Ignazio Fresu: differenze tra le versioni

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*Ignazio Fresu si diverte a giocare con la percezione dell’occhio umano, un occhio che spesso sembra fermarsi solo all’apparenza, al primo impatto, ma che invece deve imparare ad andare oltre, a scandagliare i significati più reconditi delle cose.
 
===[[Silvia Mordini]]===
http://www.adgblog.it/2012/06/26/intervista-ad-ignazio-fresu-quel-che-resta-durante-il-sabato-del-villaggio/
 
Intervista ad Ignazio Fresu: “Quel che resta” durante “Il sabato del villaggio”.
Durante la serata di “Artisti a km 0″ del 31 Maggio 2012, Ignazio Fresu ha presentato l’opera “Quel che resta” installata all’entrata della Biblioteca Lazzerini di Prato. Tra i più prolifici scultori italiani contemporanei, la sua ricerca mutua dall’avanguardia e dal concettualismo del XX secolo, con un forte substrato filosofico, dai primi greci ad Emanuele Severino.
 
Ignazio racconta ad adgblog come è nata la sua ultima (o quasi) creazione, visitabile gratuitamente fino al 20 Luglio 2012.
 
Silvia Mordini: Come nasce l’idea dell’opera “Quel che resta” essendo essa site-specific per la Biblioteca “A. Lazzerini” di Prato? Quanto tempo ha richiesto la sua totale preparazione?
 
 
Ignazio Fresu - Quel che resta
Ignazio Fresu: Le idee nascono e progrediscono lentamente, quasi da sole, senza che neanche me ne accorga. Ma sono come un fuoco sotto la cenere che poi divampa all’improvviso con l’urgenza di svilupparle e realizzarle. Ne sono soggiogato, tanto che potrebbero sembrare nate lì per lì. In realtà, erano anni che desideravo realizzare qualcosa per la biblioteca Lazzerini di Prato, Ho sempre avuto una particolare venerazione nei confronti delle biblioteche, di tutte le biblioteche che definirei “religiosa”. Le ho sempre considerate le vere cattedrali dell’umanità e quando poi, la Lazzerini si è trasferita nella nuova sede nel cuore del centro storico, nello splendido scenario architettonico dell’antica Fabbrica Campolmi, il più grande complesso industriale d’origine ottocentesca all’interno delle mura medievali, il nuovo straordinario spazio mi ha rimesso inconsapevolmente in moto le idee ed ho immaginato qualcosa che la avvolgesse, non per rinchiuderla, ma al contrario per espanderla nella città. Volevo realizzare un’opera che mettesse in comunicazione lo spazio interno con quello esterno della città di Prato.
 
La scorsa estate in occasione di una mostra ho concretizzato una prima installazione semplificata di un singolo cumulo di libri simile a quelli che avrei poi realizzato per la biblioteca e ho eseguito disegni e rendering per meglio definire il progetto e per proporlo presso le sedi adeguate ed avere il necessario sostegno e autorizzazioni.
 
A parte l’idea, che “covava sotto la cenere”, sono stati necessari circa nove mesi per la completa messa in opera di cui almeno sei interamente dedicati alla sua realizzazione materiale.
 
 
 
Ignazio Fresu, Quel che resta
S. M. Ci sono state delle resistenze nella messa in opera della stessa?
 
I. F. Difficoltà ce ne sono state ed erano prevedibili perché l’opera si mostrava molto ambiziosa e a occhi meno esperti poteva apparire “invasiva”. Ho però avuto l’immediato sostegno del progetto di massima, da parte dell’Associazione Pecci Arte e del Comune di Prato, nell’Assessorato alla Cultura. Poi, ed è una cosa assolutamente normale, nella sua realizzazione pratica, mi sono imbattuto con tante difficoltà. Bisogna, però, avere la fermezza di perseverare, essere fortemente motivati e credere nel proprio lavoro. Quando collabori con le istituzioni, la tua volontà è duramente messa alla prova. Ogni piccolo particolare è vagliato e discusso. Solo la tenacia fa sì che gli impedimenti siano rimossi e si superino gli ostacoli che via via si frappongono alla realizzazione del tuo progetto.
 
