I fratelli Karamazov: differenze tra le versioni

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===Libro primo, ''Storia di una famiglia''===
*Ivan, dirò solo che divenne un adolescente un po' cupo e chiuso in se stesso, tutt'altro che timido, ma fin dai dieci anni profondamente consapevole. (cap. III, 1994, p. 20)
*Alëša [...] era solo un giovane altruista e, se intraprese la via del monastero, fu unicamente perchèperché a quel tempo essa sola l'aveva colpito e gli era apparsa, per così dire, la via ideale per staccarsi dalla tenebra della malvagità del mondo verso la luce dell'amore spirituale. (cap. IV, 1994, p. 25)
*Il famoso starets Zosìma [...] cui si era legato con tutto l'ardente amore di un cuore insaziato. (cap. IV, 1994, p. 25)
*Purtroppo questi giovani non comprendono che il sacrificio della vita è, in parecchi casi, forse il più facile dei sacrifici e che sacrificare, per esempio, cinque o sei anni della propria impetuosa giovinezza all'impervia fatica degli studi, alla scienza, anche solo per decuplicare in sé le forze per dedicarsi a quella verità o a quell'impresa che si vagheggia e che ci si prefigge di compiere, un tale sacrificio è, insomma, per molti di essi sovente quasi superiore alle loro forze. Alëša aveva scelto solo una via opposta a quella di tutti, ma con la stessa smania di un'azione immediata. (cap. V, 1994, p. 37)
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===Libro secondo, ''Una riunione fuori luogo''===
*Come tutte le persone [[Distrazione|distratte]], vi fissava a lungo, insistentemente, senza vedervi affatto. (cap. I, 1994, p. 48)
*Prego vivamente anche voi di non inquietarvi e di non sentirvi a disagio [...]. E soprattutto, non vergognatevi tanto di voi stesso, perchèperché è tutta lì la causa. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 61)
*Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie [[Bugia|menzogne]], arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 62)
*Vi è nel popolo un dolore muto e rassegnato, che si ritrae in sé e tace. Ma vi è anche un dolore lacerante; esso si scioglie in lacrime e, da quel momento, finisce in lamenti. [...] Un simile dolore non vuole conforto, si nutre del sentimento della propria inestinguibilità. (cap. III, 1994, p. 68)
*Con l'[[amore]] tutto si riscatta, si salva tutto. Se io, che sono un peccatore come te, mi sono commosso e ho avuto pietà di te, tanto più ne avrà Dio. [...] Va' e non temere. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 74)
*L'[[amore]] astratto brama gesta immediate, edificanti perchèperché tutti lo notino. Si giunge effettivamente anche al punto di sacrificare la vita purché non vada troppo per le lunghe e si concluda al più presto, come sulla scena, così che tutti vedano e plaudano. L'amore attivo è fatica e perseveranza. (Starets Zosìma: cap. IV, 1994, p. 82)
*Ma annientate nell'uomo la fede nella propria [[immortalità]], e non solo in lui si inaridirà di colpo l'amore, bensì qualsiasi forza vitale in grado di perpetuare la vita nel mondo. E non basta: allora non vi sarà più nulla di immorale e tutto sarà lecito, persino l'antropofagia. (cap. IV, 1994, p. 98)
*Perché non abbia a capire male: "Il delitto non solo deve essere lecito, ma persino riconosciuto come la più intelligente via d'uscita, la sola necessaria per ogni ateo!" È così o non è cosi? (Dmítrij: cap. VI, 1994, p. 98)
*Ma anche il [[Martiri|martire]] ama talora divertirsi con la propria disperazione, mosso quasi dalla disperazione stessa. (Starets Zosima: cap. VI, 1994, p. 99)
*"PerchèPerché vive un uomo simile?" ruggì cupo Dmítrij Fëdorovič, quasi fuori di sé dall'ira, sollevando a tal punto le spalle da parere addirittura gobbo. [...]<br />"Lo sentite, lo sentite, monaci, il parricida?" (cap. VI, 1994, p. 105)
*Forse cadde in gioventù, corrotta dall'ambiente, ma ella "ha molto amato" e a colei che aveva molto amato anche Cristo perdonò... (Fëdor Pávlovič: cap. VI, 1994, p. 105)
*Lo starets si alzò all'improvviso dal proprio posto [...] avanzò verso Dmítrij Fëdorovič e, quando gli fu vicinissimo, cadde in ginocchio dinanzi a lui. [...] Lo starets si prosternò ai piedi di Dmítrij Fëdorovič con un profondo, preciso e consapevole inchino e sfiorò persino la terra con la fronte. Alëša era così sbalordito che non ebbe neppure il tempo di sorreggerlo quando si rialzò. [...]<br />Dmítrij Fëdorovič restò per qualche istante come folgorato: prostrarsi ai suoi piedi – che cosa significava? Alla fine lanciò un grido: "Oh, mio Dio!" e, coprendosi il viso con le mani, si precipitò fuori della stanza. (cap. VI, 1994, p. 106)
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===Libro terzo, ''I lussuriosi''===
