Gianni Clerici: differenze tra le versioni

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*Fu, quella di New York la volta che vidi [[Pete Sampras|Sampras]] incredulo ancor prima che battuto, ricordo addirittura un suo esordio in conferenza stampa in cui mi parve desideroso di un umano conforto, invece che di una scusa tattica; «Safin ha giocato un tennis che non conoscevo», disse, e nello scuotere il capo, incredulo, pareva rivedere dei flash di quanto gli era accaduto in campo. E, infatti, finì per aggiungere: «Spero sia una specie di incubo, e che non si ripeta». Il Safin di quel giorno fu probabilmente, il miglior tennista dell'ultimo decennio. Destinato a non ripetersi per ragioni che uno psicoterapeuta saprebbe meglio analizzare dello scriba.<ref name=safin/>
*Ho visto per la prima volta il giovane [[Roger Federer|Federer]] nel corso del torneo jr. di Wimbledon del 1998. Era il 2° o 3° turno di una gara che avrebbe finito col dominare, e io passavo per caso tra i vialetti dei campi secondari. Vidi un tipo battere, fare un passo in avanti e affrontare un rimbalzo con una velocità di braccio, più che insolita, incredibile. D'un colpo, quel viso squadrato, ornato di un naso a patata, parve sovrapporsi ad un altro, biondo, di qualcuno che conoscevo bene, con cui avevo addirittura giocato: [[Lew Hoad]]. Quello che spinse [[Pancho Gonzales]] ad affermare: "''Io sarò certo il miglior tennista del mondo ma, se è in giornata, Lew Hoad mi batte''".<ref>Da ''[http://www.repubblica.it/2009/07/sport/tennis/federer-pagella/federer-pagella/federer-pagella.html?ref=search "La macchina Federer tutti i colpi di un fenomeno"]'', ''Repubblica.it'', 7 luglio 2009.</ref>
*[[Gianni Brera|Gianni]] fu infatti uno dei giornalisti più amati-odiati dell'intero dopoguerra, anche perché, spinto da necessità alimentari ad allontanarsi dalle lettere - non dabant panem - e addirittura dal primo amore, l'atletica leggera, finì a padroneggiare i terreni auriferi del football, che certo amava meno di altri habitat. Quelle lande sin lì desolate, percorse da analfabeti, retori, postdannunziani d'accatto, Gianni fertilizzò non solo con la grande cultura storica - collegio Ghisleri più Scienze Politiche- ma con gli studi su uno sconosciutissimo - da noi De Gobineau scrittore, su Flaubert e Maupassant e Jean Giono. Fu il primo a chiedersi perché si potesse amare Manzoni che detestava - e ignorare Carlo Porta - che adorava - fu il primo a trasformare una cronaca di calcio in uno studio alla Clausewitz, uno stratega che si esprimesse al contempo con gli accenti di Girolamo Cardano.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/12/08/gianni-brera-il-clausewitz-del-calcio.html Gianni Brera, il Clausewitz del calcio]'', ''la Repubblica'', 8 dicembre 2009.</ref>
*Ho voluto bene ad [[Arthur Ashe]], perché altro non si poteva fare. Un negro che difendeva i diritti suoi e dei suoi fratelli senza urlare né rompere vetrine, a bassa voce, come accadeva in altri tempi alla Camera dei Lord. Un negro che faceva massima attenzione a vestirsi di candide flanelle, e una volta che un suo sponsor lo costrinse al blu mi disse indignato che non avrebbe rinnovato il contratto. Un gentleman, e cioè un uomo di animo gentile. Proprio a lui doveva toccare una trasfusione di sangue infetto di Aids. Proprio lui doveva essere denunciato su un quotidiano da un suo corazziale che ancora scrive, senza vergogna, a pochi metri da me. L'ultima volta che l'abbracciai, Arthur, mi parve di tenermi stretto un sacco vuoto.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/08/30/povero-guga-mr-tie-break-colpisce-ancora.html Povero Guga, Mr tie break colpisce ancora]'', ''la Repubblica'', 30 agosto 2000.</ref>
*[Lew] Hoad era proprio diverso. Picchiava, saltava, sbuffava, la camicia poteva anche uscirgli dai pantaloni – a [[Ken Rosewall|Rosewall]] non uscì mai durante tutta la sua carriera – e c' era rischio che litigasse col pubblico, o con un giudice di linea. Si dannava per vincere, andava in forma, usciva di forma, si infuriava per una sconfitta e subito si dimenticava, c'era subito un bel concerto jazz o ancor meglio un bel match di boxe, e, infine, quando si fece maggiorenne, una bella bottiglia. [...] Il suo limite fu probabilmente l'incapacità ad attendere, a immaginare che quel divertimento in pieno sole, di fronte a migliaia di persone, avesse anche ben precise regole tattiche, e fosse strettamente connesso con la necessità di non sbagliare. massiccio com'era, Lew aveva bisogno di molto lavoro per andare in forma, e non sempre ne ebbe voglia, non sempre arrivò al massimo nel momento opportuno.<ref name=hoad/>