S. M. Un titolo emblematico, che riflette la natura della tua creazione; i libri appaiono come reperti fossili di un passato non prossimo: sta a noi riscoprirli? In un periodo di forte crisi come quello odierno quel che ci resta è riscoprire la forza della cultura, ma sarà un’impresa paragonabile ad una spedizione archeologica? Che ne pensi?
 
 
Ignazio Fresu - Il sabato del villaggio
I. F. La cultura e i libri ne sono uno dei suoi simboli più rappresentativi, deve essere tutelata e sostenuta. È un dovere che abbiamo ereditato dal passato ed è un nostro impegno inalienabile nei confronti del presente.
 
L’interpretazione che proponi dell’opera mi trova in sintonia e la considero molto condivisibile.
 
Sono però altresì profondamente convinto che dal momento in cui un’opera viene presentata al pubblico, all’artista rimane la paternità artistica ma non ha più il copyright dell’interpretazione, questa diventa di pubblico libero dominio.
 
S. M. Un forte simbolismo impregna la tua opera: i sei cumuli di libri sono disposti rappresentando la sezione aurea, ma rimandano anche alla teoria dei “sei gradi di separazione”; che ricerca personale sta alla base di questa fusione?
 
I. F. Più che un richiamo simbolico, gli aspetti che metti in rilievo, vogliono essere dei suggerimenti di lettura. I cumuli non sono un muro, una trincea, non una linea di separazione ma di unione, una linea di espansione che partendo dalla biblioteca si allarga nell’ambiente circostante inglobando lo spazio esterno in una spirale aurea che prosegue all’infinito. Infinito ben rappresentato dalla teoria dei “sei gradi di separazione” per cui una persona sconosciuta può essere rintracciata attraverso solo sei passaggi, e allo stesso modo può essere diffusa la cultura.
 
 
Ignazio Fresu - Il sabato del villaggio
S. M. In parallelo all’opera che hai realizzato a Prato hai lavorato anche a “Il sabato del villaggio”, che hai installato a Cerreto Laziale: un tributo al poema, ad un passato familiare che si colloca perfettamente all’interno di un “villaggio” profondamente leopardiano; è anch’essa un’opera site-specific? Quanto è collegata a “Quel che resta”?
 
I. F. I due lavori s’intrecciano non solo temporalmente ma anche per i loro contenuti.
 
“Quel che resta” posto come un interrogativo, potrebbe apparire un discorso nichilistico, come anche le strofe conclusive della poesia di Leopardi. Eppure la risposta è: Qualcosa resta! Foss’anche il solo ricordo della poesia imparata a memoria da bambino e non compresa.
 
Cosa resta? Resta la memoria, resta il ricordo col suo sapore. Leopardi ci mette in guardia nei confronti delle nostre illusorie aspettative e della nostra incapacità di godere del presente nel momento stesso in cui questo viene vissuto, tralasciando però la grande ricchezza della nostra memoria, dei ricordi che sono una parte importante della nostra vita. Lo è la stessa poesia, lo sono le “cose” che formano entrambe le installazioni. Lo sono i libri nella biblioteca Lazzerini, lo sono i giochi a Cerreto Laziale, il “villaggio” della poesia leopardiana. ù
 
===[[Alessio Brugnoli]]===
http://www.equilibriarte.net/articles/633/Chiacchierando-con-Ignazio-Fresu
 
Tutta l'Arte è Concettuale
 
Alessio Brugnoli
segui questo articolo
 
 
 
 
 
Sono anni che conosco Ignazio, apprezzandone sia l'Arte, sia la profondità della sua riflessione intellettuale. Una ricerca, la sua, che si pone in relazione dialettica con la filosofia contemporanea e che trasforma in immagini potenti e monumentali le sue riflessioni.
 
Immagini che possono anche non piacere, ma che, rispetto al Nulla decorativo, sono fondate su ciò che ci rende Uomini, il Pensare
 
Ignazio, cominciamo con la solita e ritrita domanda … Chi sei ? Come ti definiresti in tre aggettivi ?
 
