Giuseppe Rensi: differenze tra le versioni

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*La prova che siamo pazzi è che discorriamo – cioè ci comunichiamo idee. Se non fossimo pazzi, ci troveremmo circa ogni questione tutti nel punto della ragione, che è sempre solo uno, quello. Ossia penseremmo tutti la stessa cosa, e quindi non avremmo più niente da dirci. […] Malauguratamente, poiché […] col crescere della civiltà cresce la discrepanza tra le ragioni, tra le visuali, tra le volontà, bisogna concludere che più procediamo e più la scoordinazione spirituale aumenta, cioè la pazzia diventa più completa.
*C'è chi pensa per far libri, quindi unicamente sotto il senso di responsabilità pel suo «sistema», dominato, vincolato, limitato da questa in ogni direzione e moto della sua attività intellettuale. C'è chi pensa pel bisogno di pensare: per fare del suo pensiero un delicato barometro che si risenta variamente della varia pressione della realtà.
*Prendiamo un altro [[miracolo]]: il sangue di S. Gennaro. Come! Con tante sofferenze, crudeltà, ingiustizie, morali e materiali, naturali e sociali, di cui è pieno l'universo, e che da tempo infinito gridano chiedendo sollievo e fine, senza riuscire a piegare per ottenerlo l'inesorabilità delle leggi di natura, una potenza sopraumana spezza queste leggi, non per togliere di mezzo quei mali, ma unicamente per la sciocchezza di far bollire un grumo di sangue!
*Perché il precetto così prominente in tutte le religioni, in tutte le legislazioni, in tutte le morali (e nell'istinto) «non uccidere», se fosse vero che questa vita è l'effimero passaggio ad un'altra vita eterna, e se non si avesse invece il sicuro senso che questa vita è tutto e che la distruzione di essa è la distruzione di tutto?
*Morale. – Sono qui per un istante. Che cosa, in quest'attimo nel quale son qui, è saggio che faccia? La risposta può essere duplice ed opposta, eppure ugualmente ragionevole: Aristippo (il piacere del momento, perché non v'è altro che questo momento), e Spinoza (il pensiero delle «rex fixae et aeternae» e l'assorbimento in esso, perché il momento transeunte è nulla).