Paolo Rossi (attore): differenze tra le versioni

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*I DS rossi sono solo un sogno.<ref>Dallo spettacolo ''Storie di un delirio organizzato''.</ref>
*{{NDR|Sulla canzone ''In Italia si sta male (si sta bene anziché no)''}} In molti mi hanno chiesto se la canzone poteva essere ancora attuale. Probabilmente, e vedi la forza del non-sense, era stata fatta in un periodo particolare, insomma erano anni duri, bui anche, eppure adesso acquista un altro senso, pur con le stesse parole.<ref>Dal programma televisivo ''Rino vive! – Ma il cielo è sempre più blu'' di Antonio Carella, ''La storia siamo noi'', ''Rai Tre'', 19 novembre 2007. (''[http://www.youtube.com/watch?v=9wemH4qg6rQ Link Youtube Parte 1]'')</ref>
*{{NDR|Su [[Evaristo Beccalossi]]}} Io non posso dimenticare una partita che era Inter-Slovan Bratislava. Io l'ho vista, chi l'ha vista sa di cosa sto parlando. A un certo punto l'arbitro diede un calcio di rigore all'Inter. Per chi s'intende di calcio, ma anche per chi non se ne intende, è facile capire la difficoltà per un giocatore, nella semifinale di Coppa Uefa, di tirare un calcio di rigore. Lui guardò tutto lo stadio negli occhi e disse: "Lo tiro io..." e io pensai con tutto lo stadio: questi sono gli uomini veri. Prese la palla e la mise sul dischetto del calcio di rigore. Lo fece con la sicurezza dell'uomo che non avrebbe mai e poi mai sbagliato. E sbagliò. E io pensai: per me resta un uomo. Ma quando cinque minuti dopo, e chi ha visto quella partita sa che non mento, ridiedero un calcio di rigore all'Inter, per chi s'intende di calcio, ma a questo punto anche per chi non se ne intende, è facile capire la difficoltà per un giocatore che ha appena sbagliato un calcio di rigore, di riassumersi la responsabilità di ritirarlo. Lui guardò tutto lo stadio negli occhi. E tutto lo stadio fece: "No, puttana Eva...". "Lo tiro io" E mise la palla sul dischetto del calcio di rigore con la sicurezza dell'uomo che non avrebbe risbagliato. E risbagliò. E io pensai: per me resta sempre un uomo. Un po' sfigato ma pur sempre un uomo.<ref>Citato in Beppe Di Corrado, ''[http://www.ilfoglio.it/ritratti/965 Non ci sono parole per Pirlo]'', ''Il Foglio.it'', 13 ottobre 2007.</ref>
*Io non so, però... vedete… io forse col tempo sto diventando più democratico, però ritengo che se qualcuno, soprattutto qualcuno che ci rappresenta, qualcuno che ha voce in capitolo, dice che la guerra è giusta… bene! Ci va lui! [...] Uno che dice "la guerra è giusta", bene, ti arruoli! Subito!<ref>Dallo spettacolo ''Il signor Rossi e la costituzione''.</ref>
*La cosa più importante che mi è capitata nella mia carriera di attore è stata quella di avere avuto la fortuna di incontrare grandi maestri. Parlo di Dario Fo, Giorgio Gaber, Carlo Cecchi, Enzo Jannacci e altri che mi hanno aiutato e guidato agli inizi. In questo mestiere gli incontri sono fondamentali. Avendo avuto io questa fortuna, ritengo che sia mio dovere, nei limiti del possibile, incontrare giovani attori, ascoltarli, cercare di scoprire se nelle cose che fanno ci sono i segni di qualcosa di utile, uno spunto per una crescita futura. Quando [[Giulio Cavalli]] mi ha inviato la prima bozza del suo Kabum! ho subito accettato di incontrarlo, e poi di occuparmi della supervisione artistica del suo spettacolo. Questo per diversi motivi. Intanto perché questo spettacolo è stato concepito con una tecnica – quella del gramelot – che mi ha riportato al tempo della mia collaborazione con Dario Fo, che di questa tecnica è l'indiscusso maestro. Poi perché Kabum! è un testo incentrato sulla memoria, come tanta parte del mio lavoro. Lavorare sulla memoria è uno dei compiti del teatro. Ricordare è un modo di cercare di immaginare il futuro, recuperare il passato anche per vedere il mondo con occhi diversi, lontano dall'omologazione di tanta TV di oggi. Perché oggi c'è l'Italia della televisione e c'è un'altra Italia, che non si arrende al rincoglionimento generale, come anche questo spettacolo di Giulio Cavalli dimostra. Per me dare una mano ai giovani significa anche fare il possibile per impedire che il teatro italiano perda un'intera generazione. Perché non c'è solo la censura dichiarata, esplicita. C'è anche la censura che deriva dai tagli governativi dei contributi alla cultura, che rischiano di azzerare le possibilità di crescita e di sperimentazione di una nuova generazione di attori e di autori.<ref>Citato in ''[http://www.teatronline.com/index.php?option=com_content&task=view&id=24&Itemid=31/ Kabum... Come un paio di possibilità]'', ''Bottega dei Maestri Teatrali'', 15 gennaio 2007.</ref>