*Alëša "gli aveva trapassato il cuore" giacchègiacché "viveva, vedeva tutto e non condannava nulla". (cap. I, 1994, p. 133)
*Io vago e non so se sono precipitato nel fetore e nella vergogna o nella luce e nella gioia. Ecco dov'è la sventura poichèpoiché tutto nel mondo è un mistero! E quando mi avveniva di sprofondare nella più sordida depravazione [...] leggevo allora questi versi su Cerere. Riuscivano forse a redimermi? Mai! PerchèPerché io sono un Karamàzov. PerchèPerché, se precipito in un abisso, è a capofitto, con la testa in giù e i piedi in su, e sono anzi contento di esservi caduto in modo così degradante: lo considero bello. E proprio quando sono al fondo della vergogna, innalzo allora un inno. Che sia pure maledetto, vile, meschino purchèpurché possa baciare anch'io l'orlo della tunica in cui si avvolge il mio Dio. (Dimítrij: cap. III, 1994, p. 153)
*In tutti noi Karamàzov e anche in te, angelo, vive quell'insetto e scatena tempeste nel tuo sangue (Dimítrij: cap. III, 1994, p. 154)
*Quel che alla mente pare una vergogna, per il cuore non è che bellezza. (Dimítrij: cap. III, 1994, p. 154)
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*Agli occhi del mondo, ho commesso una sciocchezza, ma forse sarà proprio questa sciocchezza a salvarci tutti! (Mítja: cap. V, 1994, p. 166)
*"Eppure sono certo che lei ama proprio uno come te, e non come lui."<br />"Lei ama la propria virtù e non me" sfuggì detto involontariamente a Dmítrij Fëdorovič. (cap. V, 1994, p. 166)
*"Lo sai tu, innocente ragazzo, che questo è un delirio, un delirio inconcepibile, perchèperché qui è in atto una tragedia? Sappi, Alekséj, che posso essere un uomo abietto, con passioni vili e rovinose, ma un ladro no [...] Dmítrij Karamàzov non lo sarà mai! E invece ora sappi che lo sono. (Mítja: cap. V, 1994, p. 169)
*"Katerìna Ivànovna comprenderà" disse a un tratto Alëša in tono grave "comprenderà tutta la profondità del tuo dolore e si rassegnerà. È intelligentissima, e poi non si può essere più infelici di te, e lei lo capirà." (Alëša: cap. V, 1994, p. 170)
*Dio conosce il mio cuore e vede tutta la mia disperazione. Vede tutto. È mai possibile che permetta che si compia un simile orrore? Alëša, io credo in un [[miracolo]], va'! (Mítja: cap. V, 1994, p. 173)
*Di contemplatori fra il popolo ve ne sono parecchi. E uno di questi era certamente Smerdjakòv: anche lui accumulava avidamente sensazioni, senza sapere ancora bene perchèperché. (cap. VI, 1994, p. 180)
*Ma se in quel medesimo istante io avessi provato a farlo e avessi gridato a bella posta alla montagna: "Annienta questi torturatori", ed essa non si fosse mossa, allora, dite un po', come avrei potuto non dubitare, e per di più in un'ora così spaventosa, di paura mortale? A parte questo so già che non riuscirò a guadagnarmi il Regno dei Cieli (giacchègiacché se la montagna non si è mossa alle mie parole, significa che non devono credere troppo lassù alla mia [[fede]] e non mi attende perciò una gran ricompensa nell'aldilà). (cap. VII, 1994, p. 187)
*"Dio esiste o no? Una volta per tutte!"<br />"Una volta per tutte, no!"<br />"E chi si prende gioco degli uomini, Ivàn?"<br />"Dev'essere il diavolo" ridacchiò Ivàn. (cap. VIII, 1994, p. 191)
*Poi si era coperto il viso con le mani, si era accasciato sulla sedia come falciato e aveva preso a tremare tutto, in un accesso di pianto improvviso, sommesso, convulso. La sua singolare affinità con la madre fu la cosa che impressionò di più il vecchio.<br/> "Ivàn, Ivàn! Dagli dell'acqua, presto! Come lei, esattamente come lei, come sua madre allora! [...] È per sua madre, per sua madre..." borbottava, rivolto a Ivàn.<br/> "Ma sua madre era anche la mia; credo, che ne pensate?" sbottò a un tratto Ivàn, non controllando l'ira e il disprezzo. Il vecchio trasalì di fronte al suo sguardo scintillante. E a questo punto avvenne qualcosa di assai strano: fu solo per un istante, in verità, ma sembrò realmente che al vecchio fosse sfuggito di mente che la madre di Alësa era anche la madre di Ivàn. (cap. VIII, 1994, pp. 195-196)
*Dmítrij, uscendo, gli lanciò uno sguardo carico d'odio. "Non mi pento del tuo sangue!" gridò "stà attento vecchio e proteggi il tuo sogno perchèperché ho un sogno anch'io!" (Mítja: cap. IX, 1994, p. 198)
*Uno dei due rettili divorerà l'altro, è inevitabile! (Ivàn: cap. IX, 1994, p. 199)
*"[...] è mai possibile che ogni uomo, guardando gli altri, abbia il diritto di decidere chi di loro è degno di vivere e chi non lo è? [...] Questo problema viene risolto il più delle volte dal cuore umano non sulla base dei meriti, ma su quella di altre cause assai più naturali. Quanto al diritto, chi non ha il diritto di desiderare?"<br />"Non la morte di una altro, tuttavia"<br />"E perchèperché no? A che pro mentire a se stessi?" (cap. IX, 1994, p. 202)
