Carlo Alianello: differenze tra le versioni

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*In Irlanda invece... ma lasciamo parlare Trevelyan :«Gli anni della carestia non erano davvero tempo adatto a preparare ribellioni in mezzo a un popolo che aveva appena la forza di stendere la mano per il cibo. Per due stagioni successive mancò il raccolto di patate; nel 1846 e nel 1847 il primo compito era quello di salvare otto milioni di vite irlandesi. I contadini, abbandonato l’inutile lavoro dei campi, si accasciavano per le strade, provandosi a spaccare pietre per ottenere qualche sussidio, ma spesso venendo a morire lentamente di fame... Il continuo tributo di emigrazione in America, che era divenuto un costume di quel popolo, ridusse la popolazione dell’Irlanda da otto milioni nel 1841 a sei milioni e mezzo nel 1851 e a meno di quattro e mezzo nel 1901... L’esodo economico, se era in gran parte necessario, avvenne in tali condizioni politiche e sociali che i discendenti degli immigrati in America divennero necessariamente nemici ereditari della Gran Bretagna... ». E con questo mare di guai in casa loro, o appena fuor dell’uscio, i signori Palmerston e Gladstone si lasciavano intenerire dalle situazioni un pò difficili dell’avvocato Poerio o del professor Settembrini! (p. 12-13)
*E in patria? E nei quartieri poveri delle città, nel lurido intrico dei vicoli presso il Tamigi a Londra, nelle campagne sparse di miseri casolari di strame dai quali i lords cacciavano i contadini per crearsi comode e ricche riserve di caccia? Ma tutto ciò non interessava Gladstone; lui si occupava soltanto del regno borbonico e degli amici liberali o mazziniani. (p. 14)
*Lo sbarco di Garibaldi, la sua fortunata galoppata dalla Sicilia a Napoli, le battaglie di Capua, del Volturno, di Mola e di Gaeta non furono vera guerra, voglio dire non furono guerra combattuta tra nemici cordiali e accaniti. La diserzione della borghesia napoletana, di quasi tutta l'ufficialità dell'esercito, di tutta la flotta che a Calatafimi, avendo alzata la bandiera tricolore in luogo dell'odiata frittata borbonica, prese di fianco i difensori e costrinse l'eroico IX cacciatori col suo comandante Bosco a ritirarsi nella fortezza per non essere massacrato dalle bombe un tempo amiche, il tradimento dei ministri in carica, dell'intera burocrazia, della magistratura, avevano deciso la sorte della monarchia napoletana sin dallo sbarco a Marsala, e forse prima. (p. 130)
*Secondo la stampa estera, dal gennaio all'ottobre del 1861, si contavano nell'ex Regno delle Due Sicilie 9860 fucilati, 10.604 feriti, 918 case arse, 6 paesi bruciati, 12 chiese predate, 40 donne e 60 ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1428 comuni sorti in armi. E questo martirio, questa insana persecuzione assai anni durò, finché i morti furon troppi, nauseati soldati e ribelli dal lungo e sfibrante lezzo dei cadaveri. (p. 133-134)
*Nessuno dei tanti ministri o grandi uomini del Meridione, a cominciare dal Crispi per terminar col Croce, ha mosso un dito per riscattar l'offesa ancor dolente e continuar l'opera di Ferdinando II; anzi nessuno s'è mai opposto a leggi inique che, per favorire le industrie del Nord, cancellavano ogni traccia di quelle del Sud e ne ferivano a morte l'agricoltura un tempo fiorente. Dal Risorgimento in poi, comunque, uomini e ideali d'ogni partito, radicali, fanatici sino in fondo, hanno odiato le loro origini e tuttora in cuor loro ammirano con una punta d'invidia la faticosa corsa al denaro, detta anche attività o abile industria, di quelli del Nord. Non conosco alcuna eccezione dei cosiddetti meridionalisti, compreso il troppo lodato Giustino Fortunato, nipote di manutengoli del brigantaggio, che abbia difeso il suo paese a viso aperto, usando solo l'arma della verità. (p.136)