Giancarlo De Cataldo: differenze tra le versioni

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*[[Bufalo (personaggio)|Il Bufalo]], grande e grosso, giocava a fare il matto scocciato tra silenzi e scoppi di collera. Ma fesso non lo era: lo rivelavano certi improvvisi squarci di greve cameratismo che usava per soccorrere i più deboli Buffoni, o la benevola considerazione che lo stesso Libanese elargiva. Come si fa con i ragazzi dotati che però corrono ogni istante il rischio di scivolare in qualche abisso senza via d'uscita. Il Bufalo era uno da tenere d'occhio. Pericoloso, infido. (p. 127)
*[[Il Dandi]] era il più arrogante di tutti. Di un'arroganza sottile: studiata e consapevole, ma allo stesso tempo istintiva. Sempre perfettamente rasato, con abiti di buon taglio, rispettoso con il sostituto. Tagliente solo all'occorrenza: ma se gliene davi l'occasione, lingua lunga e battuta pronta. Faceva sforzi inauditi per comportarsi da signore. [...] Dandi non possedeva l'intelligenza acuta del Libanese, l'imprevidibilità del Bufalo e nemmeno la forza che spirava dai silenzi del Freddo. Ma era come se, a furia di stare con gli altri, un pizzico di ciascuna di queste qualità gli fosse rimasta appiccicata alla pelle. Se il Libanese era nato capo, Dandi era l'allievo che presto avrebbe superato il maestro. (p. 127)
*Lo vuoi capire che non me ne frega niente del Dandi, di te, di tutti gli uomini che passano, vengono e se ne vanno... lo capisci che non me ne frega niente di niente? ('''[[Patrizia (personaggio)|Patrizia]]''', p. 130)
*I finocchi sono fragili banderuole in preda alla passione. Tutti i finocchi prima o poi finiscono per commettere un errore più o meno irreparabile. (p. 141)
*La Patria è minacciata dalla teppaglia rossa. Le zanne scarlatte dei bolscevichi sono pronte a spolparsi la Nazione. La Democrazia cristiana inciucia coi cosacchi, che scalpitano per abbeverarsi in piazza San Pietro: si vede che la lezione di [[Aldo Moro|Moro]] non gli è bastata. (p. 149)