*Del resto, si doveva ammettere che qui l'infelice, colui che appariva veramente, terribilmente infelice era solo suo fratello Dmítrij: l'attendeva senz'altro una sciagura. (cap. X, 1994, p. 203)
*Si vergogni pure con tutti quanti, anche con se stesso, ma non con me! (Katerìna Ivànovna: cap. X, 1994, p. 208)
 
===Libro quarto, ''Gli strazi''===
*Noi non siamo più santi della gente del mondo perchèperché siamo venuti qui e ci siamo chiusi fra queste mura, ma anzi chiunque è venuto qui, già per il fatto di esserci venuto, ha riconosciuto in se stesso di essere peggiore della gente del mondo e di ogni uomo sulla Terra... E quanto più a lungo vivrà un [[monachesimo|monaco]] fra le sue quattro mura, tanto più profondamente dovrà rendersene conto. (Starets Zosima: cap. I, 1994, p. 230)
*GiacchèGiacché sappiate, miei cari, che ciascuno di noi è colpevole di tutto e per tutti sulla Terra, questo è indubbio [...] ciascuno individualmente, per tutti gli uomini e per ogni uomo sulla Terra. Questa consapevolezza è il coronamento della vita di un monaco e anzi di ogni uomo sulla Terra. (Starets Zosima: cap. I, 1994, p. 230)
*E Ivàn non lo riconosco proprio come figlio mio. Da dove sarà venuto? È di una razza completamente diversa dalla nostra. [...] Quanto a Mìt'ka, l'annienterò come uno scarafaggio. [...] Il tuo Mìt'ka, perchèperché tu gli vuoi bene. Tu lo ami, ma non è questo che mi fa paura. Se invece fosse Ivàn a volergli bene, ne avrei paura. Ma Ivàn non ama nessuno. (Fëdor Pávlovič: cap. II, 1994, p. 245)
*Katerìna Ivànovna amava suo fratello Ivàn, ma ingannava volutamente se stessa solo per gioco, per il piacere di "straziarsi", e si costringeva ad amare Dmítrij per un senso di gratitudine. (cap. V, 1994, p. 261)
*Alëša sentiva che un carattere come quello di Katerìna Ivànovna aveva bisogno di dominare e che poteva riuscirvi solo con un uomo come Dmítrij e non certo con uno come Ivàn. PoichèPoiché solo Dmítrij (sia pure col tempo) avrebbe potuto finire con il sottomettersi a lei. (cap. V, 1994, p. 261)
*Un'altra avrebbe avuto torto, ma voi avete ragione. Non so come motivare la mia opinione, ma vedo che siete sincera in sommo grado e perciò avete ragione. (Ivàn: cap. V, 1994, p. 265)
*Ma sappiate, Katerìna Ivànovna, che davvero amate solo lui. E più vi offenderà, più lo amerete. E questo è appunto il vostro strazio. Voi l'amate proprio così com'è, l'amate perchèperché vi offende. Se si ravvedesse, subito l'abbandonereste e smettereste di amarlo. Ma lui vi è necessario per poter contemplare continuamente il vostro eroico atto di [[fedeltà]] e rinfacciare a lui la sua infedeltà. E tutto ciò per [[orgoglio]]. Oh, vi svilite, vi fate umiliare, ma sempre per orgoglio... Sono troppo giovane e vi ho amato troppo. (Ivàn: cap. V, 1994, p. 268)
*Non è per fare dei confronti batjuska. Chi [[amore|ama]] non fa distinzioni. (cap. VI, 1994, p. 281)
 
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*Se non avesse calpestato quel denaro e l'avesse invece accettato, una volta a casa, dopo nemmeno un'ora avrebbe preso a piangere sulla sua umiliazione [...]. Avrebbe pianto e l'indomani sarebbe venuto magari da me appena giorno e forse me li avrebbe gettati in faccia quei due biglietti e li avrebbe calpestati come ha fatto poc'anzi. Ora invece se n'è andato tutto fiero e trionfante, pur sapendo di "essersi rovinato". Quindi, adesso, non c'è niente di più facile che persuaderlo ad accettare quei duecento rubli [...]. Pur sentendosi fiero, comincerà già da oggi a pensare all'aiuto di cui si è privato. E questa notte vi penserà ancora più intensamente, lo sognerà, e domattina, magari, sarò pronto a correre da me a chiedermi scusa. A quel punto comparirò io: "Siete un uomo fiero" gli dirò "l'avete dimostrato, ma ora accettate perdonateci". (Alëša: cap. I, 1994, p. 300)
*Vedete, non mi so esprimere, ma chi si pone certe domande è capace di soffrire. (Alëša: cap. I, 1994, p. 303)
*"PerchèPerché sospettate vostra madre di una simile bassezza?"<br />"Di una bassezza? Quale bassezza? Ascoltare dietro la porta della figlia è un suo diritto e non una bassezza" (Lise: cap. I, 1994, p. 304-305)
*"I miei fratelli si perdono, e anche mio padre. E perdono anche gli altri con loro. È la "forza terrena dei Karamàzov" [...]. Non so neppure se si effonda lo spirito di Dio in questa forza. So soltanto che anch'io sono un Karamàzov. (Alëša: cap. I, 1994, p. 306)
*Nostro fratello Dmítrij dice di te: Ivàn è una tomba. Mentre io dico: Ivàn è un'enigma. (Alëša: cap. III, 1994, p. 318)