Interessante e difficile questa domanda. Come faccio a dirti chi sono ? Ogni giorno ci si rinnova, la mutazione è la peculiarità più eccellente del nostro vivere. Come persona sono sempre desideroso di sapere, sono un cercatore e un creatore appassionato.
 
Come hai scoperto di essere scultore? Quando hai realizzato che l'arte fosse parte della tua vita?
 
Non è che io faccia molta distinzione tra pittura, scultura o le altre forme d’arte visiva. Nella scultura sento più prossima la possibilità di realizzare una spazialità tangibile o come si usa dire oggi: “interattiva”; comunque in qualche modo coinvolgente.
 
Sin da quando ero molto piccolo, in età prescolare, per arginare la solitudine trascorrevo molto tempo a ritagliare, colorare, disegnare. Non ho mai smesso. Dunque non ho scoperto di essere un artista o uno scultore, più semplicemente ho veicolato il mio essere e il mio sentire all’ espressione che ho sempre sentito come parte di me
 
Sei nato a Cagliari. Quanto della cultura e tradizione della tua terra ha forgiato il tuo spirito ? Che traccia ha lasciato nella tua Arte ?
 
Cagliari nei millenni ha avuto un ruolo particolare per la Sardegna, ha interagito influenzando la sua cultura in modo determinante. Per secoli è stata la sola città ad affacciarsi sul mare, assumendo il compito di anello di congiunzione tra l’isola e il resto del mondo.
 
Questo scambio di culture predispone lo spirito al desiderio di conoscenza, alla scoperta di nuovi lidi. Ma il legame indissolubile con la mia terra risiede nella materia che propongo, nella sua evidente apparenza come la pietra, il ferro, l’acqua.
 
Nel 1975 ti sei trasferito a Firenze. Come è stato l’impatto con questa nuova realtà ? Cosa ti ha affascinato della Toscana, visto che hai deciso di viverci ?
 
Era mio grande desiderio entrare in contatto con nuove opportunità culturali e non appena compiuti gli studi al Liceo Artistico a Cagliari mi sono trasferito a Firenze per frequentare l’Accademia delle Belle Arti.
 
Ho scelto questa città perché oltre ad essere permeata di secolare cultura ed essere molto vitale quanto a iniziative culturali, per la sua particolare posizione geografica prossima a tutti i luoghi dove si svolgevano importanti eventi artistici, come Roma, Venezia, Milano, Bologna.
 
Senza il mare intorno, avevo l’impressione di poter liberamente raggiungere qualunque luogo.
 
Come definiresti la tua Arte ? Quale è il senso profondo dei tuoi lavori ? Cos’è per te la Bellezza ?
 
L'arte è un viaggio capace di stupire sempre, attraverso l’umanità nella sua dimensione spaziale e temporale. Le opere sono l’accesso, il linguaggio privilegiato nel percorso e mai un punto d'arrivo.
 
Credo che il senso profondo dei lavori artistici sia spesso la ricerca interiore capace di empatizzare, di coinvolgere molti in un sentire comune; l’espressione è sempre qualcosa che nasce dentro di sé, per diventare arte deve però confrontarsi con il mondo esterno suggerendo qualcosa che non esisteva prima, agli altri che non devono consolarsi ma riconoscerla come arte, formulando in questo modo una “convalidazione” di Bellezza.
 
Per la mia arte un' attenzione particolare è rivolta ai materiali che utilizzo e che uniti al pensiero a cui do forma, costituiscono un tutt'uno fondamentale.
 
 
 
 
Pop Art o Informale ? A quale di movimenti ti senti più vicino ? Cosa ti accomuna e cosa ti distingue da questo ?
 
In giovane età sono stato molto influenzato da questi due movimenti artistici e credo che siano stati determinanti nel mio successivo sviluppo artistico.
 
Da ragazzo, studente del Liceo Artistico, realizzavo pitture ad olio di tipo iperrealista ed in un certo senso il gusto per la materia ed il gioco dell’apparenza erano già presenti nei miei lavori.
 
Cercavo consensi e ostentavo virtuosismo, era forte il gusto del compiacimento e ancora lontano la capacità di analisi al di là della dottrina.
 
