Giancarlo De Cataldo: differenze tra le versioni

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*Dividiamo oggi. E domani e dopodomani stiamo daccapo a quindici. Le macchine se fanno vecchie, la coca se consuma, la fica si secca per mancanza di liquidi... e dico liquidi, soldi, Fierolo'... ma se invece questi due miliardi e mezzo noi non li dividiamo... se li teniamo uniti... se ci teniamo uniti noi... avete idea di cosa possiamo diventare? Invece di avere poco, abbiamo tanto. E più abbiamo, più avremo... ti ricordi il prete, Satana? Chi più ha più avrà... e noi così dobbiamo fare: avere di meno oggi per avere tutto domani. ('''[[il Libanese]]''', p. 27)
*Era la prima volta che il Freddo vedeva [[il Terribile]]. Tutti sapevano che aveva cominciato con i furti di automobili, poi era passato allo strozzo e ai bordelli e da lì alle scommesse. Il Terribile era il re dei cani e dei cavalli. Coi soldi del picchetto aveva aperto un paio di macellerie e uno smorzo a Primavalle. Manteneva una quindicina di scagnozzi, ricettava la roba dei cassettari. I Gemito erano la guardia pretoriana: a loro era concesso di esercitare l'estorsione e l'usura in proprio. Il Freddo lo valutò: cervello di gallina e lardo da bue orientale. (pp. 72-73)
*Maggio si era abbattuto su Roma con tutta la violenza della sua inandescente primavera. Ma era uno strano maggio. Triste. In una città sospesa in un'angoscia insonorizzata, come sotto una nevicata di polistirolo. In una città finita sotto una di quelle teche di vetro dove i vecchi tengono l'immagine della Madonna. O di un Cristo con il cuore sanguinante e la faccia di [[Aldo Moro]]. Scialoja sognava Aldo Moro. Milioni di italiani sognavano Aldo Moro. I colleghi sognavano Aldo Moro. Sognavano di fare la stessa fine dei cinque martiri di via Fani. (p. 100)
*La Patria è minacciata dalla teppaglia rossa. Le zanne scarlatte dei bolscevichi sono pronte a spolparsi la Nazione. La Democrazia cristiana inciucia coi cosacchi, che scalpitano per abbeverarsi in piazza San Pietro: si vede che la lezione di [[Aldo Moro|Moro]] non gli è bastata. (p. 149)
*– Un giorno ti faccio il ritratto, Patrizia.<br />– Sai anche dipingere?<br />– Me la cavo. Ho fatto un paio d'anni di accademia. Ti raffigurerò come sei. Come ti vedo io. Come tu nemmeno immagini di essere.<br />– Ah, sì? E come?<br />– Geometrica. Puntuta. Slava. Tu non hai una faccia romana. Le facce romane sono tonde e dolci, tendono a sfumare nel languore, ispirano lussuria. Tu fai venire voglia di sfidarti. Sei una donna di là da venire, [[Patrizia (personaggio)|Patrizia]]. Volti come il tuo non se ne vedono molti in giro. (p. 213)