*In parte è una caratteristica dei Karamàzov questa sete di vita a qualunque costo. (Ivàn: cap. III, 1994, p. 319)
*Si ha voglia di vivere, e io vivo, anche a dispetto della logica. Posso magari non credere nell'ordine delle cose, ma le foglioline vischiose che spuntano a primavera mi sono care, mi è caro il cielo azzurro e mi sono care certe persone, che a volte – lo crederesti? – non si sa neppure perchèperché si amino, e mi sono care certe conquiste umane, nelle quali, forse, ho smesso di credereda un pezzo. (Ivàn: cap. III, 1994, p. 319)
*Ogni pietra su di loro è come se testimoniasse di un passato così intensto, di una dedizione così appassionata alla propria impresa, alla propria fede, alla propria battaglia e al proprio sapere che io, lo so già fin da ora, mi getterò in ginocchio e bacerò quelle pietre, piangendo. (Ivàn: cap. III, 1994, p. 320)
*"Credo che tutti dovrebbero amare la vita prima di ogni altra cosa al mondo."<br />"Amare la vita più del senso della vita?"<br />"Proprio così: amarla prima della logica, come dici tu, assolutamente prima di ogni logica, e solo allora se ne afferrerà sil senso." (cap. III, 1994, p. 320)
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*"E che ne sarà di Dmítrij e del babbo? Come finirà tra loro?" disse Alëša allarmato.<br />"Ancora con questa litania! E io che c'entro? Sono forse il custode di mio fratello Dmítrij?" tagliò corto Ivàn irritato, ma poi sorrise con una certa amarezza. "È la risposta di Caino a Dio sul fratello ucciso, eh? Ci stavi pensando in questo momento, vero?" (cap. III, 1994, p. 321)
*"Dio solo sa quanto tempo ci resta ancora prima della partenza! Un'eternità, una vera [[eternità]]!"<br />"Ma come un'eternità, se parti domani?"<br />"E a noi che importa?" (cap. III, 1994, p. 323)
*PerchèPerché in questi tre mesi mi guardavi come in attesa? Per arrivare a chiedermi: "Qual è la tua fede o non ne hai affatto?" (Ivàn: cap. III, 1994, p. 324)
*Voglio intendermi con te, Alëša, perchèperché non ho amici, e voglio provare. (Ivàn: cap. III, 1994, p. 325)
*Io, colombello, ho stablito che se non riesco a comprendere questo, tanto meno posso comprendere la questione di Dio. Riconosco umilmente di non avere nessuna inclinazione alla risoluzione di simili problemi: io ho una mente euclidea, terrestre; come si possono dunque risolvere problemi che non sono di questo mondo? (Ivàn: cap. III, 1994, p. 326)
*E figurati un po' che, in definitiva, questo mondo di Dio io non l'accetto, e pur sapendo che esiste, non lo ammetto affatto. Non è che non accetti Dio, intendimi: è il mondo creato da Dio che non accetto e che non posso rassegnarmi ad accettare. Mi spiego: sono convinto allo stesso modo di un bimbo che le sofferenze saranno sanate e mitigate, che la degradante commedia delle contraddizioni umane scomparirà come un triste miraggio [...], che da ultimo, nello scenario finale, nel momento dell'eterna armonia, vi sarà, si rivelerà qualcosa di così unico che basterà a colmare tutti i cuori, a placare tutto lo sdegno, a riscattare tutti i misfatti degli uomini, tutto il sangue da loro versato, e basterà perchèperché sia possibile non solo perdonare, ma anche giustificare tutto quello che c'è stato. E che avvenga, pure; ma io non l'accetterò mai, nn voglio accettarlo! (Ivàn: cap. III, 1994, p. 327)
*"Fratellino mio, non voglio traviarti, sconvolgere le tue categorie: forse vorrei solo che la tua vicinanza mi guarisse" sorrise a un tratto Ivàn, proprio come un bambino piccolo e fragile. Alëša non gli aveva mai visto un simile sorriso. (cap. III, 1994, p. 328)
*È appunto chi ti sta vicino che, secondo me, è impossibile [[amore|amare]]; chi è lontano forse sì. [...] Per amare un uomo occorre che questi si celi alla nostra vista: non appena mostra il suo viso l'amore svanisce. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 328)
*Per me, l'amore di [[Gesù|Cristo]] per gli uomini è, nel suo genere, un miracolo impossibile sulla Terra. È vero che lui era Dio. Noi però non siamo dei. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 329)
*I bimbi non hanno mangiato nulla e non sono ancora colpevoli di nulla. Ami i bambini Alëša? Lo so che li ami, e capirai perchèperché voglio parlare solo di loro. Se sulla Terra soffrono anch'essi terribilmente è certo per i loro padri, sono puniti per i loro padri che hanno mangiato il frutto proibito: ma questo è un ragionamento dell'altro mondo, incomprensibile per il cuore dell'uomo quaggiù sulla Terra. Non si può far soffrire un innocente a causa di un altro. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 330)
