Galileo Galilei: differenze tra le versioni

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*Ma sopra tutte le [[invenzione|invenzioni]] stupende, qual eminenza fu quella di colui che s'immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? parlare con quelli che son nell'Indie, parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni? e con qual facilità? con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta. ([[s:Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano/Giornata prima#Alfabeto|Giornata prima]])
*Io senza esperienza son sicuro che l'effetto seguirà come vi dico, perché cosí è necessario che segua; e piú v'aggiungo che voi stesso ancora sapete che non può seguire altrimenti, se ben fingete, o simulate di fingere, di non lo sapere. Ma io son tanto buon cozzon di cervelli che ve lo farà confessare a viva forza. (da ''Dialogo'', giornata seconda, pp. 170 sg.; citato in Koyré 1979, p. 229<ref>La citazione non è letterale, ma piuttosto una parafrasi del Koyré che unisce due successivi interventi di Simplicio. Questo «modo» di citare non è infrequente in Koyré, lo segnaliamo una volta per tutte (''ndt'').</ref>)
*Voi errate, signor Simplicio; voi dovevi dire che ciaschedun sa ch'ella si chiama gravità. Ma io., non vi domando del nome, ma dell'essenza della cosa: della quale essenza voi non sapete punto piú di quello che voi sappiate dell'essenza del movente le stelle in giro, eccetuatone il nome, che a questa è stato posto e fatto familiare e domestico per la frequente esperienza che mille volte il giorno ne veggiamo; ma non è che realmente noi intendiamo piú, che principio o che virtú sia quella che muove la pietra in giú, di quel che noi sappiamo chi la muova in su, separata dal proiciente, o chi muova la Luna in giro, eccettoché (come ho detto) il nome, che piú singulare e proprio gli abbiamo assegnato di ''gravità'', doveché a quello con termine piú generico assegnano ''virtú impressa'', a quello diamo ''intelligenza'', o ''assistente'', o ''informante'', ed a infiniti altri moti diamo loro per cagione la ''natura''. (giornata prima, p. 58; citato in Koyré 1979, p. 248-9)
*Nelle prove naturali non si deve ricercare l'esattezza geometrica. (giornata prima, p. 38; citato in Koyré 1979, p. 287)
*Che i Pittagorici avessero in somma stima la scienza de i numeri, e che Platone stesso ammirasse l'intelletto umano e lo stimasse partecipe di divinità solo per l'intender egli la natura de' numeri, io benissimo lo so, né sarei lontano dal farne l'istesso giudizio.<ref>In margine: ''Misteri de numeri Pitagorici, favolosi''.</ref> (giornata prima, p. 35; citato in Koyré 1979, p. 292)