Gino Strada: differenze tra le versioni

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*Le guerre appaiono inevitabili, lo appaiono sempre quando per anni non si è fatto nulla per evitarle.<ref>Dalla trasmissione televisiva [http://www.youtube.com/watch?v=DTpOkgKIHEY Annozero], Rai 2, 24 marzo 2011.</ref>
*Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia.<ref>Dalla trasmissione televisiva ''[http://www.youtube.com/watch?v=KhbXi9jzaE8 Rebus]'', Odeon, 1° febbraio 2007.</ref>
*Un cecchino di Sarajevo si lascia intervistare in una stanza quasi buia. Mi sembra incredibile: è una donna. Una donna che spara a un bambino di sei anni? Perché?<br />"Tra ventanni ne avrebbe avuti ventisei", è la risposta che l'interprete traduce.<br />Il freddo diventa più intenso, fa freddo dentro. L'intervista finisce lì, non c'è altra domanda possibile.<ref>Da ''Pappagalli verdi: Cronache di un chirurgo di guerra'', Feltrinelli, Milano, 1999, [http://books.google.it/books?id=zm_QLrqbCEwC&pg=PA154 p. 154]. ISBN 88-07-17032-9</ref>
 
{{Intestazione|Intervista a ''Che tempo che fa'', Rai Tre, 18 novembre 2006'''<ref>[http://www.chetempochefa.rai.it/TE_videoteca/0,10916,,00.html?nome=gino+strada&anno=2006&mese=11&x=0&y=0&tipo=vt Video dell'intervista]</ref>}}
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==''Pappagalli verdi''==
*Rahman, uno dei bambini feriti che avevamo finito di operare mezz'ora prima, camminava davanti a noi avvolto in una coperta e accompagnato da un' infermiere che reggeva la bottiglia della flebo e lo scortava verso la sua tenda. [...].<br Mia/>"Ma figlia disse – Perchéè quel bambino che era in sala operatoria," ha esclamato Cecilia. "Perché non piangevapiange?"<br />Ne abbiamo ragionato a lungo, abbiamo cercato di capire perché i bambini, ''quei'' bambini, non piangono,. abbiamoMi ha sollecitato a parlatoparlare della miseria che si fa routine, della presenza silenziosa della tragedia, e, a volte, della morte, che diventa condizione di vita. Forse è questa quotidianità della tragedia che li prepara a non piangere. (p. 91)
*Fare il chirurgo di guerra mi piace, anzi, non riesco a immaginare un altro mestiere che possa piacermi di più.
*In fondo (ma non vorrei essere frainteso o accusato di snobbismo), essere un chirurgo di guerra è un gioco, come gli scacchi o il bridge, attività libere, non condizionate, senza secondi fini, che si praticano solo perché piacciono.
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*Promettere costa poco, di dice, se poi non si mantiene l'impegno. E non farlo? Costa ancor mano, praticamente niente, basta girarsi dall'altra parte. Una promessa è un impegno, è il mettersi ancora in corsa, è il non sedersi su quel che si è fatto. Dà nuove responsabilità, obbliga a cercare, a trovare nuove energie.
*"Io non so niente di questa guerra, non è il mio paese né la mia cultura. Ma credo che voi due abbiate pagato abbastanza, l'uno paralizzato, l'altro senza una gamba. Non ci può essere guerra tra voi, non è più possibile, neanche fisicamente. Avete buoni motivi, tutti e due, per odiare la guerra. Non vi pare che sia la guerra il vero nemico?"
*Un cecchino di Sarajevo si lascia intervistare in una stanza quasi buia. Mi sembra incredibile: è una donna. Una donna che spara a un bambino di sei anni? Perché?<br />"Tra ventanni ne avrebbe avuti ventisei", è la risposta che l'interprete traduce.<br />Il freddo diventa più intenso, fa freddo dentro. L'intervista finisce lì, non c'è altra domanda possibile.<ref>Da ''Pappagalli verdi: Cronache di un chirurgo di guerra'', Feltrinelli, Milano, 1999, [http://books.google.it/books?id=zm_QLrqbCEwC&pg=PA154 (p. 154]. ISBN 88-07-17032-9</ref>)
 
{{NDR|Gino Strada, ''Pappagalli verdi'', Feltrinelli, Milano, 2002.}}
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
*Gino Strada, ''Pappagalli verdi: Cronache di un chirurgo di guerra'', Feltrinelli, Milano, 1999. ISBN 88-07-17032-9 ([http://books.google.it/books?id=zm_QLrqbCEwC Anteprima su Google Libri])
 
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