H. G. Wells: differenze tra le versioni

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==[[Incipit]] di alcune opere==
===''LaAutobiografia guerra dei mondisperimentale''===
Questo mio cervello cominciò a esistere e ad acquistare riflessi, a registrare impressioni, in una povera casa di Bromley, cittadina del Kent divenuta ormai un sobborgo di Londra. {{NDR|citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993}}
Alla fine del diciannovesimo secolo nessuno avrebbe creduto che le cose della terra fossero acutamente e attentamente osservate da intelligenze superiori a quelle degli uomini e tuttavia, come queste, mortali; che l'umanità intenta alle proprie faccende venisse scrutata e studiata, quasi forse con la stessa minuzia con cui un uomo potrebbe scrutare al microscopio le creature effimere che brulicano e si moltiplicano in una goccia d'acqua. Gli uomini, infinitamente soddisfatti di se stessi, percorrevano il globo in lungo e in largo dietro alle loro piccole faccende, tranquilli nella loro sicurezza d'esser padroni della materia. Non è escluso che i microbi sotto il microscopio facciano lo stesso. Nessuno pensava minimamente che i più antichi mondi dello spazio potessero rappresentare un pericolo per gli uomini, o pensava ad essi soltanto per escludere la possibilità o anche solo la probabilità che esistesse sulla loro superficie una qualunque forma di vita. È curioso ricordare alcune idee di quei giorni lontani. Gli abitanti del nostro pianeta si figuravano al massimo che su Marte potessero esserci altri uomini, forse inferiori a loro e pronti ad accogliere a braccia aperte una missione di civilizzazione. Tuttavia, di là dagli abissi dello spazio, menti che stanno alle nostre come le nostre stanno a quelle degli animali bruti, intelletti vasti, freddi e spietati guardavano la terra con invidia e preparavano, lentamente ma con fermezza, i loro piani contro di noi. E agli inizi del ventesimo secolo si ebbe il grande disinganno.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''La guerra dei mondi'', traduzione di Adriana Motti, Mursia, 1979}}
 
===''La macchina del tempo''===
Il Viaggiatore nel [[Tempo]] (sarà opportuno chiamarlo così) era intento a illustrarci un argomento molto oscuro. Gli [[Occhio|occhi]] grigi brillavano vivaci; il volto, generalmente pallido, era acceso e animato. Il fuoco brillava allegro; il tranquillo riverbero delle [[Luce|luci]] incandescenti nei [[giglio|gigli]] d'[[argento]] colpiva le bollicine che apparivano e scomparivano nei nostri bicchieri. Le poltrone, brevettate da lui, ci abbracciavano e accarezzavano, senza cedere al peso del corpo; dominava quella piacevole atmosfera postprandiale, quando il [[pensiero]] vaga amabilmente libero dalle pastoie della precisione. E mentre ce ne stavamo lì seduti, in pigra ammirazione davanti all'ardore con cui illustrava il nuovo paradosso (tale lo consideravamo) e davanti alla sua eloquenza, così lui parlò sottolineando i punti principali con l'indice magro.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''La macchina del tempo'', traduzione di Mario Monti, Mondadori}}
 
===''La porta nel muro''===
Lionel Wallace mi raccontò la [[storia]] della porta nel muro durante una serata a quattr'occhi, nemmeno tre mesi fa. Sul momento pensai che per quanto lo riguardava fosse una storia vera.
Ne aveva parlato con tale schietta convinzione che non avevo potuto fare a meno di credergli. La [[Mattino|mattina]] dopo però, a [[casa]] mia, considerai la cosa con altri occhi; e mentre, a letto, rammentavo le cose che mi aveva detto senza più la seduzione della sua [[voce]] pacata e sincera, lontano dal cerchio di luce della lampada da tavolo schermata e da tutta l'atmosfera soffusa d'[[Ombra|ombre]] che lo avvolgeva in una con gli arredi brillanti, i cristalli, la tovaglia e le posate della cena che avevamo consumato insieme, e che avevano composto un piccolo mondo effimero e splendente del tutto remoto dalla [[realtà]] di ogni giorno, le giudicai francamente incredibili.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''La porta nel muro e altri racconti'', traduzione di Daniele Morante, Bollati Boringhieri}}
 
