Brigate Rosse: differenze tra le versioni

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*I documenti brigatisti così si esprimono: «Il fronte delle fabbriche deve lavorare per espandere l’influenza dell’organizzazione soprattutto nell’area di autonomia operaia; per rafforzare i centri del potere controrivoluzionario; per sostenere ed orientare qualsiasi espressione di autonomia e di milizia operaia»; «Il fronte di lotta alla controrivoluzione deve porsi come obiettivo la conquista degli avamposti strategici per la sua esistenza ed inoltre: il perfezionamento dell’apporto di informazione, lo sviluppo all’attacco allo stato ed una linea di condotta che porti ad affermare l’egemonia del discorso strategico sulle forze dell’antifascismo militante»; « Il fronte logistico: i suoi compiti sono definiti dalla necessità di perfezionare e sviluppare le strutture logistiche (basi, strumenti, mezzi, documenti); militari (armamento ed istruzione militare); industriali (laboratori) e di assistenza (medica, legale e di latitanza)»; L’organizzazione strategica è una macchina di guerra schierata contro l’esercito nemico di controllo e di repressione, che porta avanti la sua campagna per indebolire le varie articolazioni militari e non del dominio di classe» (p. 176).
*Bisogna che il potere politico, i partiti, i parlamentari, chi prende le decisioni e chi fa opinione, le organizzazioni sindacali, gli studiosi di cose italiane, si convincano d’una realtà grave, tutta da riconsiderare e studiare, che nel nostro paese è nata ed opera una sinistra rivoluzionaria clandestina in collegamento ideologico e finanziario con gruppi tedeschi e svizzeri. È venuto il momento di rettificare l’errore di analisi ufficiale, secondo cui dobbiamo combattere un fenomeno connotato da manifestazioni episodiche e da vocazioni avventuristiche, frazionato in nuclei di formazione casuale e selvaggia, destinato ad essere riassorbito in virtù dei soli mezzi repressivi a disposizione delle forze di [[polizia]] (Alfonso Madeo, Corriere della Sera, 17-5-75, p. 143).
*Sembra che molti osservatori sottovalutino l’evoluzione qualitativa e quantitativa subita dalla guerriglia in questi ultimi mesi, di cui i recenti scontri di massa a Roma e altrove sono soltanto un sintomo superficiale. In sostanza, Acquaviva nota l’emergere della distinzione, teorica e pratica, fra partito armato e movimento armato. In che cosa consiste questa differenza? Il partito armato è privilegiato dalle Brigate Rosse, le quali sono teoricamente vicine alla [[Terza Internazionale]] e quindi alla teoria del partito armato bolscevico. In che senso? Nel senso che il partito massa delega al partito armato — nella fattispecie alle Brigate Rosse — la funzione di avanguardia rivoluzionaria, teorica e pratica. Non per nulla entro le Brigate Rosse è diffusa la polemica contro lo spontaneismo, anche se questo spontaneismo tende per altri versi a prevalere. Non solo: in una posizione affine alle Brigate Rosse sono i NAP, i quali mutuando dalle Brigate Rosse la base teorica, affondano le radici in una base sociale diversa, più vicina alle carceri e agli emarginati ([[Sabino Acquaviva]], Corriere della Sera 23-1 1-1977, p. 147).
*Messe insieme, Brigate Rosse e NAP costituiscono il nucleo del partito armato e questo è ben noto. Il fatto nuovo, per Acquaviva, è che «tutto il resto della rivolta armata si muove all’interno del movimento», cioè di quel «complesso eterogeneo — ma politicamente e culturalmente all’estrema sinistra — all’interno del quale l’area dell’autonomia, più radicata nel marxismo, è prevalente; ed all’interno di quest’area è prevalente l’autonomia organizzata». È un magma confuso, almeno parzialmente spontaneo dal quale «emergono tronconi di movimento e gruppi armati». E questa confusione determina una precisa conseguenza: «non c’è una netta linea di demarcazione tra il movimento, cioè fra il complesso delle forze extra-parlamentari che vogliono sovvertire e trasformare il sistema, e il “braccio armato”. Si tratta, in realtà, di “tronconi militari” diffusi nel movimento». Per cui non esiste, o tende a non esistere, una distinzione tra il militare e il politico: il militare è politico, e viceversa ([[Sabino Acquaviva]], Corriere della Sera 23-1 1-1977, p. 147).
*In questi giorni drammatici e inquieti, si è detto più volte che la prima, essenziale difesa contro il terrorismo e lo scandalismo è la credibilità delle istituzioni. L’erogazione del denaro dello Stato, cioè del denaro di tutti, e la gestione di questo denaro appartengono a quei connotati che rendono credibili o non credibili le istituzioni. Ci sono delle comunicazioni giudiziarie che riguardano un potente gruppo industriale. Ci sono aspetti su un balletto di miliardi. Quei miliardi provengono dalle sovvenzioni dello Stato. C’è troppo malessere, c’è troppa sfiducia nell’opinione pubblica, perchè si possa correre il rischio di qualche altro, misterioso balletto di carte. È incivile pronunciare sentenze affrettate. È civile chiedere di andare fino in fondo, senza remore o soggezioni, senza rinvii. Lo Stato sta per chiedere al Paese altri sacrifici: dimostri, attraverso la [[giustizia]], che questi sacrifici hanno un senso (Editoriale, Corriere della Sera 2-12-1977, p. 148).
