Giuseppe Giusti: differenze tra le versioni

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*Per [[proverbio]] intendo quel dettato che chiude una sentenza, un precetto, un avvertimento qualunque, ed escludo da questa raccolta certi altri detti come sarebbero - ''Conoscere i polli'' - ''Mettere il becco in molle'' - ''Scorgere il pelo nell'ovo'' - ''Stringere i panni addosso''; - questi e altri diecimila che si dicono proverbi e che i raccoglitori registrano per proverbi, mi pare a tutto rigore che debbano chiamarsi modi di dire o modi proverbiali. (p. 1)
*Ho domandato mille volte alla gente cosa significasse un tal proverbio, e così staccato, non me l'hanno saputo dire; ma appena ho chiesto a che proposito lo dicessero, me n'hanno resa subito perfetta ragione; per la qual cosa si può dire che versano dalle labbra una sapienza che non sanno di possedere, come uno si dà a un lavoro, a una fatica, senza avvertire la capacità delle proprie braccia. (p. 13)
*Una sera a Firenze, in una delle poche case, a grave danno del Faraone tuttavia rallegrate da quella gaia ma ora inelegantissima regola dei giochi di pegno, mi trovai al gioco dei [[proverbi toscani|Proverbi]] che si fa tutti mettendosi in cerchio, donne e uomini, e buttandosi uno coll'altro un fazzoletto colla canzoncina «''Uccellin volò, volò, su di me non si posò, si posò su un tale e disse...''» qui tirano il fazzoletto sulle ginocchia della persona nominata e dicono un proverbio, e bisogna dirlo presto, e che non sia detto avanti da nessuno, altrimenti si mette pegno. Io che sono nato in provincia e che son sempre malato grazie a Dio delle prime impressioni, udendo quel diluvio di proverbi, e con quanta prontezza quelle fanciulle vispe e argute trovavano il modo di punzecchiarsi tra loro, di burlare gli innamorati, di canzonare i grulli e di mettere in ridicolo la cuffia di questo o la parrucca di quello, confesso il vero che c'ebbi un gusto matto, e posso dire che fino da allora mi detti a questa raccolta, perché tornato a casa segnai tutti i proverbi che mi ricorsero alla memoria. (pp. 13-14)
*Il sapersi adattare è una gran virtù! Risparmia infinite molestie, e concilia la benevolenza degli altri. (p. 402)