Giovanni Battista Niccolini: differenze tra le versioni

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[[File:Teatro niccolini, interno, scale 03 busto.JPG|thumb|Busto di Giovanni Battista Niccolini, Teatro Niccolini (Firenze)]]
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'''Giovanni Battista Niccolini''' (1782 – 1861), drammaturgo italiano.
 
==Citazioni di Giovan Battista Niccolini==
*A [[Francesco Torti]], a Bevagna.<br />Chiarissimo signore. — Ho letto con piacere e meraviglia il suo ottimo libro che ha per titolo ''Dante rivendicato''. Godo che in tanta viltà letteraria si trovi un ardito amico del vero e che per amor di esso non tema nimicizie famose. È gran tempo che in [[Italia]] non si è stampata opera con franchezza così generosa, e piena di quell'evidenza di raziocinio che ho ammirato nella sua. (Firenze, 20 luglio 1825, da ''Ricordi della vita e delle opere di G.-B. Niccolini'', Volume 2, a cura di Atto Vannucci, Felice Le Monnier, Firenze 1866)
*''E mentre manda un gemito, | Chè dell'error s'avvede, | S'apre la tomba gelida | Sotto lo stanco piede''. (da ''La vecchiezza'')
*''Già dello spirto il memore | Moto veloce langue, | E lento scorre e gelido | In ogni vena il sangue''. (da ''La vecchiezza'')
*''[[Italia]] giace | Dall'armi, e più da' suoi costumi oppressa; | Nulla ritien degli avi e tutto apprese | Dai suoi nuovi tiranni''. (da ''Antonio Foscarini'', I, 1)
*''Il Franco | Ripassi l'Alpi e tornerà fratello''. (da ''Giovanni da Procida'', III, 4)
*Il nostro è secolo di transizione e, quel che è peggio, di transazione. (da ''Ricordi della vita e delle opere di G. B. Niccolini'', I, p. 382, citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 534-535)
*''La [[plebe]] | Sempre è stanca dei casi: odia i presenti, | Ama i futuri, ed è tiranna, o serva.'' (Calcante: da ''Polissena'', Atto II, Scena I, in ''Opere'', 1852, p. 242)
*''Perché tanto sorriso di cielo | Su la terra del vile dolor?'' (in prefazione. p. VIII, a [[Michele Amari]] ''La guerra del Vespro Siciliano'', Felice Le Monnier, Firenze 1851)
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===[[Incipit]]===
L'''Agamennone'' e la ''Beatrice Cenci'', tragedie, la prima delle quali io tradussi da [[Eschilo]], e la seconda imitai dallo [[Percy Bysshe Shelley|Shelley]], offrono sulla scena due misfatti atrocissimi: la morte d'un marito operata dalla mano d'una perfida e feroce consorte, e quella d'un padre che compri assassini uccidono per ordine d'una moglie e d'una figlia, risoluta, se questi non le ubbidiscono, a commettere ella stessa l'orribil delitto. Il primo di questi drammi è scritto dal più antico dei tragici greci, il secondo da uno dei più recenti poeti d'[[Inghilterra]], del quale mal dir si potrebbe se la sua patria si glorii, o si vergogni. Lo [[Percy Bysshe Shelley|Shelley]] ebbe per certo un ingegno possente ; e della greca tragedia, in particolar modo dei Cori, studiosissimo, fu preso di così grande amore per Eschilo, ch' egli tentò alla sua pazza maniera un ''Prometeo liberato'', o a dir meglio, un empio miscuglio di splendide immagini e di astrazioni metafisiche, figurando l'uomo sciolto da ogni credenza religiosa, mercé della vittoria di Demogorgone su Giove, cioè del Panteismo il quale trionfa della Fede.
 
===Citazioni===
*L'orribile dottrina dello [[Baruch Spinoza|Spinosa]] che occulta giace pur troppo dentro le opere di alcuni metafisici, i quali per ipocrisia, non per giusto zelo, si levano a riprendere la filosofia del secolo passato, assai men della loro pericolosa, pose meritamente in. odio lo [[Percy Bysshe Shelley|Shelley]] ai suoi concittadini. Quantunque nella ''Beatrice Cenci'' {{NDR|di Percy Bysshe Shelley}} non veggasi per la natura dell'argomento traccia alcuna di così mostruoso errore, i critici [[Scozia|scozzesi]] diedero di questa tragedia un giudizio molto severo, cominciando dall'osservare ch'era difficile il tenerne discorso senza lasciarsi vincere dall'ammirazione, o dal disgusto. Notarono che questo subbietto, schifoso di sua natura, era pur schifosissimamente trattato, e i personaggi del dramma non istavano ravvolti in una tenebrosa atmosfera di tragica necessità, ma bensì di passioni vilmente crudeli, e fuor di natura; e come il carattere di Beatrice, benché nobilmente ideato, non era posto cogli altri in un contrasto splendido, e tale che l'anima affaticata da tanti orrori vi si potesse riposare. (p. XI)
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*Sia il modello della tragedia l'''Edipo'' di [[Sofocle]]. (p. XX)
 