L’Arte senza un Pensiero Forte che la sostiene si riduce a pura decorazione. Che ne pensi ? Quale potrebbe essere l’oggetto del filosofare contemporaneo che potrebbe darle senso e supporto In un mondo avvelenato dal Brutto, anche la decorazione può aver un’utilità ?
 
Penso che tutta l’arte è concettuale e quando non vi è un’ Idea a sostenerla non lo è. Ritengo il Bello ed il Brutto categorie aleatorie, legate indissolubilmente alla qualità ed al senso di un Pensiero. Quando questo è assente o scadente non potrà che avere sembianze di Bruttezza.
 
Affermi spesso di essere influenzato da Eraclito. Parrebbe a prima vista una contraddizione, visto che le tue opere sembrano tetragone sfidare il Tempo. E’ forse lo scopo dell’Arte rendere eterno ciò che è transitorio ?
 
La consapevolezza del Divenire è il presupposto fondante della filosofia eraclitea. Questo assunto, in quanto tale, è stato poi messo in discussione dalla filosofia moderna fino a vedere negata la sua illusoria inconfutabilità con Emanuele Severino.
 
Nei miei lavori è sempre presente questa tematica e i richiami ad Eraclito sono numerosi sia nell’ ingannevole pesantezza e caducità dei materiali che adopero, sia nelle sembianze che definisci tetragone e che solo esteriormente sono tali.
 
L’arte è per sua stessa natura trasformazione, arte è ciò che noi definiamo arte e noi cambiamo. Lo prova la mutevolezza del nostro gusto ed il valore estetico, artistico e antropologico che attribuiamo ad opere che nel passato erano sensibilmente diverse da come le vediamo oggi.
 
Mi riferisco ad esempio alle opere che ci sono pervenute come i bronzi e i bianchi marmi delle statue e dei templi dell’antica Grecia o le severe decorazioni all’interno delle chiese romaniche. Requisiti che sono stati considerati canoni estetici di sobria classicità, ma che all’epoca della loro realizzazione erano un trionfo di chiassosi colori.
 
E’ forse proprio questa la capacita dell’arte di essere eterna: quella di mutare e restare arte.
 
 
 
 
Come ti ha influenzato il pensiero di Vattimo ? E’ davvero possibile per l’Uomo conoscere la Verità ?
 
Riflettendo sul Divenire in relazione al nichilismo mi sono immediatamente riconosciuto nel concetto introdotto in filosofia da Gianni Vattimo con il "pensiero debole" contrapposto al pensiero forte, come ad esempio quello marxista o cristiano. Concezione che, nonostante le diatribe, non considero conflittuale nei confronti del pensiero espresso da Emanuele Severino.
 
Riguardo la Verità, Nietzsche identificava proprio nell’Arte la Verità in quanto unica manifestazione umana a svelare il proprio fingimento.
Personalmente penso che nessuna verità trascendente ci illuminerà mai. Sarà piuttosto la flebile fiamma di una candela che rischiara la lanterna di pietra, come nell’installazione che ho realizzato ispirandomi al celebre aforisma 125 di Nietzsche.
 
Severino, in tante sue analisi, sostiene il legame tra Teknè e Nichilismo, come condizione fondante della civiltà occidentale. Tu che nelle tue opere rifletti spesso sul significato del Lavoro e della Tecnica, che ne pensi ?
 
In Severino queste istanze si legano strettamente, egli vede nella tecnica l’estremo nichilismo, la Teknè come progetto totalizzante e totalitario. Nella mia ricerca artistica il rapporto tra Teknè e Nichilismo è centrale.
 
I materiali che utilizzo nella loro apparenza vogliono mostrare un divenire autentico che non è il crearsi e l'annullarsi dell'essente, ma il comparire e lo sparire di ciò che è eterno. Le cose che si trasformano ed infine non vediamo più, non entrano improvvisamente nel nulla, ma semplicemente scompaiono dall'orizzonte degli eventi. Continuano ad esistere in una dimensione che non è quella apparente
 
L’arte concettuale, ultimamente sempre più criticata e lontana dai gusti del grande pubblico, ha ancora un futuro ?
 
