Claudio Pavone: differenze tra le versioni

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'''Claudio Pavone''' (1920 – vivente), storico e partigiano italiano.
== ''Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità dellanella Resistenza'' ==
* C'era nella parola partigiano un remoto significato di difesa della propria terra, a partire dalla guerra di indipendenza degli spagnoli contro Napoleone; ma c'era anche qualcosa di rosso – «à l'appel du grand Lénine se levaient les partisans» – che ne esaltava la componente aggressiva e irregolare, e che destava diffidenza fra i benpensanti. (Capitolo terzo, ''Le vie di una nuova istituzionalizzazione'', p. 148)
* L'interpretazione della lotta fra la Resistenza e la Repubblica sociale italiana come guerra civile ha incontrato da parte degli antifascisti, almeno fino a questi ultimissimi tempi, ostilità e reticenza, tanto che l'espressione ha finito con l'essere usata quasi soltanto dai vinti fascisti, che l'hanno provocatoriamente agitata contro i vincitori. La diffi­denza degli antifascisti ne è risultata accresciuta, alimentata dal timore che parlare di guerra civile conduca a confondere le due parti in lotta e ad appiattirle sotto un comune giudizio di condanna o di assolu­zione. In realtà mai come nella guerra civile, che Concetto Marchesi chiamò «la più feroce e sincera di tutte le guerre», le differenze fra i belligeranti sono tanto nette e irriducibili e gli odi tanto profondi. (Capitolo quinto, ''La guerra civile'', p. 221)
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* Gli uomini della brigata Gordini si dichiararono «pronti a impugnare dinuovo le armi in difesa degli interessi del popolo e della Democrazia italiana». [...] Più esplicitamente un partigiano ternano ha cura che la consegna delle armi agli inglesi avvenga nel modo più ordinato, cosl da mostrare che «in quell'occasione consegnavamo soltanto le armi, non certo la nostra capacità di organizzarci e armarci di nuovo»<ref>Testimonianza di Bruno Zenoni, in Portelli, Biografia di una città cit., p. 288.</ref>. (Capitolo ottavo, ''La politica e l'attesa del futuro'', p. 586)
* Alle esuberanze del combattentismo rosso si univano in effetti le diffidenze verso quello che rimaneva pur sempre uno Stato borghese, internazionalmente collocato nel campo imperialista. Qualche dubbio sulla piena legalità del dopo liberazione aveva serpeggiato anche nel gruppo dirigente comunista. [...] Diffidenze verso Roma, prive di spiccati segni ideologici, erano affiorate in campo azionista. [...] L'occultamento delle armi, «sotterfugio» autorizzato «sotto voce» da alcuni capi partigiani comunisti del Nord<ref>Quazza, Resistenza e storia d'Italia cit., p. 339.</ref>, fu il modo più immediato in cui si concretizzò la mescolanza di diffidenze e di speranze<ref>Quazza (ibid., p. 342), rinviando alle opere di Kogan e di Delzell, parla di una consegna delle armi avvenuta solo per il 60 per cento. La grande quantità di armi sequestrate dagli Alleati entro la fine di settembre – 215 000 fucili, 12 000 mitra, 5000 mitragliatrici, 760 bazooka, 12 autoblinde, 217 cannoni, ma solo 5000 pistole – è stata ritenuta un indice della forza raggiunta dalla Resistenza (Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi cit., I, pp. 89-90, che rinvia ai dati forniti da C. R. S. Harris, Allied Military Administration of Italy I943-45, H. M. Stationery Office, London 1957, p. 358). Le vicende del proprio parabello sono raccontate da L. Meneghello come indicative del clima del dopoguerra (Bau-sète cit., pp . 49-50). In alcune delle testimonianze raccolte da Portelli in ''Biografia di una città'' cit., al prudente silenzio dei primi anni si è sostituita la spavalda rivendicazione. Mario Filipponi parla ad esempio di «tonnellate» di armi nascoste e racconta di un segretario di federazione che diceva «non sarà oggi, sarà fra un anno, fra cinque, le armi dobbiamo prenderle in mano» (p. 299). Le punte più spinte delle reazioni all'attentato a Togliatti del 14 luglio 1948 – Genova, Piombino – vanno lette anche in questa chiave.</ref>. (Capitolo ottavo, ''La politica e l'attesa del futuro'', p. 587)
 
== ''L'eredità della guerra civile e il nuovo quadro istituzionale'' ==
* L'ostracismo dato fino a non molto tempo fa alla categoria di guerra civile applicata alla lotta fra Resistenza e Repubblica sociale discende, oltre che dall'orrore che la guerra fratricida di per sé suscita, dal fatto che la destra (intendo ovviamente la destra antifascista) doveva fare propria l'immagine di una Resistenza rassicurante, levigata ed esclusivamente patriottica e militare, che aveva saputo circoscrivere e alla fine espellere le infiltrazioni rosse; e che dal canto suo, la sinistra, per accreditarsi come la più schietta rappresentante dell'unità nazionale in nome del suo intransigente antifascismo, doveva rigettare sulla destra la responsabilità della frattura dell'unione di tutti i veri italiani. Destra e sinistra convergeranno dunque nella programmatica negazione ai fascisti della Rsi della qualità di italiani, indispensabile presupposto del carattere «civile» della guerra. (p. 10)
 
== Bibliografia ==
*Claudio Pavone, ''Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità dellanella Resistenza'', Torino, Bollati Boringhieri, 20061991.
*Claudio Pavone, ''L'eredità della guerra civile e il nuovo quadro istituzionale'', in AA.VV., ''Lezioni sull'Italia repubblicana'', Roma, Donzelli Editore, 1994, ISBN 8879890700.
 
==Note==
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