{{NDR|Giovanni Battista Niccolini, ''Discorso sulla tragedia greca'', in ''Opere'', Felice Le Monnier, Firenze 1858}}
 
==''Ricordi della vita e delle opera di G.B. Niccolini''==
==[[Incipit]] di ''Arnaldo da Brescia''==
===Citazioni===
* Il nostro è secolo di transizione e, quel che è peggio, di transazione. Addio coscienza.<ref group="fonte">Citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 534-535</ref> (I, p. 382)
 
* ''A G. C. [[Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi|Sismodo de' Sismondi]] | Solenne storico ed economista | Per le opere sue benemerito | Più che scriver si possa | Dell'Italia della Francia | E del genere umano.''<ref>Questa epigrafe venne scritta da Giovanni Battista Niccolini su una medaglia coniata per [[Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi]].</ref> (I, p. 382)
 
* Nel nostro secolo i preti vogliono esser filosofi, e i filosofi esser preti: malafede da tutte le parti, confusione d'idee e di termini, ruine della religione e della filosofia. (I, p. 383)
 
* Nel secolo scorso i preti fecero i filosofi, e i filosofi ora hanno rifatto i preti. Povero genere umano! » (I, p. 383)
 
* La [[teologia]] è una figlia della filosofia che cerca di uccidere la madre. (I, p. 383)
 
* Il vecchio vive nel passato, il giovane nell'avvenire, e veruno nel presente, perchè mentre si parla non è: quindi siamo tutti adoratori di cadaveri o di fantasmi. (I, p. 383)
 
* Il C… è un eco arrogante e infedele che crede di parlare. (I, p. 383)
 
* Il popolo non brama che voi discendiate sino a lui: egli vuole salire sino a voi. Le vostre opere popolari, non lette da quelli per cui le destinate, non rivelano che la vostra superbia, e non si leggono che dagli sciocchi pari vostri: il popolo non vuole la vostra limosina, o aristocratacci con maschera di plebeo. Di quel Tasso che voi chiamate poeta da gabinetto il popolo canta Erminia ec. (I, p. 383)
 
* [[Iddio]] discende in tutti qualche volta, ma non abita che in pochi o nessuno. (I, p. 383)
 
* L'[[arte]] ritrova quello che la natura guastata ha perduto. (I, p. 384)
 
* Credere che il [[passato]] possa ritornare è una necessità della mente umana, la quale, non istando mai nel presente e ignorando l'avvenire, ne cerca uno che somigli al passato. (I, p. 384)
 
* Il [[malvagio]] pensa sempre a sè, il buono qualche volta agli altri: il più buono è l'innamorato. (I, p. 384)
 
* La [[parola]] è la luce dell'umanità, e la [[luce]] è la parola della natura: ''Nel ciel manda la luce, e la parola | Sul labbro dei mortali.'' (I, p. 384)
 
* I principi s'adulavano con una dedica; i popoli si adulano e si corrompono con tutti i libri. Il peccato del nostro secolo è la vanità, e questa fra tutte le schiave è la più vile. — Non siamo mai nè buoni nè cattivi quanto le nostre opinioni. (I, p. 384)
 
* Le assemblee popolari hanno di rado torto in principio, e ragione in fine. (I, p. 384)
 
* Il [[sorriso]] delle persone veramente infelici reca grandissimo dolore: pare che sorridano per gli altri. (I, p. 384)
 
* ''… Pel dolor soltanto | Non ci facesti, o Dio! Sarebbe indarno | Ogni nostra speranza.'' L'incompatibile che esiste fra noi e il nostro mondo terrestre rimane un enimma se dobbiamo rivivere, ma sarebbe una bestemmia nel caso che noi dovessimo perire. (I, p. 385)
 
* Avviene nel cangiar dei costumi come nel moto della terra, la quale si muove senza che niuno se ne accorga. (I, p. 385)
 
* Quando la spada si identifica collo Stato, e questo è nel re, si fa dell'uomo un Dio, e di Dio un tiranno. (I, p. 385)
 
* Uno si smarrisce [[Pensare|pensando]] troppo, come pensando poco. (I, p. 385)
 
* Pensare a Dio è amarlo: quindi i [[filosofi]] hanno amato e amano Dio più d'ogni altro. (I, p. 385)
 
* Le [[cose umane]] non sono mai semplici, ma complicate, e si complicano ogni giorno per l'uomo e per le nazioni. Sono come un sasso che precipiti dalla sommità di un monte, che rotolando si riveste di tutto quello che trova nella sua via. (I, p. 385)
 
* La semplicità nelle lingue sarà difficile ad ottenere, perchè in noi tutti non è più semplice nè la mente nè il cuore. (I, p. 385 sg.)
 