Bisogna innanzitutto intendersi su cosa sia “arte concettuale”, come ho già detto l’arte per essere tale è sempre “arte concettuale”. Se invece si considerano come “concettuale” solo certe forme artistiche legate al neo-dada, al minimalismo, alla linguistica o tutte quelle correnti dell’arte contemporanea che al piacere estetico contrappongono il pensiero, bisognerà stabilire se poi in realtà non sia proprio il pensiero a dare piacere estetico.
 
Oggi più che in passato viviamo un’epoca di grande complessità e differenziazioni sincroniche dominata dalla spettacolarizzazione dei mass media che tendono sempre di più alla semplificazione suggerendo scorciatoie ai gusti del grande pubblico. Mi domando, piuttosto, se la Cultura ha ancora un futuro.
 
 
 
 
Che libri leggi ? E che musica ascolti ?
 
Leggo soprattutto saggistica, connessa ai miei interessi sull’arte e l’estetica, così che poi ad ogni lettura trovo spunti e curiosità che mi portano a proseguire la lettura dello stesso genere. Mi piacerebbe trovare il tempo per leggere più narrativa, in realtà.
 
La musica mi piace tutta, dalla musica medievale al jazz. Quella che ascolto più volentieri è la musica classica, compresa la moderna e ho una predilezione per la contemporanea. Poi, anch’io, come tutti credo, in un periodo mi appassiono di più ad un autore e mi ritrovo ad ascoltare - o leggere - tutto quello che ha prodotto.
 
Per me scrivere è viaggiare nel mio abisso interiore, per esorcizzare i miei incubi. Per te, invece, che valore ha lo scolpire ?
 
Le mie sculture, che sono quasi sempre parti di installazioni che interagiscono nello spazio, hanno diversi momenti di catarsi. Hanno un loro divenire dalla ideazione dell’opera all’urgenza di trovare soluzioni tecniche per la loro realizzazione, tecniche sempre diverse, finalizzate alla concretizzazione dell’idea.
 
Questo tempo lento è come un viaggio goduto per il percorso in sé e non per la meta in quanto tale, infatti, questa mia ricerca comprende anche il riutilizzo di parti di mie sculture già realizzate e il loro riadattamento alla nuova idea. Catartico è poi la messa in opera nell’ambiente che interagirà con l’installazione.
 
Il tuo film preferito ? Il piatto che ami di più ?
 
Prediligo il cinema francese per tutte le ragioni che puoi intuire, ma se devo scegliere un film uno solo, scelgo Frankenstein Junior diretto da Mel Brooks.Un po’ spiazzante?
 
I piatti a base di pesce, crostacei, molluschi : In questi cibi il mare ricorda le mie radici, hanno un sapore nostalgico.
 
Viviamo in un mondo che all’Uomo appare sempre più privo di senso: la Ragione può essere uno strumento per interpretare e dare ordine a ciò che percepiamo ?
 
La Ragione è la condizione necessaria dell’Uomo per essere tale. Questa non va confusa con il razionalismo di tipo cartesiano già criticato da Nietzsche e da Heidegger. Personalmente auspico una Ragione che attraverso l’interpretazione positiva nei confronti del nichilismo, presupponga l’indebolimento delle categorie ontologiche tramandate dalla metafisica, una Ragione alla quale non si attribuisca più caratteristiche forti ma si riconosca legata al tempo, alla vita e alla morte.
 
La Ragione come strumento e guida per capire i tratti dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, filo conduttore di ogni emancipazione umana come la progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisca il superamento di quelle ingiustizie sociali che da questi derivano.
 
L’utilizzo di scarti delle lavorazioni industriali e di residui delle attività di consumo nella creazione delle tue opere ha solo il valore di critica alla nostra società dei consumi ?
 
Oppure è l’affermazione dell’orgoglio dell’Artista, capace di trarre ordine dal Caos e di creare nuovi mondi da ciò che scartiamo ?
 
La critica alla società dei consumi è solo un aspetto del mio lavoro. Il discorso è più complesso, innanzitutto NON si tratta del riciclaggio, ma del riuso di materiali facilmente disponibili che appartengono alla nostra epoca e che nella loro effimera esistenza la identifica e rappresenta.
 
