Giustino Fortunato: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Giustino Fortunato==
*Che la borghesia, nel cui nome usa oggi comprendere più particolarmente le classi sino a ieri dette dirigenti, debba – per la prima – rispondere di così triste condizione, non è dubbio. Fin dall'inizio della nostra unificazione essa mancò di ogni percezione dell'effettivo essere nostro, e da allora la sua tragedia fu un continuo sognar lontano per non voler vedere la verità vicino. (da ''Scritti politici'', De Donato, 1981, p. 359)
*L'Italia non è fusa nemmeno nel male; tra noi, più che altrove, anche la criminalità è regionale: essa è di corruzione e di astuzia nel Settentrione, di violenza e di miseria nel Mezzogiorno. (da ''Il Mezzogiorno e lo stato italiano'' vol. 2, Laterza, 1911, p. 203)
 
*{{NDR|su [[Luigi Sturzo]]}} Come ha fatto un giovane prete borghese di Sicilia, venuto su da un seminario, a riuscire così padrone, anche dal lato tecnico, della realtà politica del nostro Paese, l'Italia, considerata pur di fronte a tutto il movimento della civiltà occidentale d'Europa? (lettera di Giustino Fortunato a Luigi Sturzo, citato in Luigi Sturzo, ''Scritti Inediti, vol.II'', Cinque Lune, Roma, 1975, p.65)
*L'Italia meridionale entrò disgraziatamente a far parte del nuovo Regno in condizioni assai diverse da quelle che il [[Francesco Saverio Nitti|Nitti]] lascia credere. Essa viveva di una economia primitiva, in cui quasi non esisteva la divisione del lavoro, e gli scambi erano ridotti al minimo: si lavorava più spesso per il proprio sostentamento, anziché per produrre valori di scambio e procurarsi, con la vendita di prodotti, quello di cui si aveva bisogno. (da ''Il Mezzogiorno e lo stato italiano'' vol. 2, p. 340)
 
*{{NDR|su [[Francesco Saverio Nitti]]}} Conobbi giovinetto il Nitti, venuto in Napoli – di antica famiglia borghese dei miei paesi, poverissima, – insieme col padre, la madre e le tre sorelle, che egli sostentò, letteralmente, per più anni, del più duro umile suo lavoro di tavolino; e lo amai, perché veramente eroico e d'ingegno e desideroso d'apprendere. Fu autodidatta, nel più stretto ed anche nel più eccessivo significato della parola. (citato in Francesco Barbagallo, ''Francesco Saverio Nitti'', UTET, Torino, 1984, p. 12)
*Il Mezzogiorno entrò a far parte della nuova Italia assai meno ricco e assai meno progredito delle altre regioni, e la politica troppo fantasiosa dello Stato unitario non contribuì certo a fargli né superare la distanza originaria né, quando anche i vantaggi materiali fossero stati meglio ripartiti, colmare le profonde differenze anteriori. (da ''Il Mezzogiorno e lo stato italiano'' vol. 2, p. 344)
 
*L'unità d'Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L'unità ci ha perduti. E c'è di peggio. Tutto il macchinario dello Stato presente, se è tollerabile dalle forze dell'Alta Italia, è intollerabile dalle esauste nostre forze. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di tutti, che lo Stato italiano profonda i suoi beneficii finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali. Tutto ciò, forse, Vi parrà un'eresia. Ma aspettate ancora due o tre mesi: avrete allora un libro di Francesco Saverio Nitti, magnifico e terribile, a un tempo, che Vi toglierà ogni dubbio, facendovi toccar con mano la dura verità delle Cose. Quel libro sarà una benedizione... Esso combatterà uno de' maggiori, de'peggiori pregiudizii de' settentrionali, specialmente de' signori lombardi, quello, cioè, secondo cui i meridionali non pagano imposte e scialacquano sul bilancio dello Stato. Esso "proverà" il contrario. Il libro potrebbe esser dannoso, se potesse esercitare azione su' meridionali. Ma questo pericolo non c'è. L'unità non corre, non correrà mai rischio per opera dei meridionali. Potete giurare su ciò. E poi, i meridionali non leggono! {{NDR|Lettera a [[Pasquale Villari]]}} (da ''Carteggio 1865-1911'', Laterza, 1978, pp. 64-65)
 
*Che la borghesia, nel cui nome usa oggi comprendere più particolarmente le classi sino a ieri dette dirigenti, debba – per la prima – rispondere di così triste condizione, non è dubbio. Fin dall'inizio della nostra unificazione essa mancò di ogni percezione dell'effettivo essere nostro, e da allora la sua tragedia fu un continuo sognar lontano per non voler vedere la verità vicino. (da ''Scritti politici'', De Donato, 1981, p. 359)
 
*Non "rivoluzione", no, ma "rivelazione" è stato, e rimane, il [[fascismo]]: rivelazione di quel che realmente è, di quel che realmente vale l'Italia. Il fascismo è proprio l'Italia, di ieri e dell'altro ieri, così come sarà indubitatamente, l'Italia di domani e di domani l'altro. (da ''Carteggio 1927-1932'', Laterza, 1981, p. 185)
 
===''Il Mezzogiorno e lo stato italiano''===
*{{NDR|su [[Francesco Saverio Nitti]]}} Conobbi giovinetto il Nitti, venuto in Napoli – di antica famiglia borghese dei miei paesi, poverissima, – insieme col padre, la madre e le tre sorelle, che egli sostentò, letteralmente, per più anni, del più duro umile suo lavoro di tavolino; e lo amai, perché veramente eroico e d'ingegno e desideroso d'apprendere. Fu autodidatta, nel più stretto ed anche nel più eccessivo significato della parola. (citato in Francesco Barbagallo, ''Francesco Saverio Nitti'', UTET, Torino, 1984, p. 12)
*L'Italia non è fusa nemmeno nel male; tra noi, più che altrove, anche la criminalità è regionale: essa è di corruzione e di astuzia nel Settentrione, di violenza e di miseria nel Mezzogiorno. (da ''Il Mezzogiorno e lo stato italiano'' vol. 2, Laterza, 1911, p. 203)
 
*L'Italia meridionale entrò disgraziatamente a far parte del nuovo Regno in condizioni assai diverse da quelle che il [[Francesco Saverio Nitti|Nitti]] lascia credere. Essa viveva di una economia primitiva, in cui quasi non esisteva la divisione del lavoro, e gli scambi erano ridotti al minimo: si lavorava più spesso per il proprio sostentamento, anziché per produrre valori di scambio e procurarsi, con la vendita di prodotti, quello di cui si aveva bisogno. (da ''Il Mezzogiorno e lo stato italiano'' vol. 2, p. 340)
*{{NDR|su [[Luigi Sturzo]]}} Come ha fatto un giovane prete borghese di Sicilia, venuto su da un seminario, a riuscire così padrone, anche dal lato tecnico, della realtà politica del nostro Paese, l'Italia, considerata pur di fronte a tutto il movimento della civiltà occidentale d'Europa? (lettera di Giustino Fortunato a Luigi Sturzo, citato in Luigi Sturzo, ''Scritti Inediti, vol.II'', Cinque Lune, Roma, 1975, p.65)
*Il Mezzogiorno entrò a far parte della nuova Italia assai meno ricco e assai meno progredito delle altre regioni, e la politica troppo fantasiosa dello Stato unitario non contribuì certo a fargli né superare la distanza originaria né, quando anche i vantaggi materiali fossero stati meglio ripartiti, colmare le profonde differenze anteriori. (da ''Il Mezzogiorno e lo stato italiano'' vol. 2, p. 344)
 
==Citazioni su Giustino Fortunato==