Gianni Amelio: differenze tra le versioni

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{{Intestazione|''L'Unità'', a cura di Dario Zonta, 24 agosto 2004}}
*Il tema del rapporto tra generazioni ha sempre avuto, nei miei film, uno sfondo sociale discreto ma importante. ''[[Il ladro di bambini]]'' non è solo la storia di un carabiniere che accompagna il ritratto in filigrana di un'Italia allo sbando. Dietro ''[[Porte aperte]]'' non c'è solo il rovello di un giudice, ma gli interrogativi sul presente e su quanto valga e pesi l'intolleranza nei rapporti civili. E in ''[[Colpire al cuore]]'' il terrorismo mette in atto il tema edipico tra padre e figlio.
*Inconsciamente ho cercato la scusa per uscire dall'[[Italia]]. Così come l'ho cercata, a ben vedere, con ''[[Lamerica]] e con ''[[Così ridevano]]'', che erano una fuga dall'Italia per raccontarla a distanza, non avendo il coraggio e la forza di descriverla "a tu per tu", per quanti problemi ha oggi.
*In ''[[Nati due volte]]'' non c'è solo un'indagine letteraria, ma soprattutto una difficilissima elaborazione psicologica. Non a caso [[Giuseppe Pontiggia|Pontiggia]] scrive questo suo ultimo romanzo in tarda età, quando il figlio è già adulto. Immagino che non abbia trovato la forza e i mezzi letterari per scriverlo prima. Che diritto ho di saccheggiare questo bagaglio? Se Pontiggia è l'uomo che sapeva tutto, io sono l'uomo che non sa, o non sapeva nulla. Mi sembrava un atto di presunzione mettermi nei suoi panni. Per questo ho tolto la dicitura di un film tratto da. Guai se la materia non diventa mia, guai se l'elemento biografico dello scrittore non diventa l'elemento biografico mio. Io lavoro sulla mia pelle, Pontiggia pure. Si trattava di trovare la mia pelle e non lavorare su quella di un altro.
*Gli [[attori]], anche non professionisti e anche i bambini, danno tutto nei primi quattro ciak.
 
{{Intestazione|''Il secolo XIX'', a cura di Silvia Neonato, 3 ottobre 2004}}
*{{NDR|Riferendosi al "vizio del [[cinema]]"}} L'impossibilità di stare senza girare un film. Quella voglia che ti spinge a ricominciare a girare, appena hai finito, dimenticando i problemi e le fatiche del film precedente. Perché fare il regista è un mestiere faticoso persino fisicamente: sul set io non sto un attimo fermo, sposto gli oggetti, seguo gli attori... Devi essere vergine e puttana, per fare il regista. Manageriale e machiavellico. Gestisci tanti rapporti umani, rispondi di tanti soldi investiti e da soggetti diversi, se sgarri sui tempi sono guai, perché i costi aumentano. Eppure, appena hai finito, non vedi l'ora di ricominciare. Come le donne che finiscono per dimenticare i dolori del parto poco dopo che hanno abbracciato il loro bambino. Fare cinema è un piccolo parto. Per quel figlio che metti al mondo sei disposto anche a piegarti ad andare ai festival, a presentarlo in giro.
 
{{wikipedia}}