Roberto de Mattei: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Roberto de Mattei==
*Costantino è ognuno di noi quando porta impresse nel cuore quelle parole che vengono dal Cielo: ''in hoc signo vinces''; sotto questo segno, il segno della Croce, vincerai. Non dobbiamo temere di combattere in nome della Croce contro i persecutori. Quando uno Stato si fa sacrilego e assassino, come accadde in Messico e in Spagna nel ventesimo secolo, la resistenza armata è legittima e talvolta doverosa. Quando la persecuzione è giuridica, culturale e psicologica, come oggi accade in Occidente, la lotta dovrà essere pacifica, condotta sul piano spirituale, giuridico e culturale. Ma alla lotta non si può rinunziare, perché la sofferenza di una pace ingiusta che ci spoglia di ciò che abbiamo di più caro - i nostri beni spirituali -, è peggiore della sofferenza affrontata da chi combatte per difendere questi beni. E la Chiesa sulla terra si chiama militante proprio perché si purifica nella lotta e nella lotta guadagna ai suoi figli la loro ricompensa in Cielo. (citato in [http://www.corrispondenzaromana.it/celebrata-dalla-fondazione-lepanto-a-roma-la-vittoria-di-costantino-a-ponte-milvio/ Celebrata dalla Fondazione Lepanto a Roma la vittoria di Costantino a Ponte Milvio, Corrispondenza Romana])
*Le certose in cui generazioni di uomini vollero farsi dimenticare, le abbazie scoscese, i castelli che ancora si affacciano sulla Loira, sul Reno, sul Danubio, le rotte dei pellegrini verso Santiago, Loreto, Mariazell, la borghesia operosa, l'aristocrazia austera, il popolo allegro, che si intravede nei quadri e nelle pale d'altare, gli uomini che per amore della nostra civiltà combatterono a Gerusalemme e a san Giovanni d'Acri, a Lepanto, a Vienna e a Belgrado sono il nostro passato, la nostra tradizione, il nostro esercito in marcia. Questa è la nostra Europa: l'Europa della tradizione, della creatività, dello sviluppo. Perché tradizione non è trasmissione meccanica nel tempo di forme storiche sterili. La tradizione è la vita che fluisce nella storia. E la dimensione dell'[[Europa]] non è lo spazio, che la ridurebbe ad un appendice della penisola asiatica, ma il tempo, la storia, la tradizione, il passato. Siamo ricchi del nostro passato, della nostra storia, della nostra tradizione. Siamo ricchi della nostra fede, ricevuta con il Battesimo. Questa fede riassume e spiega il passato, contiene i germi del futuro. (da ''Conferenza a Palazzo Pallavicini'', Roma 3 dicembre 1996. Citato nel retro di ''Le Radici Cristiane dell'Europa'', a cura del Centro Culturale Lepanto)
*{{NDR|A proposito del [[terremoto di Sendai del 2011]]}} Mons. Orazio Mazzella, (1860-1939) arcivescovo di Rossano Calabro, all'indomani della tragedia fece una serie di riflessioni che vi riassumo (La provvidenza di Dio, l'efficacia della preghiera, la carità cattolica ed il terremoto del 28 di Dicembre 1908: cenni apologetici, Desclée e C., Roma 1909). <br /> In primo luogo le grandi catastrofi sono una voce terribile ma paterna della bontà di Dio, che ci scuote e ci richiama col pensiero ai nostri grandi destini, al fine ultimo della nostra vita, che è immortale. <br/> Infatti se la terra non avesse pericoli, dolori, catastrofi, eserciterebbe sopra di noi un fascino irresistibile, non ci accorgeremmo che essa è un luogo d'esilio, e dimenticheremmo troppo facilmente, che noi siamo cittadini del cielo. [...] <br /> In secondo luogo, osserva l'arcivescovo di Rossano Calabro, le catastrofi sono talora esigenza della Giustizia di Dio, della quale sono giusti castighi. <br /> Alla colpa del peccato originale si aggiungono infatti, nella nostra vita, le nostre colpe personali; nessuno di noi è immune dal peccato e può dirsi innocente e le nostre colpe possono essere personali o collettive: possono essere le colpe di un singolo o quelle di un popolo: ma mentre Dio premia o castiga i singoli nell'eternità è sulla terra che premia o castiga le nazioni, perché le nazioni non hanno vita eterna, hanno un orizzonte terreno. [...]<br/>Terzo punto infine: le grandi catastrofi sono spesso una benevola manifestazione della misericordia di Dio. <br /> Abbiamo detto infatti che nessuno, mettendosi la mano sulla coscienza, potrebbe dare a se stesso un certificato d'innocenza. Un giorno, quando il velo, che copre l'opera della Provvidenza, sarà sollevato, ed alla luce di Dio vedremo ciò che Egli avrà operato ne' popoli e nelle anime, ci accorgeremo che per molte di quelle vittime, che compiangiamo oggi, il terremoto è stato un battesimo di sofferenza che ha purificato la loro anima da tutte le macchie, anche le più lievi, e grazie a questa morte tragica la loro anima è volata al cielo prima del tempo perché Dio ha voluto risparmiarle un triste avvenire. [...]<br/>Le grandi catastrofi sono certamente un male, però non sono un male assoluto, ma un male relativo, dal quale sorgono beni di ordine superiore e più universali. La luce della fede ci insegna che le grandi catastrofi, o sono un richiamo paterno della bontà di Dio, o sono esigenze della divina giustizia, che infligge un castigo meritato, o sono un tratto della divina misericordia, che purifica le vittime aprendo loro le porte del Cielo. Perché il Cielo è il nostro destino eterno. (da ''Riflessioni sul mistero del male – Intervento del prof. Roberto de Mattei a Radio Maria del 16 marzo 2011''; citato in ''[http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1560:intervento-del-prof-roberto-de-mattei-a-radio-maria-del-16-marzo-2011&catid=138:varie&Itemid=55= Corrispondenza Romana]'', 25 marzo 2011)