===''L'isola del dottor Moreau''===
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Lo straniero arrivò ai primi di [[febbraio]], in una giornata gelida, sferzata da un [[vento]] tagliente e battuta da una fitta nevicata, l'ultima della stagione. Veniva a piedi dalla stazione di Brumblehurstm, e teneva in [[mano]], una mano pesantemente guantata, una valigetta nera. Era imbacuccato dalla testa ai piedi, e la tesa del suo morbido cappello di feltro gli scendeva sul viso, nascondendolo quasi interamente alla vista, L'unica cosa visibile era la punta lucida del suo naso. La [[neve]] gli si era ammucchiata contro il petto e sulle spalle e aveva ricamato una cresta bianca sul bagaglio. Più morto che vivo, entrò nell'albergo «Carrozza e cavalli» e lasciò cadere in terra la valigia.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''L'uomo invisibile'' (''The Invisible Man''), traduzione di Stefano Sudrié, TEN 1993.}}
 
===''La guerra dei mondi''===
Alla fine del diciannovesimo secolo nessuno avrebbe creduto che le cose della terra fossero acutamente e attentamente osservate da intelligenze superiori a quelle degli uomini e tuttavia, come queste, mortali; che l'umanità intenta alle proprie faccende venisse scrutata e studiata, quasi forse con la stessa minuzia con cui un uomo potrebbe scrutare al microscopio le creature effimere che brulicano e si moltiplicano in una goccia d'acqua. Gli uomini, infinitamente soddisfatti di se stessi, percorrevano il globo in lungo e in largo dietro alle loro piccole faccende, tranquilli nella loro sicurezza d'esser padroni della materia. Non è escluso che i microbi sotto il microscopio facciano lo stesso. Nessuno pensava minimamente che i più antichi mondi dello spazio potessero rappresentare un pericolo per gli uomini, o pensava ad essi soltanto per escludere la possibilità o anche solo la probabilità che esistesse sulla loro superficie una qualunque forma di vita. È curioso ricordare alcune idee di quei giorni lontani. Gli abitanti del nostro pianeta si figuravano al massimo che su Marte potessero esserci altri uomini, forse inferiori a loro e pronti ad accogliere a braccia aperte una missione di civilizzazione. Tuttavia, di là dagli abissi dello spazio, menti che stanno alle nostre come le nostre stanno a quelle degli animali bruti, intelletti vasti, freddi e spietati guardavano la terra con invidia e preparavano, lentamente ma con fermezza, i loro piani contro di noi. E agli inizi del ventesimo secolo si ebbe il grande disinganno.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''La guerra dei mondi'', traduzione di Adriana Motti, Mursia, 1979}}
 
===''La macchina del tempo''===
Il Viaggiatore nel [[Tempo]] (sarà opportuno chiamarlo così) era intento a illustrarci un argomento molto oscuro. Gli [[Occhio|occhi]] grigi brillavano vivaci; il volto, generalmente pallido, era acceso e animato. Il fuoco brillava allegro; il tranquillo riverbero delle [[Luce|luci]] incandescenti nei [[giglio|gigli]] d'[[argento]] colpiva le bollicine che apparivano e scomparivano nei nostri bicchieri. Le poltrone, brevettate da lui, ci abbracciavano e accarezzavano, senza cedere al peso del corpo; dominava quella piacevole atmosfera postprandiale, quando il [[pensiero]] vaga amabilmente libero dalle pastoie della precisione. E mentre ce ne stavamo lì seduti, in pigra ammirazione davanti all'ardore con cui illustrava il nuovo paradosso (tale lo consideravamo) e davanti alla sua eloquenza, così lui parlò sottolineando i punti principali con l'indice magro.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''La macchina del tempo'', traduzione di Mario Monti, Mondadori}}
 
===''La porta nel muro''===
Lionel Wallace mi raccontò la [[storia]] della porta nel muro durante una serata a quattr'occhi, nemmeno tre mesi fa. Sul momento pensai che per quanto lo riguardava fosse una storia vera.
Ne aveva parlato con tale schietta convinzione che non avevo potuto fare a meno di credergli. La [[Mattino|mattina]] dopo però, a [[casa]] mia, considerai la cosa con altri occhi; e mentre, a letto, rammentavo le cose che mi aveva detto senza più la seduzione della sua [[voce]] pacata e sincera, lontano dal cerchio di luce della lampada da tavolo schermata e da tutta l'atmosfera soffusa d'[[Ombra|ombre]] che lo avvolgeva in una con gli arredi brillanti, i cristalli, la tovaglia e le posate della cena che avevamo consumato insieme, e che avevano composto un piccolo mondo effimero e splendente del tutto remoto dalla [[realtà]] di ogni giorno, le giudicai francamente incredibili.<br>
{{NDR|Herbert George Wells, ''La porta nel muro e altri racconti'', traduzione di Daniele Morante, Bollati Boringhieri}}
 
==Citazioni su Wells==