*Si sente infatti parlare a volte di [[crudeltà]] "belluina" dell'uomo, ma è profondamente ingiusto e offensivo per le belve: una belva non potrebbe mai essere crudele quanto un uomo, così artisticamente e raffinatamente crudele. Una tigre morde, sbrana e non sa fare nient'altro. Non le verrebbe mai in mente di inchiodare gli uomini per gli orecchi per tutta una notte, neppure se fosse in grado di farlo. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 331)
*Io credo che se il [[diavolo]] non esiste, e quindi è stato creato dall'uomo, questi lo ha creato a sua immagine e somiglianza. (Ivàn: cap. IV, 1993, p. 320)
*"E che dovevano fargli? Fucilarlo? Fucilarlo per soddisfare un senso morale? Parla, Aleska!"<br />"Si, fucilarlo!" disse piano Alëša, alzando gli occhi e guardando il fratello con un sorriso strano, sitracchiato.<br />"Bravo!" urlò Ivàn entusiasta. "Se lo dici tu, allora... Ma guarda un po' l'asceta! Anche tu, dunque, hai un piccolo demone nel cuore, Aleska Karamàzov!" (cap. IV, 1994, p. 338)
*"Ho detto una sciocchezza, ma..."<br />"Proprio così! Ma, ma..." gridò Ivàn. "Sappi, novizio, che le sciocchezze sono più che necessarie sulla Terra. Sulle sciocchezze è basato il mondo e, forse senza di esse, nel mondo, non sarebbe mai accaduto nulla. So quel che dico" (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 338)
*Confesso con grande avvilimento che non comprendo proprio perchèperché tutto sia stato concepito a questo modo. Gli uomini stessi devono esserne colpevoli [...]. Non sono dunque da compiangere. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 339)
*Oh, secondo la mia misera mente terrena, euclidea, so soltanto che la [[sofferenza]] esiste, ma che non vi sono colpevoli, che ogni cosa deriva semplicemente e direttamente da un'altra, che tutto scorre e si equilibra, però non sono che scempiaggini euclidee, lo so bene, e non potrò mai rassegnarmi a vivere in base a esse! Che mi importa che non vi siano colpevoli e che io lo sappia: ho bisogno di una nemesi, altrimenti mi distruggerò. E di una nemesi non nell'infinito, chissà dove e chissà quando, ma qui, sulla Terra, che la possa vedere anch'io. Io ho creduto e voglio vedere, e se allora sarò già morto, che mi resuscitino, perchèperché se tutto avvenisse senza di me sarebbe troppo avvilente. Non ho certo sofferto per concimare con le mie pene e le mie malefatte un'armonia futura a favore di qualcuno. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 339)
*E quando la madre abbraccerà il carnefice che le ha fatto straziare il figlio dai cani e tutti e tre proclameranno fra le lacrime: "Tu sei giusto, o Signore!", allora sarà certo l'apoteosi di ogni conoscenza e tutto sarà spiegato. [...] Vedi, Alëša, forse se vivrò fino a quel momento o risorgerò per vederlo, avverrà davvero che guardando la madre che abbraccerà il carnefice della sua creatura anch'io esclami con gli altri: "Tu sei giusto, o Signore!". Ma io non lo voglio esclamare. [...] Questa suprema armonia. Essa non vale neppure una lacrima di quella bimba straziata [...]. Non le vale perchèperché quelle lacrime non troveranno riscatto. Devono essere riscattate, altrimenti non vi può essere armonia alcuna. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 340)
*È forse possibile? Saranno poi davvero vendicate? Ma che importa vendicarle, che importa l'inferno per i carnefici, a che cosa può rimediare l'inferno quando i bambini sono già stati sviziati? E che armonia vi è mai, se c'è l'inferno? (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 341)
*E se le sofferenze dei bambini saranno servite a completare quella somma di sofferenze che era necessaria a riscattare la verità, io dichiaro subito che tutta la verità non vale un simile prezzo. Non voglio, infine, che la madre abbracci il carnefice che ha fatto dilaniare suo figlio dai cani! Non deve perdonarlo! Se vuole, che lo perdoni per sé, che lo perdoni per il suo infinito dolore di madre; ma le sofferenze del suo bimbo straziato lei non ha il diritto di perdonargliele [...]. Ma se è così, se non si dovrà perdonare, che ne è dell'armonia? [...] Non voglio l'armonia, è per amore dell'umanità che non la voglio. (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 341)
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*Io ti dico che non vi è per l'uomo affanno più grande che quello di trovare al più presto qualcuno a cui rendere il dono della libertà che quell'infelice ha avuto nascendo. Ma si impossessa della libertà degli uomini solo chi pacifica la loro coscienza. (Ivàn: cap. V, 1994, p. 354)
*Il segreto dell'esistenza umana non sta solo nel [[Vita|vivere]], ma in ciò per cui si vive. Senza sapere con certezza per che cosa vive, l'uomo non accetterà di vivere e si sopprimerà pur di non restare sulla Terra, se anche intorno a lui non vi fossero che pani. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 355)
