Kṣemarāja: differenze tra le versioni

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'''Kṣemarāja''' (X – XI secolo), filosofo indiano.
 
*Uno [[yoga|yogin]] la cui [[coscienza]] ordinaria sia ben raccolta nel cuore e che non abbia alcun'altra preoccupazione, grazie a una presa di coscienza priva di dualità (''avikalpa''), si dedica interamente alla contemplazione della propria coscienza in quanto Soggetto cosciente liberato dal corpo e dagli altri limiti. E così che, sempre vigile, assorbendosi nel Quarto stato e in quello che ne è al di là, pone fine al pensiero dualizzante e acquista a poco a poco la sovranità. (da ''Pratyabhijñāhṛdaya'', commento<ref>La ''Pratyabhijñāhṛdaya'' è il commento alla ''Pratyabhijñākārikā'', opera di [[Utpaladeva]].</ref> a IV, 1, 11)<ref>Citato in [[Lilian Silburn]], ''La Kuṇḍalinī o L'energia del profondo'', traduzione di Francesco Sferra, Adelphi, 1997, p. 70.</ref>
 
==''Śivasūtravimarśinī''==
===[[Incipit]]===
''Ciò da cui l'insieme dei Rudra e dei 'conoscitori del campo' scaturisce e in cui si trova riposo, quello che è il supremo principio, quella realtà il cui sfolgorare è la sostanza del tutto, che costituisce essa stessa l'universo intero in tutta la sua vastità, è la Coscienza (''caitanya'') del [[Shiva|Benigno]]. Ad Essa sia lode. Sua natura è l'energia vibrante (''spanda'') che da nulla è trascesa, traboccante d'ambrosia, massa compatta di libertà e di beatitudine. In sé non duale, si manifesta nel segno della dualità.''<br/>Avendo constatato l'inadeguatezza dei commentari agli ''[[Vasugupta#Śivasūtra|Śivasūtra]]'', attenendomi alla tradizione dei maestri li illustrerò in quest'opera, secondo verità.<ref>La ''Śivasūtravimarśinī'' è operail commento agli ''Śivasūtra'', opera di [[Vasugupta]].</ref><br />
{{NDR|Kṣemarāja, ''Śivasūtravimarśinī''; in Vasugupta, ''Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja'', a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999}}