Emanuela Audisio: differenze tra le versioni

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===''la Repubblica''===
*Abbandonando il suo adorato hockey per il tennis non aveva scelto il suo divertimento preferito, ma aveva abbracciato una fede. [[Björn Borg|Bjorn]] in svedese vuol dire orso. Come soprannome parve poco, allora gliene aggiunsero altri: Ice Borg, Computer, Robot. Veniva dal profondo nord quindi nessuno si preoccupò della sua scarsa loquacità, della sua fredda umanità, e del fatto che fuori campo pareva sempre un po' assente. Quando gli parlavano del mondo, delle cose che succedevano, lui ringraziava. Con molta educazione.<ref name=passio>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/02/08/passioni-successi-tristezze-dell-imperatore-del-tennis.html Passioni, successi e tristezze dell'imperatore del tennis]'', ''la Repubblica'', 8 febbraio 1989.</ref>
*Bravo, dicevano tutti, e con una seconda battuta di servizio ancora più forte della prima, più simile a McEnroe che a Borg, ma uno che spesso ha dei vuoti spaventosi. Poco svedese, appunto, poco paziente, uno che non aspetta gli sbagli degli altri, semmai li precede. Sottorete un ottimo giocatore, uno dalle partenze accelerate, ma dai difficili inseguimenti. E il tennis ad alti livelli, si sa, spesso vuol dire anche rincorrere. "Ha un difetto: rispetta troppo gli altri, sta troppo ai loro voleri" diceva di lui Erik Bergelin, l'allenatore figlio dell'ex coach di Borg. E voleva dire che [[Stefan Edberg|Edberg]], intraprendente sul campo, non lo era altrettanto nella testa. Ai giovani capita spesso di non avere fiducia in sé ed era esattamente il male di cui soffriva questo figlio di poliziotto cresciuto a Vastervik in un club di tennis senza spogliatoio. L'improvvisa e rapida crescita di Becker inoltre lo aveva spiazzato, rubandogli i riflettori. Becker era più giovane, più estroverso, più mimico, più tutto. a Edberg non restava che giacere lì come un ordigno inesploso in attesa di una maturazione.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/12/10/edberg-vince-in-australia-la-svezia-cambia.html Edberg vince in Australia e la Svezia cambia faccia]'', 10 dicembre 1985.</ref>
*{{NDR|Sulla finale di [[Torneo di Wimbledon|Wimbledon]] 1980 [[Rivalità Borg-McEnroe|Borg - McEnroe]]}} Borg con la sua riservatezza e determinazione ricordava quello che il paese desiderava essere, McEnroe con la sua inquietudine e paranoia lo teneva fermo a quello che era. Così il 5 luglio dell'80 si giocò la finale. Tutti ricordano l'eccitazione: non era solo tennis, era qualcosa di più profondo. Nelson Mandela riuscì a convincere le sue guardie a Robben Island a procurargli una radio in modo da poter ascoltare la cronaca, Andy Warhol si alzò presto nella casa di sua madre, sulla 66esima, per non perdersi la diretta.<ref name=mc>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/11/13/la-sfida-di-mcenroe-il-tennis-ribelle.html La sfida di McEnroe il tennis ribelle degli anni Ottanta]'', 13 novembre 2005.</ref>
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*{{NDR|Su [[Andre Agassi]]}} Era il David Bowie della racchetta. Capellone e diverso. Si truccava, si smaltava le unghie, giocava con i pantaloncini jeans, scartati da McEnroe e anche senza mutande (a Parigi). Ora con "Open", in Italia, è il caso letterario dell'anno: 130 mila copie vendute (50 mila negli ultimi tre mesi). Aveva la ribattuta più veloce del mondo, ora vince con un'onda lunga e lenta, ma sempre implacabile. Un long-seller, visto che negli Usa l'autobiografia è uscita tre anni fa. Non facevi in tempo a servire, che già ti aggrediva da fondo campo, ora invece ti conquista in 493 pagine, insomma ce ne mette, non ha più fretta.E in un anno è salito in cima. Era il kid di Las Vegas: pazzo, scatenato, eccessivo. Un vandalo, con la racchetta e senza. Sfasciava certezze, veloce come una pallina della roulette. Ciuffo rosa da moicano e orecchino.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/09/28/la-racchetta-dello-scrittore-agassi-vi.html La racchetta dello scrittore/1 - Agassi: "Vi racconto la mia vita di campione fragile"]'', 28 settembre 2012.</ref>
*{{NDR|Sulla finale di Wimbledon 1980 [[Rivalità Borg-McEnroe|Borg - McEnroe]]}} Fino a quel momento il tennis era stato un gioco: obbedienza, tradizione, aristocrazia. Roba seria, da adulti, protestare non era elegante. Borg era imperturbabile, Buster Keaton con la racchetta. Ci teneva alle abitudini. Alloggiava sempre allo stesso albergo, ogni sera regolava il condizionatore su 12 gradi, dormiva nudo e senza lenzuola. Le sue pulsazioni al risveglio non superavano mai i 50 battiti al minuto. Credeva che un qualsiasi cambiamento avrebbe alterato il suo equilibrio. Anche il borsone veniva preparato con maniacalità: le magliette, la fascia per capelli, i calzini.<ref name=mc/>