*Esclameranno infine che la verità non è in te, perchèperché non si poteva lasciarli più in preda di ansie e di tormenti di quanto tu hai fatto, dando loro tanti affanni e problemi insolubili. In tal modo fosti tu a porre le basi per la rovina del tuo regno e non attribuire quindi la colpa più a nessuno. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 355)
*Vi sono tre forze, tre sole forze sulla Terra in grado di vincere e incatenare per sempre la coscienza di questi esseri miseri e ribelli, per garantire loro la [[felicità]]: il miracolo, il mistero e l'autorità. Tu rifiutasti la prima, la seconda e la terza, dando così l'esempio. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 356)
*È mai possibile che tu abbia supposto [...] che, seguendoti, anche l'uomo sarebbe rimasto con Dio, senza bisogno di miracoli! Ma tu non sapevi che non appena l'uomo avesse rinnegato il [[miracolo]] avrebbe rinnegato anche Dio poichèpoiché l'uomo non cerca tanto Dio quanto i miracoli. E, non avendo la forza di rinunciare ai miracoli, l'uomo si creerà nuovi miracoli, suoi propri, e si inchinerà ai prodigi di un guaritore e alle stregonerie di una fattucchiera. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 356)
*Tu non scendesti dalla [[croce]] quando, per schernirti e per deriderti, ti gridavano: "Scendi dalla croce e allora crederemo che sei tu". Tu non scendesti perchèperché ancora una volta non volesti rendere schiavo l'uomo con un miracolo e bramavi una fede libera, non fondata sul miracolo. Bramavi un amore libero e non il servile fervore di uno schiavo dinanzi al potente che l'atterisce per sempre. Ma anche qui tu hai tenuto troppo in conto gli uomini poichèpoiché essi sono di certo degli schiavi. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, pp. 356-357)
*Ti giuro, l'uomo è stato creato più debole e più vile di quanto tu pensassi! Può forse eguagliarti in ciò che hai fatto? Stimandolo tanto, hai agito come se cessassi di averne compassione perchèperché troppo hai preteso da lui, e chi ha fatto questo: Colui che l'amava più di se stesso! Se lo avessi stimato di meno, avresti preteso anche meno da lui, perchèperché più lieve sarebbe stato il suo fardello. (Ivàn: cap. V, 1994, p. 357)
*E così inquietudine, sgomento e infelicità sono l'attuale sorte degli uomini dopo che tu hai sofferto tanto per la loro libertà! (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 357)
*E che colpa hanno tutti gli altri, i deboli, se non hanno saputo sopportare quello che i forti hanno sopportato? Di che cosa è colpevole un'anima debole se non ha la forza di accogliere doni così terribili? Possibile che tu sia venuto davvero solo agli eletti e per gli eletti? (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 358)
*Abbiamo corretto la tua opera, fondandola sul ''miracolo'', sul ''mistero'' e sull' ''autorità''. E gli uomini si sono rallegrati di essere guidati di nuovo come un gregge e di vedere il loro cuore finalmente liberato da un dono tanto terribile che aveva arrecato loro tanti tormenti. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 358)
*Tu sei orgoglioso dei tuoi eletti, ma tu non hai che eletti, mentre noi porteremo la serenità a tutti. E ancora: quanti di quegli eletti e di quei forti che avrebbero potuto diventarlo si sono stancati infine di attenderti e hanno portato e porteranno le forze del loro spirito e l'ardore del loro cuore in un altro campo e finiranno per innalzare proprio contro di te la loro ''libera'' bandiera! (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 360)
*Oh, noi li convinceremo che saranno liberi soltanto quando rinunceranno alla loro libertà in nostro favore e si assoggetteranno a noi. Ebbene, avremo ragione o mentiremo? Essi stessi si persuaderanno che abbiamo ragione perchèperché rammenteranno a quale orrenda schiavitù e a quale orrendo turbamento li avesse condotti la tua libertà. La libertà, il libero pensiero e la scienza li condurranno in tali labirinti [...] che alcuni di loro, indocili e violenti, so distruggeranno da sé, mentre altri, indocili ma deboli, si stermineranno fra loro, e gli ultimi rimasti, deboli e infelici, strisceranno ai nostri piedi e ci grideranno: "Sì, avevate ragione [...] salvateci da noi stessi". (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 360)
*Noi li convinceremo infine a non insuperbirsi giacchègiacché tu, innalzandoli, hai insegnato loro a insuperbirsi. [...] Oh, concederemo loro anche il peccato perchèperché sono deboli e fragili e ci ameranno come bambini perchèperché permettermo loro di peccare. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 361)