*Perché la lotta di classe, l’odio di classe dovrebbero essere umani? La lotta di classe altro non è che un rapporto di forze, uno scontro, una [[guerra]]. E questo rapporto di forze, scontro, guerra non è più o non è più soltanto nelle mani politiche e per così dire umanistiche del PCI in quanto istituzione legittima, bensì può essere imputato da chiunque, teoricamente e praticamente, al di fuori di qualunque schieramento politico rappresentato in parlamento. Lo sappiamo tutti, lo provano le varie forze extraparlamentari, ma lo provano anche, con i loro metodi estremamente radicalizzati e violenti, i terroristi ([[Goffredo Parise]], Corriere della Sera 4-12-1977, p. 149).
*Da un decennio, per la prima volta, il terrorismo rivoluzionario ha fatto irruzione in alcune democrazie liberali. In queste società, nessuno ha l’obbligo di identificarsi con lo Stato, anche se è lo Stato di [[diritto]]. Ma quando la non identificazione si traduce in rifiuto, e il rifiuto in ribellione terroristica, è necessario il più attento esame delle teorie conflittuali che alimentano il fenomeno ([[Alberto Ronchey]], Corriere della Sera 19-2-1978, p. 151).
*Una contestazione rivoluzionaria globale, senza basi nazionaliste-separatiste o razziali o etnico-religiose, si manifesta in Italia, [[Germania]] e [[Giappone]], sebbene con intensità commisurata alle condizioni economiche e politiche. Sono le tre nazioni, per coincidenza, che hanno perso l’ultima guerra. E i terrorologi indicano altre vicende comuni: la democrazia sopraggiunta solo con la sconfitta militare, la rapida sostituzione dei sistemi di valori, l’improvvisazione d’una ideologia della prosperità materiale con tre miracoli economici ora interrotti ([[Alberto Ronchey:]], Corriere della Sera 19-2-1978, p. 151) .
*Dunque l’estremismo del pensiero ha trovato in alcune società il terreno propizio a trasformarsi in estremismo delle azioni. È accaduto specialmente in Italia. Qui, dove la sfida terroristica ha le basi sociali maggiori, il diffondersi delle ribellioni violente è stato favorito non solo dalla peggiore crisi economica e dallo stallo politico di trenta anni senza ricambio di governo, ma dal modo in cui la stessa evoluzione pragmatica del [[Partito Comunista Italianopolitico|PCI]] è avvenuta nell’ultimo decennio ([[Alberto Ronchey:]], Corriere della Sera 19-2-1978, p. 151).
*Il PCI, tra l’esasperazione ideologica della cultura prevalente in questa società di frontiera, non trattiene e non controlla più i settarismi, anche se li combatte, ma nello stesso tempo non affronta un’aperta e motivata revisione dell’ideologia leninista. Così il [[virus]] rivoluzionario, un tempo custodito fra strutture di partito autoritarie in attesa dell’ora X, ora circola nel vuoto aperto a sinistra e non incontra anticorpi. La questione ideologica è stata troppo a lungo svalutata. L’ideologia sarà solo un sistema di cose che si dicono, ma le cose dette pesano. Bisogna spiegare almeno perchè erano sbagliate, se non si crede che la degradazione della convivenza sia solo questione di polizia ([[Alberto Ronchey:]], Corriere della Sera 19-2-1978, p. 151).
*Come si è arrivati alla situazione attuale, caratterizzata da una base sociale abbastanza concreta e diffusa attorno al fenomeno del terrorismo? Direi che tutto è accaduto in tre fasi che riguardano l’evoluzione di tutta la [[società]] italiana: la prima fase è stata quella della disgregazione che abbiamo vissuto in questi dieci anni; la seconda fase è stata quella dell’aggregazione di tipo ideologico dei movimenti politico-culturali in cui cresce l’ideologia della guerriglia e del terrorismo; la terza fase è quella che definirei di terrorismo (e guerriglia) diffusi, una fase rivoluzionaria verso la quale andiamo (non so se ci arriveremo, non sono un profeta) ([[Sabino Acquaviva]], Corriere della Sera, 14-4-1978, p. 153).
*In una società industriale gli spazi contadini, tipici della guerriglia tradizionale, non esistono più, esistono tuttavia aree rurali — o rurali industriali — non urbanizzate, in cui è presente una sufficiente popolazione, in buona parte [[Operaio|operaia]], potenzialmente reclutabile; sono presenti gli spazi necessari per la manovrabilità tattica e strategica delle forze di guerriglia; naturalmente deve trattarsi di aree vicine, e relativamente vicine alle grandi metropoli, e da cui siano anche arruolabili altre forze di guerriglia ([[Sabino Acquaviva]], Corriere della Sera, 14-4-1978, p. 153).
