Gaetano Filangieri: differenze tra le versioni

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===[[Citazioni]]===
*«L'arbitrio de' magistrati è contraddittorio alla forza delle leggi. I nostri magistrati hanno sempre in bocca l'equità, nel tempo stesso che le oppressioni si fan sentire dappertutto. La libertà sociale esige uniformità e anche ammesso che i giudici siano dottissimi e incorruttibili, viene distrutta dall'arbitrio soggettivo» (p. 156)
*«Vedete com'è bella [[Napoli]]! Gli uomini vivono da tanti anni spensierati e felici, di tanto in tanto se ne impicca uno, e tutto il resto procede magnificamente per la sua via». (p. 158).
*Ma il suo disegno era già così vasto e ambizioso, che la cultura europea ne colse immediatamente la ricchezza, l'originalità, soprattutto il generoso sforzo sistematico di definire un sistema di legislazione universale, attribuendo al legislatore l'alta funzione educatrice di rigenerazione dei popoli, raccogliendo tutte le esperienze settoriali dell'[[illuminismo]], facendo tesoro di ogni contributo, moderando le istanze più radicali, certi eccessi, cercando per l'appunto di delineare una scienza generale, cioè un sistema completo di legislazione. (p. 160).
*Non basta persuadere il pubblico contro l'antica legislazione, bisogna prevenirlo in favore della nuova (p. 172)
*In secondo luogo, Filangeri sostiene l'incapacità della legge di dirigere efficacemente la condotta umana, quando non sia sorretta da costumi favorevoli alla sua attuazione; sostiene anzi che la stessa legge giusta, quando pretende d'incidere su un corpo di costumi corrotto, si trasforma paradossalmente, nonostante l'opposta ratio che l'[[anima]], in un nuovo strumento di corruzione (p. 179)
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# far presente la necessità di riforme legislative;
# far conoscere al «governo» («ultimo ad avvedersene») i vizi e i difetti della legislazione;
# ovviare alla molteplicità delle leggi. (p. 204).
*Pietro Verri è più vicino alla [[Rivoluzione francese]] e di ciò dovrà tenersi conto nell'interpretare (in questo particolarissimo campo) il suo pensiero. Di lui prenderemo in esame uno scritto, apparso sul «Caffè» e intitolato ''Sulla interpretazione della legge''. Anche il Verri, come Filangieri, tiene, anzitutto, a fissare un principio, «secondo ogni ragione chiarissimo, cioè che altra cosa è il legislatore, altra cosa il giudice». E che interpretare significhi, pel giudice, farlo divenire legislatore è a sufficienza dimostrato, secondo il Verri, pel fatto che «interpretare» significa far dire al legislatore più di quello che ha detto, e quel più è la misura della facoltà legislatrice che si arroga il [[giudice]]. E il far divenire legislatore il giudice «confonde le due persone [...] dalla assoluta separazione delle quali dipende essenzialmente la libertà politica di una nazione». E termina il suo discorso con questo elogio delle leggi scritte nel quale è racchiuso, in fondo, tutto il suo pensiero: «il più dolce, il più benefico impero è quello delle leggi: esse non conoscono parzialità, non hanno affetti; sode, immutabili, ordinano lo stesso ad ognuno» (p. 208)
*«La [[pena di morte]] non dovrebbe trovar luogo nel codice penale di un popolo che creda nella metempsicosi, poiché chi ritiene che dopo la morte si incarnerà in un altro essere vivente, non è sufficientemente dissuaso dalla minaccia della pena di morte; ma così invece per il cristiano, essendo questi in dubbio circa la sua sorte eterna, esposto com'è al rischio della dannazione. L'esilio è senz'altro una pena sconveniente nei climi freddissimi ed in quelli caldissimi, al polo ed all'equatore, perché il delinquente, appena uscito dalla sua patria, temerebbe di esservi richiamato e solleciterebbe i suoi a raggiungerlo». Anche le pene d'infamia sono sconvenienti presso un popolo «istupidito dal clima, quindi privo quasi di immaginazione». Rapporto fra pena e sentimento religioso: quando l'idea di un luogo di ricompensa non è unita all'idea di un luogo di tormenti, l'uomo è meno sensibile alle infelicità presenti, onde bisogna ammonirlo minacciandogli pene maggiori. (p. 250).
*Un riformatore, Filangieri. Ma non un riformista. Un riformista è chi crede che i mali della società debbano essere eliminati solo entro l'ordinamento sociale esistente, e ne esclude a priori il mutamento. Un riformista è chi crede al processo storico senza soluzioni di continuità, e alle soluzioni di continuità preferisce l'arresto del processo storico. Un riformatore, invece, è chi pensa che i mali della società debbano comunque essere eliminati: possibilmente entro l'ordinamento sociale esistente. Quello del riformatore è il primo stadio del rivoluzionario: un rivoluzionario che spera ancora nel presente. Quello del riformista è l'ultimo stadio del conservatore: un conservatore che accetta il mutamento del particolare per poter mantenere in vita il generale. Il riformatore illuso, può diventare un rivoluzionario. Il riformista deluso, un reazionario. (p. 293).
*Il ruolo dell'amministrazione diveniva fondamentale anche alla luce dell'insegnamento contenuto nel cap. VII del libro I della "Scienza della legislazione" intitolato «Degli ostacoli che s'incontrano nel cambiamento della legislazione di un popolo e de' mezzi per superarli». Tale capitolo, che Venturi ha definito «uno dei più importanti dell'intera opera», acquistava agli occhi dei riformatori un fondamentale rilievo. In esso Filangieri, riprendendo un tema centrale del dibattito illuministico, sottolineava l'importanza politica dell'amministratore pubblico e forniva la prova dell'unità d'interessi esistente tra governo e nazione. Il «pubblico» doveva desiderare le riforme, e per far ciò «la penna degli scrittori diretta dall'amministrazione aprirà la strada alla nuova legislazione». «L'istruzione» doveva dunque essere «unita alle mire del governo» (p. 300)
*In una frase in cui «i lumi sono universali» in «un secolo, nel quale secondo le parole di Filangieri, il corso rapido dell'immaginazione non è trattenuto dagli ostacoli che il dispotismo gli vuole opporre» non bastava infatti conoscere i mali della [[società]], ma bisognava proporre e cominciare ad applicare i rimedi. (p. 304).
 
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