Pasquale Villari: differenze tra le versioni

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Mio caro Dina,</br>negli scorsi mesi raccolsi alcune notizie intorno allo stato delle classi più povere, specialmente nelle province meridionali. Se a te non pare inutile affatto, ti pregherei di concedermi che le pubblichi nel tuo giornale, tanto pregiato in [[Italia]]. Debbo però dire, innanzi tutto, che nel raccogliere queste notizie io ho avuto lo scopo di provare che la camorra, il brigantaggio, la [[mafia]] sono la conseguenza logica, naturale, necessaria di un certo stato sociale, senza modificare il quale è inutile sperare di poter distruggere quei mali.
===[[Citazioni]]===
*Si guardi un poco a quello che avviene naturalmente, quando si trovano a Napoli uomini veramente pietosi e benemeriti, che conoscono i mali del loro popolo. [[Alfonso Casanova]]<ref>Filantropo napoletano, scomparso nel 1872</ref>, che da poco abbiamo perduto, fu giustamente amato come un santo. La sua ''Opera peri fanciulli usciti dagli Asili'' era fondata collo scopo di cercare i piccoli vagabondi, ed insegnar loro, insieme con l'alfabeto, un mestiere. Tutti riconobbero che quello era il bisogno vero del paese, tutti l'aiutarono e l'amarono, quasi lo adorarono. (p. 58).
*Qual'è dunque, secondo il Turiello, questo carattere nazionale? Noi abbiamo già accennato la sua osservazione fondamentale, alla quale egli di continuo ritorna. In [[Italia]], e nel [[Mezzogiorno]] pi che altrove, c'è troppa individualità, troppa poca attitudine ad associarsi per un lavoro fatto in comune. Si sente troppo l'Io, troppo poco il Noi. (p. 156).
*L'Italia deve essere la prima a dare l'esempio dei grandi progressi giuridici. Il nostro codice deve essere l'archetipo ed il modello delle legislazioni degli altri popoli. (p. 157).
*I briganti muoiono non solamente durante il conflitto, ma vengono poco dopo sottomessi a sommarii processi e fucilati. E ciò pare naturalissimo. Una taglia sulla testa del [[brigante]] Leone ci offende meno che l'esecuzione d'una sentenza di morte dopo regolare processo. Nel primo caso è l'uomo che ammazza un altro uomo, nel secondo è la società che difende la propria esistenza. Il potere impersonale dello Stato che punisce in nome della giustizia sociale è assai poco sentito fra noi. Così l'Italia presenta lo spettacolo desolante d'una paese che commette in Europa il maggior numero di delitti e che ha leggi più miti contro i malfattori, i quali continuamente sfuggono alla giustizia. (p. 157).
*Sentiamo certamente più l'Io che il Noi e molti sono i rancori, le gelosie, gli odii che ci dividono. È pur vero un difetto assai comune tra i popoli meridionali<ref>i portoghesi, gli spagnuoli, i provenzali, gli italiani, etc.)</ref>. (p. 162).
*Noi andiamo dietro alle astrazioni, e trascuriamo i suggerimenti dell'esperienza, pel vivo bisogno di armonia [[estetica]]; noi non possiamo andare d'accordo fra noi, ed associarci in un lavoro comune, per eccesso d'individualità. Spesso però i difetti sono puramente e semplicemente difetti<ref>È questo un monito dell'autore per tutti coloro che tendono a presentare come un pregio la proverbiale ingegnosità napoletana. Si tratta della cd. "arte di arrangiarsi" che, se anche talvolta è una necessità imposta dalla particolare realtà sociale in cui l'individuo si trova a vivere, altre volte è semplicemente il segno di un malcostume, di una mentalità fondamentalmente deformata e di una disonestà di base dell'individuo, p. 164</ref>, per quanto sia duro il confessarlo a noi stessi. Il rovescio d'un vizio non è sempre una virtù. A noi basti per ora notare che l'italiano può, quanto e più degli altri, essere disciplinato. Ce ne fanno fede la [[Repubblica]] e l'[[Impero romano]], la storia di [[Venezia]] e del [[Papa|Papato]], ed oggi stesso ce ne dà splendido esempio, come dice benissimo il Turiello, il nostro esercito. (p. 165).
*La prima conclusione a cui arriva, è l'esistenza colà d'una grossa e pericolosa questione sociale, per la miserrima condizione dei contadini e per l'[[odio]] crescente contro i proprietari del suolo. Una prova di tutto ciò l'abbiamo, egli dice, dal fatto che nel 1860 si videro ivi sorgere contemporaneamente la rivoluzione politica dei borghesi e l'insurrezione sociale dei contadini, i quelli in molte province assalirono in massa i proprietari, facendone strage crudelissima. Coloro che abbatterono il governo dei Borboni, non furono in grado di difendere le proprie case e spesso neppure la propria vita. (p. 165).
