Yannick Noah: differenze tra le versioni

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* Non mi sono mai rivolto a un medico o a chiunque altro per procurarmi dei prodotti. [...] Ho carburato in alcuni match con il caffè cognac! Dai, siamo seri. Per tutti i match che ho disputato, mi sono allenato come una bestia e tutti coloro che hanno lavorato con me lo sanno, gli allenatori e i miei avversari. Ma nel circuito, c'erano certi comportamenti che mi davano da pensare.<ref>Citato in Laura Guidobaldi, ''[http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/11/25/626551-noah_torna_sulle_accuse_doping.shtml Noah torna sulle accuse di doping]'', ''Ubitennis.com'', 25 novembre 2011.</ref>
* Non si può chiedere alla gente di amare una squadra se questa non dà niente, niente. A cominciare dal suo portavoce, [[Raymond Domenech]], che è un uomo pieno di qualità ma che non ama il pubblico. Quando parla ad una telecamera, ha voglia di fare una sola cosa: mandare a quel paese. E dato che ci siamo noi dall'altro lato dello schermo, è noi che manda a quel paese.<ref name=blues/>
*{{NDR|Sul tennis contemporaneo}} Preparatore, psicologo, nutrizionista, agente, padre, madre e chi più ne ha più ne metta... Basta! Dov'è il piacere?<ref>Da ''Équipe magazine'', n. 1351, 31 maggio 2008; citato in [[André Scala]], ''I silenzi di Federer'', traduzione di Alessandro Giarda, O Barra O Edizioni, Milano, 2012, p. 31, ISBN 88-97332-37-4.</ref>
* Quando ci sono 10.000 persone e le televisioni a guardarti, siamo tutti attori. C'è il tipo serio, c'è quello che grida sempre contro l'arbitro, quello che non dice mai una parola, quello che fa il pagliaccio.<ref>Citato in Piero Pardini, ''[http://www.ubitennis.com/2008/09/26/121263-citazioni_bordo_campo_settembre.shtml Citazioni a bordo campo]'', ''Ubitennis.com'', settembre 2008.</ref>
* Quando ho scoperto che la paura, sul Court Centrale, non era diversa da quella che provavo durante un incubo, o in mare durante una tempesta, ho imparato a venire a patti, con la paura. E quando ho capito che essere felici solo perché si vince, e tristi solo perché si perde, è davvero infantile, ho fatto un piccolo progresso, non solo sul campo. Della mia vittoria al [[Open di Francia|Roland Garros]] non mi è rimasta soltanto la gioia più ovvia, quella che segue un successo, ma l'istantanea, fulminea coscienza di un percorso vitale, da quando nelle strade sterrate di Yaoundè, nel Camerun, giocavo con una racchetta ricavata da un asse in legno, a piedi nudi. Un percorso che mi aveva condotto a abbandonare la mia negritudine, ai privilegi del bianco: solo perché vincevo, solo quando vincevo. In realtà, non ero negro o bianco. Ero soltanto umano.<ref>Citato in [[Gianni Clerici]], ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/05/26/noah-il-museo-gran-festa-parigi-in.html Noah e il Museo gran festa a Parigi in attesa delle star]'', ''la Repubblica'', 26 maggio 2003.</ref>