L' inedito utilizzo che caratterizza le mie sculture, sono parti di un Caos atte a “creare nuovi mondi”.
 
Le tue sculture possono essere considerate come moderni Totem ?L’Arte può anche svolgere il ruolo di Epifania del Sacro? Il tuo rapporto con il Divino e l’Assoluto ?
 
I contenuti delle mie opere, i materiali, la loro provenienza, hanno in sé una memoria , un wabi-sabi, un mana, che io cerco di volgere in senso artistico.
 
Ritengo - e ciò è quello che desidero accada per i miei lavori – che il primo approccio verso un’opera d’arte, sia di tipo irrazionale, percettivo-emotivo e solo in seguito questa venga caricata di “senso”.
 
Questa immediatezza dell’emotività che ha molto di metafisico, può essere intesa come “Epifania del Sacro”, ma è l’equilibrio tra emotività e senso a determinare la qualità di un’opera d’arte.
 
 
 
 
Se non fossi stato un artista, come avresti cercato il senso della tua vita ?
 
Ipotizzando un’alternativa, questa domanda presuppone una possibile insoddisfazione. Non saprei cosa rispondere.
 
Viviamo in un mondo in cui il messaggio è sempre più coperto da un rumore pervasivo?
 
In semiologia il rumore determina una sorta di corto circuito tra significante e significato provocando la perdita di senso. La nostra cultura è universalmente fondata sul linguaggio per cui le cose sono in quanto le nominiamo, permettendoci d’impiegarle in senso astratto.
 
Un sovvertimento questo, che non sembra l’avvento di una nuova cultura, ma piuttosto una Babele che preannuncia il decadimento e la morte della nostra civiltà così come la conosciamo.
 
Arte nella Vita o Vita nell’Arte ?
 
Di primo acchito, quasi senza pensarci, risponderei “Arte nella Vita”! Ma poi mi accorgo che nei miei pensieri è una “Vita nell’Arte”, ne presumo che la risposta sia l’equilibrio di entrambe.
 
Canone, dal greco kanon, che significa in senso proprio "squadra", "riga" e in senso traslato "regola", "norma", designava nel mondo greco antico la misura base con cui realizzare un'opera. E questo basato sulla geometria euclidea, generava forme chiuse e limitate. E’ possibile pensare un canone contemporaneo, aperto e vivo, attratto dall’infinito e basato sulla geometria frattale ?
 
Tutti i canoni , come anche quelli dell’antica Grecia, sono stati di volta in volta sostituiti da nuovi canoni, in un sovrapporsi sempre più vorticoso. Così Giotto nei confronti dell’arte medievale, e poi nel Quattrocento e nel Rinascimento con l’introduzione di nuovi canoni che implicavano la rivoluzione del linguaggio e dei contenuti.
 
Così via, sino all’apoteosi avvenuta nel Novecento che accompagna e ben rappresenta lo scorso secolo, che tenta con le Avanguardie artistiche di liberarsi dai canoni minandoli alle loro fondamenta, non solo non riconoscendoli più come grammatica, ma negando la funzione della stessa grammatica che viene percepita come pretestuosa coercizione, come soffocamento alla libera espressione dell’uomo.
 
Sono gli stessi argomenti che in un contesto più ampio incontriamo in Freud e in Nietzsche, che da questa “liberazione” si attende l’avvento di un uomo nuovo. Quest'ultimo sosteneva come i valori assoluti in cui potersi unanimemente riconoscere fossero morti, che ogni canone è basato su principi astratti, che l’uomo vincolato ai canoni è un uomo parziale, è ciò che i canoni gli consentono di essere attraverso imposizioni sociali che mirano alla negazione della sua individualità.
 
Superando la necessità dei canoni, l’uomo nuovo si riappropria della propria naturalità. In tal senso, vinti i limiti delle convenzioni, egli diventa né buono né cattivo ma completamente realizzato nella propria essenza.
 