*La nostra indifferenza nel lasciar correre il male, e dire che non c'è rimedio, invece di unirci tutti a combatterlo dovunque si trovi, è segno della nostra corruzione, è la causa che più aiuta a diffonderla. L'italiano di provincia, quando nota con calma il male che germoglia in un'altra e, soddisfatto che ne sia immune il suo luogo nativo, non crede di dover pensare ad altro, quasi abbia messo al sicuro la propria coscienza, non s'accorge che pronunzia la sua condanna, e dimostra di non avere la moralità [[politica]] che è necessaria a far parte di un popolo libero. (p. 195).
*Alcuni anni or sono in quel grande ricovero di mendicità che il volgo chiama "Serraglio"<ref>È l'Albergo de' poveri, cfr. [[Giuseppe Moricola]]</ref> e dove esso ha pure un vitto ed un alloggio migliori che a casa sua, si vollero introdurre le scuole elementari per le bambine. Dopo pochi giorni quasi tutte avevano l'[[Cecità|oftalmia]]. (p. 227).
*Io prevedo la risposta a tutte queste mie osservazioni, — Voi citate un caso particolare, e ne cavate una conclusione generalissima. Napoli non è l'Italia. — Ebbene, io abbandono Napoli e mi dirigo altrove. Questa estate viaggiavo, solo ed a piedi, nel [[Tirolo]] austriaco . È un paese che non ha grande istruzione né grande industria; m uno s'accorge subito d'essere in mezzo ad un popolo serio, morale ed, all'occorrenza, eroico. Non sapevo comprendere, perché non mi riusciva più di guardare, come facevo in Italia ed altrove, alla mia valigia, né di leggere il conto che mi presentavano, né di numerare il danaro che mi rendevano. Nei paesi di montagna si trova spesso un vivere matriarcale ed ingenuo; ma qui mi pareva che questa onesta semplicità dai monti fosse discesa anche nelle piccole città. E non ricordavo più che quel popolo ci era stato fieramente avverso, e quasi gli perdonavo i suoi molti pregiudizi e la sua superstizione. (p. 231).
*Avevo vista la miseria che opprime la plebe di Napoli; sapevo che in [[Calabria]] v'era allora carestia; ma ciò che io vidi passò ogni immaginazione. Le facce spartite erano tali, che i poeti ed i pittori non potrebbero descriverle. Quello che non uscirà mai più dalla mia memoria, si è l'avere visto gruppi di uomini e di donne sotto le case, aspettando che s'aprisse una finestra, e si gettassero nella via le bucce delle frutta, che essi divoravano con un'avidità indicibile. Mangiavano tutta la buccia del popone<ref>mellone</ref> e del cocomero come un cibo delizioso. Ed in questo modo si tenevano in vita. Io allora mi maravigliai che quella gente non avesse assalito la mia carrozza, per levarmi tutto quello che avevo. Sentii una [[pietà]] infinita, e, per la prima volta in mia vita, capii che i briganti possono anch'essi meritare più compassione che odio. (p. 237).
*Il [[Adolphe Quetelet|Quetelet]], nella sua ''Fisica sociale'' osserva che la statistica con una costanza immutabile, dimostra come, nelle stese condizioni d'una data società, i delitti si riproducono non solo in ugual numero, ma nei medesimi modi, colle medesime armi, anche quelli che più sembrano prodotti dal caso e da un impeto istantaneo della passione. Questa legge è così costante, egli aggiunge, che quando il numero dei delitti muta, si può senza tema di errare, asserire che le condizioni sociali sono mutate. Sotto un certo aspetto, si può dire, che è la società stessa che pone il coltello in mano all'assassino, e lo spinge al delitto. (p. 244).
*Questi economisti formano già una scuola assai numerosa e cercano di costituire un nuovo partito politico nel proprio paese. Gli avversari han dato il nome di "socialisti della cattedra" che essi hanno accettato, dichiarandosi però avversi così al [[socialismo]] come al [[comunismo]]. (p. 247).
*Questo studio promosso dallo stimolo sempre potente del bene ci farebbe, io credo, ritrovare nella nativa forza del genio italiano quella originalità che il voler sempre imitare ci ha fatta smarrire, ma non perdere. Le più grandi scoperte, i più grandi genii sono nati spesso da questo ardore del bene; sorgono quando sono divenuti necessarii, quando il mondo ne ha bisogno, ed il nostro bisogno è ora grandissimo e sentito da tutti. (p. 258).
 
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