''.
 
===''Dulce bellum inexpertis''===
*Anche i grammatici hanno intuito la natura della [[guerra]]: alcuni sostengono che essa si chiama «bellum» per antitesi, perché non ha niente di buono né di bello; la guerra è «bellum» nello stesso senso in cui le Furie sono le «Eumènidi». Altri preferiscono far derivare la parola «bellum» da «bellua», belva: perché è da belve, non da uomini, impegnarsi in uno sterminio reciproco. (1980; p. 209)
*Cane non mangia cane; «i feroci leoni non si fanno la guerra,»; il serpente non aggredisce il suo simile; vi v'è pace tra le bestie velenose. Ma per l'[[uomo]] non c'è bestia più pericolosa dell'uomo.<ref name="Dulce">Da ''Adagia'', ''Dulce bellum inexpertis'', 1515(1980; citato in Gino Ditadi, ''Introduzione: L'animale buono da pensare'', in ''I filosofi e gli animali'', vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 94. ISBN 88-85944-12-4</ref>209)
*Tant'è: non esiste pratica, per quanto infame, per quanto atroce, che non s'imponga, se ha la [[consuetudine]] dalla sua parte. Quale fu dunque questo misfatto? Ebbene, non ebbero scrupolo di divorare i cadaveri degli animali, di lacerarne a morsi la carne esanime, di berne il sangue, di suggerne gli umori, e di seppellirsi viscere nelle viscere, come dice [[Ovidio]]. L'atto apparve sì disumano alle nature più mansuete, ma s'impose grazie al bisogno e alla convenienza. (Anche in mezzo ai piaceri e ai godimenti l'evocazione del cadavere cominciò a incontrar gradimento.) (1980; p. 215)
 
==''Colloqui''==
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==Bibliografia==
*Erasmo da Rotterdam, ''Adagia: sei saggi politici in forma di proverbi'', traduzione di Silvana Seidel Menchi, G. Einaudi, Torino, 1980.
*Erasmo da Rotterdam, ''Elogio della follia'', traduzione di Eugenio Garin, Mondadori.
*Erasmo da Rotterdam, ''Elogio della follia'', introduzione di [[Paolo Miccoli]], traduzione di Gabriella D'Anna, TEN, Roma 2002. ISBN 88-8289-712-5