Puoi descriverci il tuo processo creativo ?
 
lI “processo creativo” nasce sempre da un’idea. Alle volte trascorrono molti mesi prima che si concretizzi, prima che lentamente prenda forma, altre volte è una strada più rapida. Dipende dalle soluzioni tecniche e di fattibilità che incontro. Tecniche che sono sempre e solo un mezzo, anche se spesso contengono in sé il contenuto.
 
E succede, non di rado, che io abbia in embrione un’idea che aspetta solo l’occasione per essere realizzata. Insomma, come vedi si tratta di una ricerca continua senza soluzione di continuità
 
 
 
 
Come spiegheresti ad un bambino il significato dell'Arte?
 
Narrandola come si racconta una favola. E attraverso il gioco, facendogli fare esperienze con l’ausilio di materiali e colori
 
Dove ti piace lavorare ? Come è il tuo studio ? Quanto l’ambiente di lavoro influenza la tua creatività ?
 
Il luogo dipende molto da cosa sto realizzando, di solito, comunque, lavoro nel mio studio.
 
Internet: opportunità o rischio ?
 
Il rischio potrebbe essere la globalizzazione e relativa omologazione, ma credo che internet per l’arte e gli artisti sia soprattutto una grande opportunità.
 
Permette di conoscersi, confrontarsi, organizzare iniziative che solo poco tempo fa sarebbe stato impossibile realizzare.
 
Quale scultura del passato avresti voluto realizzare ?
 
Pur avendo grandissima ammirazione per molte opere del passato, non mi è mai passato per la testa un desiderio del genere. Dovendo scegliere, cosa non certo facile, preferirei un’ opera un po' particolare, quella che più mi ha suggestionato oltre che per la sua evidente bellezza, per la capacità di raccogliere in sé l’esperienza artistica del passato ed allo stesso tempo anticipare l’arte futura.
 
Parlo dell’ opera di Giambologna il “Ratto delle Sabine”, non l’originale della Loggia dei Lanzi in piazza della Signoria a Firenze, bensì quella esposta nel Museo dell'Accademia, modello a grandezza naturale in gesso, eseguito dallo stesso Giambologna come preparazione per l'esecuzione della statua in marmo.
 
Cos’è Skeda ? C’è spazio in Italia per riviste d’arte innovative ?
 
Skeda è un mensile inconsueto nel panorama esistente. Si compone di una sola scheda, appunto, con allegata un’opera grafica, numerata e firmata delle dimensioni della rivista. Prende il via dall’area metropolitana intorno a Prato, ma non dalle questioni specifiche della città, bensì da quelle che sono comuni all’Italia e al mondo. Cerca l’universalità che è presente a Prato: arte, teatro, musica, letteratura, politica, società, scuola, associazioni.
 
Il giornale cartaceo è un sommario con gli editoriali e gli estratti di alcuni articoli che si completano su internet, dove tutti possono leggere ed intervenire liberamente. Credo che ci sia spazio per delle riviste innovative e Skeda ne è un esempio. Nata dall’assenza di uno spazio di dialogo culturale, all’uscita di ogni pubblicazione si organizza la presentazione del nuovo numero in sedi sempre differenti e di particolare interesse, a cui tutti possono partecipare.
 
A seconda del tema della rivista gli approfondimenti vengono sviscerati attraverso interventi artistici e confrontandosi in tavole rotonde con politici, esperti e figure professionali.
 
Come giudichi l’ambiente artistico di Prato ?
 
Considero l’ambiente artistico di Prato e dei suoi dintorni stimolante. Sono presenti molti artisti che insieme alle molteplici iniziative culturali, diventano un importante binomio per sviluppare la propria creazione artistica
 
Aspettative per il Futuro ? Nuovi Progetti ?
 
Ho esposizioni molto importanti da realizzare, sto lavorando ai progetti. Per scaramanzia preferisco non anticipare né il nome delle rassegne né i luoghi delle mostre.
 
La Bellezza salverà il mondo ?
 
La bellezza non è una qualità delle cose e - come diceva David Hume - essa esiste soltanto nella mente di chi le contempla e ognuno percepisce una diversa bellezza.
 
In questo senso la bellezza è conoscenza e la frase di Dostoevskij “ la Bellezza salverà il mondo ” assume autenticità.
 
==Sulle opere di Ignazio Fresu==