*Forse furono i suoi occhi un po' strabici, forse fu colpa dei suoi lunghi capelli biondi: ma il passo da ragazzo a mito fu breve. [...] Era diventato cittadino del mondo, aveva abbandonato per questione di tasse la Svezia nel '75 e si era stabilito a Montecarlo. Era diventato il padrone del tennis mondiale. Aveva inventato e vinto con uno stile inedito: il rovescio a due mani. Aveva rivoluzionato tutte le regole del gioco, erigendo tra sé e l'avversario una linea Maginot. [[Björn Borg|Borg]] non sbagliava mai, Borg ribatteva tutte le palle, Borg restava ore sul campo piuttosto che uscirne vinto, Borg usava fino alla noia e fino all'usura la rotazione chiamata top spin. Uccise tutti i pronostici.<ref name=passio/>
*Ha corso in velocità anche l'ultima curva. Ha lottato e sofferto in silenzio. Era orgoglioso, non chiedeva sconti, e ha nascosto a tutti la sua malattia [[Pietro Mennea|Pietro Paolo Mennea]] correva storto, ma sapeva stare dritto. E far volare come Modugno togliendo il respiro.<ref name=monaco/>
*I [[The Beatles|Beatles]] prima di finire consumati da se stessi sono durati dieci anni, Borg otto, McEnroe anche lui otto (ma da quest'anno ha iniziato a cigolare). E nessuno di loro aveva conosciuto la gloria a diciassette anni. Se lo chiedevano ieri parecchie persone vedendo Becker [...]. Per la Puma che lo sponsorizza, scarpe e racchette, dandogli mezzo miliardo, sono domande da non farsi. "Lo abbiamo sotto contratto fino all'87. Abbiamo anche [[Diego Armando Maradona|Maradona]]. Ma per ora non c'è lotta: guadagna di più e ci rende di più Becker". Ma questo giovane Frankeinstein costruito da Tiriac e da Bosch è cresciuto sul campo che il padre architetto gli aveva costruito dietro casa ha anche dei momenti in cui si svuota o in cui la carica gli viene a mancare. Soprattutto se costretto a giocare in doppio lui che soffre le interruzioni, i momenti senza sprint, nessun da incalzare palla dopo palla.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/12/22/becker-non-vale-ancora-per-due.html Becker non vale ancora per due]'', 22 dicembre 1985.</ref>
*I duecento metri mondiali di [[Pietro Mennea|Mennea]] per noi sono stati rabbia e poesia, talento e geometria, insofferenza e razionalità. E la sua maniera di correrli ci ha sempre fatti restare appesi al finale, meglio di un film giallo: ce la farà o sarà preso prima del traguardo? E lui lì ad arrancare, almeno così sembrava, e invece ecco che lui spuntava dalla curva, ecco che quando lo davano per finito lui cominciava a mangiare i metri e lì veramente cominciavano a scoppiare i cuori, anche quelli più introversi. E lui che finalmente aveva combattuto e vinto il mostro interno che lo azzannava alzava il dito. Non come il padrone che reclama una sua proprietà, ma come uno schiavo che si libera delle catene e mostra orgoglioso il frutto della sua liberazione. Non era un'Italia atletica quella di Mennea: jogging, esercizio fisico, palestra non andavano ancora di moda. E non era un'Italia mentalmente attrezzata ad affrontare alla pari gli avversari. Con Mennea qualcosa cambiò: il suo record dimostrò che non eravamo solo un paese pieno di talenti, spesso incompiuti, ma che avevamo anche la scienza e l'applicazione per costruire un primato che sarebbe durato quasi vent'anni. Lo sprint non era più Little Italy. In questo Mennea è stato e continua ancor oggi ad essere la nostra diversità. Ci ha fatti correre, soffrire, vincere. E soprattutto vivere controvento la nostra fragilità.<ref name=mennea>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/12/08/mennea-il-campione-controvento.html Mennea. Il campione controvento]'', 8 dicembre 1999.</ref>
*Il suo corpo diventò un investimento per 60 prodotti industriali. Il nome [[Björn Borg|Borg]] faceva vendere racchette, scarpe, maglie, cereali, occhiali da sole, lozioni abbronzanti, blue-jeans, liquori, radio, registratori, macchine da cucire.<ref name=passio/>
*La vita un po' fa sempre male. [[Björn Borg|Borg]] l'ha incontrata tardi, verso i ventisette anni. Solo allora si è accorto che il mondo non era più riducibile a quel rettangolo che per tanto tempo gli aveva fatto da casa. Fino a quel momento un omone con gli occhi azzurri, Lennart Bergelin, aveva fatto da paraurti tra il giovane Bjorn e l'esistenza.<ref name=passio/>
*{{NDR|Sulla [[rivalità Borg-McEnroe]]}} Lo svedese era ordinato, dentro e fuori. McEnroe era l'opposto: incapace di far tacere le voci nella sua testa. Forse Borg meditava prima di colpire la palla, McEnroe invece pensava mentre la colpiva.<ref name=mc/>
*[[Pietro Mennea|Mennea]] ci ha divisi, come Coppi e Bartali, si è fatto odiare per le sue polemiche, per le sue contorsioni mentali, perché non ci voleva apatici e indifferenti, ma anzi ci voleva sentire schierati sulla sua pelle. Mennea non è stato il campione freddo che produce record per gli sponsor e per l'audience, ma l'uomo che per vincere ha bisogno di tutti, che è eternamente in lotta con la vita, con il grande nemico. Mennea non capiva come il suo grande avversario Borzov potesse sorridere ai blocchi di partenza. Come fa a essere così sereno?, chiedeva. Per lui davanti c'era solo la sofferenza, la smorfia di fatica, il lavoro atavico per uscire dal buio della caverna.<ref name=mennea/>