Roberto Calasso: differenze tra le versioni

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*L'India comincia e finisce con qualcosa che solo all'inizio del Novecento – e per la via imprevista della [[logica]] – è diventato centrale anche in Occidente, quando vennero scoperti i paradossi della teoria degli insiemi. (p. 161)
*L'[[Io]] si sovrappone al Sé così perfettamente che può nasconderlo. Di fatto, è ciò che avvenne durante il corso della filosofia occidentale. Che non si preoccupò mai di dare un nome al Sé, ma scelse sempre come osservatorio l'Io, anche se così lo chiamò solo in epoca tarda, con [[Immanuel Kant|Kant]]. Prima, era l'indubitabile soggetto, la prima persona del ''Cogito'' di [[Cartesio|Descartes]]. Per Sanatkumāra, invece, l'Io è l'ostacolo più temibile, quello che può precludere per sempre l'accesso al Sé. (p. 167)
*Il ''Ṛgveda'', dopo tutto, può anche essere letto come l'esempio più grandioso e anche convincente – di [[poesia]] simbolista; mentre le [[Upaniṣad]], lo riconobbe subito [[Arthur Schopenhauer| Schopenhauer]], possono essere lette come un primo testo metafisico. Ma i [[Brāhmaṇa]] non erano né poesia né filosofia. (p. 189)
*La scuola dello [[Śukla Yajurveda|Yajur Veda Bianco]] si differenzia da quella dello [[Kṛṣṇa Yajurveda|Yajur Veda Nero]] innanzitutto perché separa nettamente i ''mantra'' – o «formule» in versi, spesso ricavate dal ''Ṛgveda'' – dalla parte di commento al rituale, che è in prosa. Non sappiamo né possiamo ricostruire quali motivi fossero all'origine di quella divaricazione. (p. 192)
*È indubbio comunque che nelle Upaniṣad si assiste a un tendenziale deprezzamento della [[conoscenza]] attraverso le opere e a una parallela esaltazione di una conoscenza scissa da ogni atto. È la prima gnosi, modello di ogni altra. Ma sarebbe ingenuo e incongruo pensare che agli autori dei Brahmana tale distinzione non fosse già chiara, quasi fossero superstiziosi artigiani liturgici, ignari di metafisica. (p. 196)