*Ma allora io mi alzerò e ti mostrerò i miliardi di creature felici che non hanno conosciuto il peccato. E noi, che per la loro felicità ci saremo fatti carico dei loro peccati, ci alzeremo dinanzi a te e ti diremo: "Giudicaci, se puoi e se osi". Sappi che io non ti temo. Sappi che anch'io sono stato nel deserto e mi sono cibato di cavallette e di radici, e anch'io benedicevo la libertà [...]. Ma tornai in me e non volli servire la causa della tua follia. [...] Mi allontanai dai superbi e tornai agli umili, per la felicità di quegli umili. (Ivàn/Il grande inquisitore: cap. V, 1994, p. 363)
*"Non hanno né tutta questa intelligenza, né tutti questi misteri e sgreti... Forse non hanno che il loro [[ateismo]]: ecco qual è tutto il loro segreto. Il tuo inquisitore non crede in Dio: ecco il suo unico segreto!"<br />"E se anche fosse così? Hai indovinato finalmente! È davvero così, è tutto qui il suo segreto; ma non è forse una sofferenza, almeno per un uomo come lui che ha sacrificato la vita intera nel deserto a una causa e non è riuscito a guarire dal suo amore per l'umanità?" (Ivàn: cap. V, 1994, p. 365)
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*Sappi che davvero ognuno è colpevole dinanzi a tutti, per tutti e di tutto. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 400)
*Ogni filo d'erba, ogni scarabeo, ogni formica, ogni piccola ape dorata conosce stupendamente il suo cammino e, pur non avendo l'intelligenza, testimonia il mistero divino, che si esprime in essi in ogni istante. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 409)
*Tutto è bello, magnifico, perchèperché tutto è [[verità]]. Guarda il cavallo, quel nobile animale che vive accanto all'uomo, o il bue, che lo nutre e lavora per lui, curvo e pensoso; guarda i loro musi: quanta mitezza, quanta dedizione verso chi spesso li batte senza pietà, quanta benevolenza, e fiducia e bellezza nei loro tratti! Ed è commovente pensare che non hanno alcun peccato; infatti tutto è perfetto, tutto è innocente, tranne l'uomo. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 409)
*Ecco che per la prima volta nella mia vita ho agito sinceramente, e subito per voi sono diventato una specie di idiota: anche se mi amate, non potete fare a meno di ridere di me. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 418)
*Nel suo isolamento accumula ricchezze e pensa: come sono forte adesso, e sicuro! E non sa, il folle, che quanto più accumula tanto più affonda in un'impotenza suicida. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 422)
*Voglio soffrire. Accetterò la sofferenza e comincerò a vivere. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 428)
*L'uomo ama vedere la caduta del giusto e il suo disonore. (Starets Zosima: cap. II, 1994, p. 434)
*Il mondo dice: "Hai dei bisogni, e allora appagali [...]. Non temere di appagarli, anzi incrementali". Ecco quel che predica oggi il mondo. Ma che cosa provoca questo incrementare i propri bisogni? Nei ricchi la 'solitudine' e il suicidio morale; nei poveri l'invidia e l'omicidio, perchèperché i diritti sono stati concessi, ma i mezzi per appagare i propri bisogni non li hanno ancora indicati. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 435)
*Vivono così solo nell'invidia reciproca, nella dissolutezza e nell'ostentazione. Banchetti, viaggi, carrozze, gradi e servitù sono ritenuti ormai una necessità, per appagare la quale si sacrificano anche la vita, l'onore e l'amore [...], mentre i poveri affogano per ora i bisogni e l'invidia nell'ebbrezza. Ma presto, anzichèanziché di vino, si inebrieranno di sangue, a questo li condurranno. Io vi chiedo: è libero un uomo simile? [...] Non vi è da stupirsi se l'umanità, invece della libertà, abbia trovato la schiavitù. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 435-436)
*Amate gli [[animali]] [...]. Non inquietateli, non tormentateli, non togliete loro la gioia: non opponetevi all'intenzione di Dio. [[Uomo]], non porti al di sopra degli animali: essi sono senza peccato mentre tu, nella tua grandezza, guasti la Terra al tuo solo apparire lasciando dietro di te la tua lurida traccia. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 443)
*Certe volte, specialmente davanti ai peccati degli uomini, ti sentirai perplesso e ti chiederai: "Devo ricorrere alla forza o all'umiltà e all'amore?". Decidi sempre di ricorrere all'umiltà e all'amore. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 444)
*GiacchèGiacché si deve amare non per un istante, fortuitamente, ma sino alla fine. Di amare fortuitamente tutti sono capaci: anche i malvagi. Il mio giovane fratello chiedeva perdono agli uccellini; può apparire assurdo, ma è giusto, perchèperché tutto è come l'oceano, tutto scorre e s'incontra: tocchi in un punto e il tuo gesto si ripercuote agli antipodi della Terra. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 444)
