Ninna nanna (romanzo): differenze tra le versioni

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già c'è
già incipit
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*In effetti sì, il mondo sarebbe un posto migliore se alcune persone non ci fossero. Anzi, potrebbe addirittura essere perfetto. Basterebbe una sfoltita qua e là. Un po' di pulizia. Di selezione naturale.
*Ti fanno una sola domanda. Poco prima di diplomarti alla scuola di giornalismo, ti chiedono di immaginarti nei panni di un reporter. Lavori in un importante quotidiano di una grande città e una sera, la vigilia di Natale, il caporedattore ti spedisce a indagare su un caso di morte. <br/> La polizia e l'ambulanza sono già sul posto. Il corrido dello squallido condominio è già stipato di vicini in accappatoio e ciabatte. Nell'appartamento c'è una giovane coppia che singhiozza accanto all'albero di natale. Il figlio è morto soffocato da uno degli addobbi dell'albero. Raccogli i dati che ti servono, nome del bambino, età e via dicendo, dopodiché torni in redazione che è quasi mezzanotte e riesci a finire l'articolo giusto in tempo per mandarlo in stampa. <br/> Lo fai leggere al caporedattore e lui te lo stronca perché non hai scritto di che colore era l'addobbo. Rosso o verde? Vederlo è impossibile, e a te non è venuto in mente di chiederlo. <br/> Dalla tipografia strillano che bisogna chiudere la prima pagina, e tu hai solo due scelte. <br/> Chiamare i genitori e farti dire il colore. <br/> O rifiutarti di chiamarli e perdere il lavoro.
 
*Il problema delle storie è che le racconti a giochi fatti. <br/> Anche le telecronache di baseball, gli home-run e i fuoricampo, persino quelli sono in ritardo di qualche minuto. Persino i programmi tv in diretta arrivano un paio di secondi dopo. <br/> Persino il suono e la luce non superano una certa velocità. <br/> Un altro problema è chi la storia la racconta. Il chi, il cosa, il dove, il quando e il perché del giornalismo. La forma che il messaggero dà ai fatti. Quello che i giornalisti chiamano il guardiano. Il fatto che il modo in cui si presenta una storia è tutto. <br/> La storia dietro la storia.
 
*Ed eccomi qua, una settimana dopo. Sempre un passo indietro, a giochi fatti.