* Le [[rivoluzioni]] sono una viva luce nella notte procellosa in cui la storia si compisce. Elleno dimostrano lo stato vero d'un popolo in politica e in morale, sono un giudizio del passato, una lezione per l'avvenire; il più grande studio che l'umanità possa fare per conoscer se stessa. (I, p. 386)
 
* Nel mattin della vita, le [[gioie]] che devon placare la nostra sete ardente brillano per noi nelle nubi dell'avvenire, e quando noi lo tocchiamo, convinti d'essere stati ingannati gli voltiamo le spalle, e gli occhi rivolano al bel giardino della giovinezza ove s'apre la felicità, e noi cerchiamo dietro a noi, in mancanza della speranza, le memorie della speranza. Cosi le gioie rassomigliano all'arcobaleno, che nell'aurora apparisce all'occidente, e verso sera a levante. (I, p. 386)
 
* Domandando l'[[impossibile]] si ottiene il meglio.<ref group="fonte">Citato in ''Harbottle'', p. 330</ref> (I, p. 386)
 
* Tutto ciò che nel [[bene]] medesimo vi ha d'eccessivo si paga, perchè le leggi eterne vogliono che nel mondo morale, non altrimenti che nel fisico, vi'sia uno sviluppo regolare e lento. (I, p. 386)
 
* L'evidenza è il carattere del vero, e la nostra [[ragione]] sola può esser capace di riceverlo, e giudica l'evidenza: la ragione è il giudice supremo del vero, e del falso; e non è la ragione individuale, ma la ragione universale, impersonale, assoluta. (I, p. 386 sg.)
 
* Appartiene alla barbarie il mostrare per la [[Razza ariana|conservazione dell'individualità nazionale]] una forza di resistenza inerte: allora i popoli rimangono come posti gli uni accanto agli altri, ma non si mescolano. (I, p. 387)
 
* Il [[bello]] nell'arte, nel pensiero, nell'azione, non deriva da un'armonia perfetta; l'umana natura noi comporta; ma nasce dalla guerra fra il bene e il male, nella quale il vero qualche volta vinto finisce col trionfare. (I, p. 387)
 
* Le idee che governano la Francia, l'Italia e l'Europa, sono quelle della rivoluzione francese, che la Francia non ha create, ma proclamate e difese colla sua spada, e scritte nei suoi codici. Ogni progresso secolare è un trionfo della ragione naturale. (I, p. 387)
 
* La forza della [[monarchia]] è nella ragione pubblica, la quale riconosce la necessità d'un potere permanente ed inviolabile per mantenere l'ordine e la libertà. (I, p. 387)
 
* La dottrina dell'identità delle idee a traverso del tempo e dello spazio è vera, ed è il fondamento della filosofia contemporanea in Francia come in Germania. Ma a qual condizione ella può applicarsi in una maniera legittima ed efficace? A condizione di non riconoscere che il genio dell'umanità come causa creatrice delle religioni. Per la filosofia gli sviluppi soli costituiscono, e si conosce l'identità dei pensieri e degli affetti umani sotto la varietà del costume e della forma. Così egli avrà pel Cristianesimo una venerazione di riflesso, perchè vi ritroverà in una possente misura una saviezza conosciuta. Ma è pericoloso ad un credente il fondare, spiegare e difendere la religione colla dottrina dell' identità, e conciliando tutte le opinioni, si cancella l'individualità del Cristianesimo, e si crede molto meno alla necessità della rivelazione. Che cosa diviene in questo sistema la divina origine della parola di Cristo? l1 [[Cristianesimo]] non è che una specie di ricapitolazione, un eclettismo venuto a tempo. (I, p. 387 sg.)
 
