Sof'ja Tolstaja: differenze tra le versioni

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==''I diari''==
===[[Incipit]]===
''8 ottobre 1862''
 
*Ancora un [[diario]], mi irrita riprendere una di quelle abitudini, che volevo abbandonare sposandomi. Prima mi succedeva di scriverlo quando c'era qualcosa che non andava e adesso, probabilmente, è lo stesso.<br />Ho trascorso queste due settimane con lui, mio marito, in semplicità di rapporti, era tutto facile, perché era lui il mio diario, non avevo nulla da nascondergli.<br />Invece da ieri, quando mi ha detto che non crede nel mio amore, sono veramente sconvolta. Eppure so perché non crede: penso sia per il fatto che io non sono capace né di raccontare né di scrivere quello che penso. <!--(8 ottobre 1862; p. 30)-->
 
===Citazioni===
*Sentivo, in quegli ultimi giorni da ragazza, una particolare forza vitale che illuminava il mio universo splendente e provavo un nuovo risveglio spirituale. In altri due periodi della mia vita provai questa forza di elevazione spirituale. E questi rari, periodici, particolari risvegli dell'anima mi persuasero più di qualsiasi altra cosa che l'anima vive una sua vita autonoma, che è immortale, e che la morte libera l'anima dal corpo. (da ''Il matrimonio con Lev Nikolaevič Tolstoj'', p. 20)
*La nostra cerimonia nuziale è stata indimenticabilmente descritta da Lev Nicolaevič nel romanzo ''[[Anna Karenina]]'' con le nozze di Levin e Kitty. Descrisse in modo limpido e artistico sia il lato esteriore della cerimonia che tutto il processo psicologico nell'animo di Levin. (''ivi'', p. 27)
*Gli zoccoli dei cavalli cominciarono a scalpitare e partimmo. Rannicchiata nel mio angolo, accasciata per la stanchezza e la pena lasciavo scorrere liberamente le mie lacrime. Lev Nicolaevič sembrava molto sorpreso, persino seccato e perplesso. Lui non aveva avuto una famiglia vera, un padre, una madre, era cresciuto senza di loro e non poté capirmi. Se lasciare la famiglia mi era così doloroso, era evidente che non lo amavo molto, mi fece capire. (''ivi'', p. 28)
*Ancora un [[diario]], mi irrita riprendere una di quelle abitudini, che volevo abbandonare sposandomi. Prima mi succedeva di scriverlo quando c'era qualcosa che non andava e adesso, probabilmente, è lo stesso.<br />Ho trascorso queste due settimane con lui, mio marito, in semplicità di rapporti, era tutto facile, perché era lui il mio diario, non avevo nulla da nascondergli.<br />Invece da ieri, quando mi ha detto che non crede nel mio amore, sono veramente sconvolta. Eppure so perché non crede: penso sia per il fatto che io non sono capace né di raccontare né di scrivere quello che penso. (8 ottobre 1862; p. 30)
*{{NDR|Sul marito}} Se io potessi ucciderlo e poi fare un altro uomo identico a lui, lo farei con piacere. (16 dicembre 1862; p. 35)
:Se potessi ucciderlo, e poi ricrearlo esattamente eguale, lo farei con piacere.<ref>Citato in [[Pietro Citati]], ''Tolstoj'', Longanesi, Milano, 1983, p. 87.</ref>
*La mia gelosia è una malattia innata, ma può darsi che derivi dal fatto che io, amando lui, non amo niente altro [...]. (11 gennaio 1863; p. 35)
*È arrivata la solitudine ed eccomi di nuovo con il mio muto interlocutore, il diario. (15 settembre 1876; p. 79)
*Sarebbe terribile restare incinta. Tutti lo verranno a sapere e ripeteranno con gioia maligna una battuta uscita ora nell'ambiente di Mosca: «Ecco la vera conclusione della ''[[Sonata a Kreutzer]]''». (25 dicembre 1890; p. 113)
*Noi [[Donna|donne]] non abbiamo bisogno di ''libertà'', ma d'''aiuto''. (18 marzo 1898; p. 220)
*Non [[Suicidio|ci si toglie la vita]] per ''vendicarsi'' di qualcuno; no, ci si toglie la vita perché ''non c'è più la forza di vivere''... (6 marzo 1903; p. 247)
*Tutti i giorni, quando la mattina andavo a salutare Lev Nicolaevič, era penoso per me vedere sopra di lui il ritratto di questa persona [<nowiki></nowiki>[[Vladimir Čertkov]]] a me odiosa, e l'avevo spostato.<br />Il fatto che Lev Nicolaevič l'avesse rimesso dov'era prima mi ha portato di nuovo in uno stato di terribile disperazione. Non vedendo lui, non aveva potuto separarsi dal suo ritratto. L'ho staccato dal muro, l'ho strappato in piccoli pezzi e l'ho buttato nel gabinetto. Naturalmente Lev Nicolaevič s'è arrabbiato e giustamente mi ha rimproverato di privarlo della libertà (ora si è fissato su questo), della quale per tutta la vita non solo non si è curato, ma a cui non ha neanche pensato. A che serviva la ''libertà'' quando per tutta la vita ci amavamo reciprocamente e cercavamo di fare l'una per l'altro tutto quanto fosse piacevole e desse gioia? (26 settembre 1910; p. 258)
 
===Citazioni sul testo===