*Figli miei, rifuggite dall'avvilimento! Vi è un unico mezzo per salvarsi: assumere su di sé tutti i peccati umani e rendersene responsabili. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 445)
*Ci è stata donata la segreta, misteriosa sensazione del nostro vivo legame con un altro mondo. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 446)
*Ricorda soprattutto che non puoi essere giudice di nessuno. PerchèPerché non vi può essere sulla Terra nessuno che giudichi un criminale se prima non abbia riconosciuto di essere egli stesso un criminale come chi gli sta dinanzi, e di essere forse il maggior colpevole del delitto da questi commesso. [...] PerchèPerché se io fossi giusto, forse non vi sarebbe neppure il criminale dinanzi a me. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 446)
*Se la notte, sul punto di assopirti, ti viene in mente di non aver fatto ciò che avresti dovuto, non indugiare: alzati e fallo. Se intorno a te vi sono persone adirate e insensibili che non vogliono prestarti ascolto, inginocchiati dinanzi a loro e chiedi perdono, poichèpoiché in verità la colpa è anche tua se non vogliono ascoltarti. (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 447)
*Padri e maestri, mi chiedo: "Che cos'è l'inferno?". Ed è così che lo definisco: "La sofferenza di non poter più amare". (Starets Zosima: cap. III, 1994, p. 448)
 
===Libro settimo, ''Alëša''===
*Non intendo chiedere perdono per lui, e scusare o giustificare l'ingenuità della sua fede con la sua giovane età [...], ma faccio, anzi, l'opposto e dichiaro fermamente di provare il più sincero rispetto per la natura del suo cuore. (cap. II, 1994, p. 473)
*Fa più onore l'abbandonarsi a un'infatuazione magari irragionevole, ma scaturita da un grande amore, che il non cedervi affatto. Tanto più nella giovinezza, poichèpoiché un giovane troppo e sempre giudizioso non può che essere sospetto e non deve valere un granché. (cap. II, 1994, p. 473)
*Sono lieto che il mio ragazzo in un momento simile non abbia mostrato troppo giudizio perchèperché per il giudizio vi è sempre tempo, se non si è sciocchi; quando verrà mai, invece, l'amore, se neppure in una circostanza così eccezionale si manifesta nel cuore di un giovane? (cap. II, 1994, p. 475)
*Io non mi ribello a Dio, solo "non accetto il suo mondo". (Alëša: cap. II, 1994, p. 477)
*Voleva vendicarsi, assistendo cioè al "disonore di un giusto" e alla probabile caduta di Alesa "dalla santità nel peccato", il che lo inebriava già. (Alëša: cap. II, 1994, p. 479)
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*"Lo capisci o no?"<br/>"No, non capisco" disse Alëša.<br/>Egli guardava Mítja con curiosità e lo ascoltava.<br/>"Neanch'io capisco. È oscuro e vago, però è intelligente. (cap. IV, 1994, p. 815)
*Trovano una "giustificazione civile" per ogni bassezza! (Mítja: cap. IV, 1994, 816)
*Si può far rinascere, far risorgere in quel forzato un cuore che si era fermato; si può curarlo per anni e far uscire dalla tana alla luce un'anima nobile, una coscienza sofferta: far rinascere l'angelo, resuscitare l'eroe! E ce ne sono molti di loro, a centinaia, e noi tutti siamo colpevoli per loro! PerchèPerché ho sognato il "piccinin" in un momento simile? "PerchèPerché il piccinin è povero?" Ho avuto allora quella profezia! Io andrò laggiù per il "piccinin". Perché tutti sono colpevoli per tutti. Per tutti i "piccinini", perché ci sono bambini piccoli e bambini grandi. Sono tutti "piccinini". Per tutti loro io andrò, perché qualcuno ci deve andare per tutti. (cap. IV, 1994, p. 818)
*Oh sì, saremo incatenati e non avremo libertà, ma allora, nel nostro grande dolore, risorgeremo di nuovo alla gioia senza la quale l'uomo non può vivere, né Dio esistere, poiché Dio dà gioia [...]. Non può esistere il forzato senza Dio [...]. E allora noi, uomini del sottosuolo, intoneremo nelle viscere della terra un tragico inno a Dio che dà la gioia! (cap. IV, 1994, p. 819)
*E cos'è poi la [[sofferenza]]? Non la temo, anche se fosse senza fine. Ora non la temo, prima la temevo. [...] E mi sembra che in me ci sia tanta di questa forza, ora, da vincere tutto, tutte le sofferenze, pur di potermi dire ogni momento: io sono! Tra mille tormenti, io sono; mi contorcerò sotto la tortura, ma io sono! Alla gogna, ma anch'io esisto, vedo il sole e se non lo vedo so che c'è. E sapere che c'è il sole è già tutta una vita Alëša, mio cherubino; le filosofie mi uccidono, che il diavolo se le porti via! (Mítja: cap. IV, 1994, p. 819)