* La debolezza dei [[Governi]] è fatale quanto la loro forza, e il loro spavento quanto il loro furore. (I, p. 388)
 
* La sottigliezza degli [[scolastici]] del medio evo nasce dalla loro dipendenza, quella dei [[filosofi greci]] dalla loro libertà. (I, p. 388)
 
* Non amiamo tanto la [[bellezza]] per sopportare che l'azione fermandoci dia spazio a contemplarla ed abituarvi la mente. La scena moderna precipitandosi senza riposo verso il suo scopo, cangia incessantemente di luogo, d'interesse, di situazione, come la società stessa. Non vi ha cosa che la sospenda: un'ardente sollecitudine la spinge alla catastrofe. (I, p. 388)
 
* Il [[poeta]] che, secondo l'esempio degli antichi, vorrebbe qua e là con un soffio lirico temperarla, durerebbe fatica a combattere con questa inquietudine del mondo il quale cerca la pace nel cangiamento. — Lungamente ingannato dalla falsa imitazione che si è attaccata a questi modelli, io non sapevo che accusargli di freddezza, soprattutto se io gli paragonava all'ardente sete di emozioni dalla quale il mondo è posseduto. (I, p. 388 sg.)
 
* [[Shakespeare]] mi faceva dimenticar Sofocle: ma quando io quelle opere considerava più da vicino, io m'accorsi che cosa alcuna non ha mai superata l'originalità, la vita, la grazia di quest'arte sovrana, e che più che l'immaginazioni sono impazienti, anelanti, più ad esse converrebbe il riposarsi ad intervalli nella meditazione di questa bellezza, che deve la sua superiorità su tutte le altre alla sua medesima severità. (I, p. 389)
 
* Nelle [[azioni]] d'un uomo il suo carattere influisce più che la sua intelligenza. (I, p. 389)
 
* L'inerzia chiamasi rassegnazione, e poichè non si sente più l'amor di patria, si parla di [[umanità]]. (I, p. 389)
 
* L'[[equilibrio]] ha consacrato la nostra ruina, legittimato la conquista dei forti, l'oppressione dei vinti. (I, p. 389)
 
* Soffogar la [[ragione]] nel sentimento è affogar la causa nell'effetto. (I, p. 389)
 
* La [[filosofia]] è un bisogno necessario e un diritto sacro del pensiero. La sua causa è la gran causa della libertà del mondo, richiamata al suo principio stesso la libertà dello spirito. La sua forza è quella della ragione che si appoggia su due mila anni di progressi e di conquiste. È sciocchezza il ripetere tutte le scempiataggini scagliate dalla ragione contro la ragione. Chi ha insegnato agli uomini senza alcun soccorso soprannaturale che hanno un'anima libera, capace di fare il male ma pur il bene? Chi loro ha detto, nell'oppressione universale, che la [[forza]] non è tutto, che vi son dei diritti invisibili che il forte deve rispettare nel debole? (I, p. 390)
 
* Senza [[libertà]] l'uomo non ha bisogno di ragione, e senza [[ragione]] che sarebb'egli della sua libertà? laddove dal principio dell'autorità il campo della libertà si ristringe. — Scoto Erigene, che visse ai tempi di Carlo il Calvo, dall'850 al 60, scriveva: — l'autorità è derivata dalla ragione, non la ragione dall'autorità, e l'autorità legittima altro non mi sembra essere che la verità scoperta colle forze della ragione.<ref>Un giorno, mentre Scoto era a una tavola in faccia al re, questi gli chiese : ''Quelle distance y a-t-il entre un Scot et un sot?'' Ed egli rispose: Sire, la table. (1866)</ref> (I, p. 390)
 
* A [[Francesco Torti]], a Bevagna.<br />Chiarissimo signore. — Ho letto con piacere e meraviglia il suo ottimo libro che ha per titolo ''Dante rivendicato''. Godo che in tanta viltà letteraria si trovi un ardito amico del vero e che per amor di esso non tema nimicizie famose. È gran tempo che in [[Italia]] non si è stampata opera con franchezza così generosa, e piena di quell'evidenza di raziocinio che ho ammirato nella sua. (II, p. 7)
 
==''Arnaldo da Brescia''==
===[[Incipit]]===
<center>GIORDANO PIERLEONE, LEONE FRANGIPANI, POPOLO ROMANO.</center>
<poem>'''Giordano'''
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==Note==
<references />
===Fonti===
<references group="fonte"/>
 
==Bibliografia==
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*Giovanni Battista Niccolini, ''Opere'', Francesco Rossi Editore, Napoli, 1852. ([//books.google.it/books?id=ZA0uAAAAYAAJ Disponibile su Google Libri])
*Atto Vannucci, ''Ricordi della vita e delle opera di G.B. Niccolini'', vol. 1, Le Monnier, Firenze, 1866. ([//books.google.it/books?id=XLAPAAAAQAAJ Disponibile su Google Libri])
*Atto Vannucci, ''Ricordi della vita e delle opera di G.B. Niccolini'', vol. 2, Le Monnier, Firenze, 1866. ([//books.google.it/books?id=b7APAAAAQAAJ Disponibile su Google Libri])
 
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