Maurizio Ferraris: differenze tra le versioni

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* "Il [[realismo]] è la premessa della critica, mentre all'[[irrealismo]] è connaturata l'acquiescenza, la favola che si racconta ai bambini perché prendano sonno" (p. 30).
 
* "Nel costruzionista osserviamo (...) una strategia (...) che esalta la funzione del professore nella costruzione della realtà: il suo testo fondamentale è ''Le parole e le cose'' di [[Michel Foucault|Foucault]], dove si legge che l'uomo è costruito dalle scienze umane, e che potrebbe scomparire con loro" (pp. 43-44).<ref>In nota Ferraris richiama il brano di [[Michel Foucault]] secondo cui: '' L'uomo è un'invenzione di cui l'archeologia del nostro pensiero mostra agevolmente la data recente. E forse la fine prossima''. ''Le parole e le cose'' [1966], Rizzoli, Milano 1967, p. 444 (sic) ma in realtà 414.
 
* "Affermare che tutto è socialmente costruito e che non ci sono fatti, solo interpretazioni, non è decostruire ma, al contrario, formulare una tesi – tanto più accomodante nella realtà quanto più è critica nella immaginazione – che lascia tutto come prima" (p. 70).
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* "Nel suo manifestarsi ''prima facie'', quella della verità come puro potere è una affermazione molto rassegnata, quasi disperata: "la ragione del più forte è sempre la migliore" (..) Giacché, diversamente da quanto ritengono molti postmoderni, ci sono fondati motivi per credere, anzitutto in base agli insegnamenti della storia, che realtà e verità siano sempre state la tutela dei deboli contro le prepotenze dei forti. Se viceversa un filosofo dice che "La cosiddetta 'verità' è una questione di potere", perché fa il filosofo invece che il mago?" (p. 96).
 
* "Da qui l'''impasse'': se il sapere è potere, l'istanza che deve produrre emancipazione, cioè il sapere, è al tempo stesso l'istanza che produce subordinazione e dominio. Ed è per questo che, con un ennesimo salto mortale, l'emancipazione radicale si può avere solo nel non-sapere, nel ritorno al mito e alla favole. L'emancipazione, così, gira a vuoto,. Per amore della verità e della realtà, si rinuncia alla verità e alla realtà, ecco il senso della "crisi dei grandi racconti" di legittimazione del sapere" (p. 101).<ref>[[Michel Foucault]] ha scritto: "''L'esercizio del potere crea perpetuamente sapere e viceversa il sapere porta con sé effetti di potere''", ''L'ordine del discorso'' (1971), Einaudi, Torino 1972, p. 133. Citato da Ferraris a p. 108]. </ref>
 
* "Vivere nella certezza, per quello che abbiamo detto sin qui, non è vivere nella verità. E proprio in nome della verità dovremo osservare che la promessa di certezza (...) dà pace. Ma è anche vero che la pace, come diceva [[Franz Kafka|Kafka]], è ciò che si augura alle ceneri" (p. 106).