*Per far fronte all’attacco terroristico, è necessario accantonare le argomentazioni che tendono a contrapporre la Costituzione al sistema politico vigente, considerando la democrazia come un’entità diversa dallo Stato. Il problema, oggi, non è quello di difendere il cittadino dallo Stato prevaricatore, ma quello della difesa democratica dello Stato. Manca, in Italia, una teoria della difesa democratica delle istituzioni, perchè si è sottovalutato il significato innovativo, anche sul piano formale, che la [[Costituzione]] ha rappresentato. Quella italiana è una delle Costituzioni più originali, da cui nasce un tipo di garantismo nuovo, che non si limita alla difesa dei diritti fondamentali dell’uomo, ma conferisce alla collettività il diritto di partecipare alla vita politica (Pietro Barcellona, La Sicilia 22-4-1978, p. 154).
*Da quando il partito comunista si è avvicinato all’area di governo una gran massa di marxisti-leninisti si sono sentiti orfani e traditi. Ed è fra questi che si sono affermate le BR, per guidarli nella lotta proletaria contro l’odiato [[capitalismo]] e la sua morale piccolo borghese. Il loro scopo è di innescare il processo rivoluzionario — con qualunque mezzo — cioè secondo rigorosi criteri leninisti. Nella prospettiva la morale non è qualcosa di indipendente, ma puramente e semplicemente un mezzo ([[Francesco Alberoni]], Corriere della Sera 24-4-1978, p. 155).
*Sarebbe un errore ritenere che i residui movimenti politici nati nelle prigioni tendano a identificarsi direttamente con le BR. Ma esiste il reale pericolo che i terroristi, agendo sulle contraddizioni dell’attuale [[Carcere|sistema penitenziario]], riescano ad assicurarsi una base di consenso fra i detenuti e, soprattutto, su quella parte di marginale della popolazione che, direttamente o indirettamente, ha conosciuto la galera o si aspetta di conoscerla (Giuliano Zincone, Corriere della Sera 25-4-1978, p. 155).
*Oggi dobbiamo constatare che le Brigate Rosse lungi dall’emettere proclami deliranti stanno operando con astuzia per seminare tentazioni guerrigliere nel deserto della disperazione e del malessere. Non si impedirà certo ai terroristi di raccogliere i loro frutti avvelenati continuando a metterli sullo stesso piano della banda [[Renato Vallanzasca]]. O tentando di convincere la gente che le BR sono emanazioni di servizi segreti, entità diaboliche lontane dalle serene consuetudini del nostro buon popolo (Giuliano Zincone, Corriere della Sera, 25-4-1978, p. 155).
*Il testo fondamentale cui si ispirarono per le loro azioni fu il manuale della guerriglia urbana di [[Carlos Marighella]], uno dei “profeti” della lotta armata nei paesi latinoamericani. Inizialmente il gruppo della “22 Ottobre” si dedicò ad esercitazioni para-militari in tuta mimetica nell’entroterra genovese. Quasi contemporaneamente nacque a [[Genova]], ad opera del medesimo gruppo, una iniziativa editoriale per la pubblicazione de “La voce comunista”, un giornale edito da Feltrinelli, che sosteneva la necessità di creare gruppi armati per difendersi dall’imminenza di un colpo di stato di destra (Editoriale, Giornale di Sicilia 25-4-1978, p. 155).
*Gli obiettivi delle BR con il rapimento di [[Aldo Moro]] sono intuibili: più importante ancora dello scambio di detenuti è il riconoscimento della loro esistenza e della loro forza. I fatti, cinque settimane dopo, sono andati oltre le loro più rosee speranze. Vinca il partito della trattativa o quello dell’intransigenza, le BR hanno già vinto. Dal loro punto di vista, come formazione combattente clandestina, hanno già la vittoria in pugno: sono usciti dalle catacombe, mettono in ginocchio [[Papa]] e polizia, diffondono il panico in tutta una popolazione famosa per il suo atteggiamento scettico confinante all’occorrenza con il cinismo ([[Franco Ferrarotti]], Corriere della Sera 26-4-1978, p. 155).
*Il [[terrorismo]] viene presentato dai terroristi medesimi come uno strumento ad alta finalità, ma gli strumenti hanno la tendenza ad impinguarsi delle finalità fino a sostituirsi ad esse. Lo strumento rende la vita tollerabile al funzionario, laddove la finalità non si mostra bastevole o sufficiente. Solo anime innocenti possono essere capaci di deplorare la crudeltà di mezzi necessari alla instaurazione di finalità gloriose. Uno di questi era [[Michail Bakunin]], santo patrono degli anarchici. Bakunin aveva studiato [[Hegel]], che insegnava l’inevitabilità dell’avvento del millennio. L’Hegelismo applicato è riscontrabile tanto nel marxismo quanto nel bakuninismo, le due dottrine che, entrambe, insegnavano come il cammino dell’inevitabilità possa essere accelerato dall’azione dell’uomo. Azione chiamata rivoluzione nella sfera delle idee, terrorismo nella sfera della pratica ([[Anthony Burgess]], Corriere della Sera, 29-4-1978, p. 156).
 
==Bibliografia==