Tom Regan: differenze tra le versioni

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*Dalla lettura di Gandhi avevo appreso che alcuni indiani consideravano il ''cibarsi di una mucca'' come qualcosa di totalmente ripugnante. Capii allora che a me succedeva lo stesso con cani e gatti: non avrei mai potuto ''mangiarli''. Le mucche erano così diverse dai cani e dai gatti da richiedere una considerazione morale differente? E i maiali, anche loro erano diversi da cani e gatti? Forse qualcuno degli [[Animale|animali]] di cui mi nutrivo era così diverso da cani e da gatti? (p. 63)
*Dobbiamo svuotare le [[Gabbia|gabbie]], non renderle più grandi. (p. 103)
*Rebekah Harp, un'insegnante di sostegno di Jacksonville in Florida [...], aveva sempre mangiato [[carne]]. Poi, qualche anno fa, le accadde qualcosa di decisivo. Ecco come descrive la sua esperienza: «Mi stavo gustando una bistecca in un bel ristorante e mi misi a guardare la gente che stava cenando con me. Quando richiamo alla mente questo episodio, mi appare sempre come se fosse proiettato al rallentatore, come una scena di un film di [[Oliver Stone]]. Il rumore dei coltelli che affondavano nella carne si intensificava progressivamente e i rivoli di sangue e grasso che si raccoglievano nei piatti mi fecero star male. Un'immagine di mucche terrorizzate in attesa della macellazione mi attraversò la mente – e quello fu l'ultimo pezzo di carne che mangiai. Quelle mucche non erano diverse dai miei cani o dai miei gatti, quindi come potevo giustificare il cibarsi di animali?». (p. 137)
*Abitando in città, non possedevo una reale conoscenza diretta delle condizioni degli animali d'[[allevamento]] e, prima di leggere [[Gandhi]], nessun interesse al riguardo. Dopo che venni sedotto dal pensiero di Gandhi, capii che dovevo rendere visibile l'invisibile; dovevo, per così dire, entrare nelle stalle e vedere cosa vi succedeva. (p. 139)
*Nelle settimane seguenti visitai altri [[Mattatoio|mattatoi]] più grandi e osservai centinaia di maiali e migliaia di polli mentre esalavano il loro ultimo respiro in enormi catene di smontaggio e di morte [...]. Non dimenticherò mai queste carneficine, le cui proporzioni non avrei mai immaginato se non le avessi viste con i miei occhi. (p. 140)
*La maggior parte di questi animali, miliardi di animali, soffre ogni singolo minuto della propria esistenza. Sono fisicamente malati, minati da malattie croniche e debilitanti. Sono annientati psicologicamente, oppressi dal sommarsi di disorientamento e depressione. Visti da lontano, possono sembrare gli animali che abbiamo visto nelle figure dei libri della nostra infanzia. Visti dall'interno, nel loro presente, non sono altro che ombre tragiche e patetiche dei loro forti antenati. Tuttavia la pienezza del loro essere si conserva, in attesa di essere liberata [...]. (p. 140)
*Le gabbie dei [[Visone|visoni]], che ospitano le madri con i loro piccoli, possono contenere fino a otto animali. Se si eccettuano le tracce lasciate dal loro passaggio, i visoni in libertà, che vivono su territori che possono raggiungere i quattro chilometri in lunghezza, vengono avvistati raramente. I visoni sono animali notturni che trascorrono la maggior parte del tempo in acqua: la loro reputazione di ottimi nuotatori è in effetti ben meritata. I visoni rinchiusi in gabbia sono come pesci fuor d'acqua. Per la maggior parte del giorno camminano avanti e indietro ininterrottamente entro i confini delle loro vite mutilate, confini definiti dal loro andirivieni ripetuto all'infinito all'interno di un mondo di reti metalliche.<br />[...] Imprigionati in un ambiente artificiale e privati della possibilità di esprimere il loro naturale desiderio di muoversi e nuotare, i visoni d'allevamento (ma vale lo stesso per tutti gli animali da pelliccia posti nelle medesime condizioni) manifestano segni di nevrosi (nel migliore dei casi) e di psicosi (nel peggiore). (pp. 166-167)