Carlo Michelstaedter: differenze tra le versioni

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'''Carlo Michelstaedter''' (1887 - 1910), scrittore, filosofo e letterato italiano.
 
*Un giovane educato in un collegio religioso si volge per reazione a tutto quanto sa di ribelle alle leggi umane, e matura il cervello nelle speculazioni della psiche dell'uomo e del mistero della natura. Egli troppo vede e nel suo animo amareggiato la fonte del sentimento inaridisce. Egli lo sente e ne prova dolore, vuole perciò lanciarsi nella vita per eccitarne con le sensazioni più forti le fibre paralizzate dell'animo suo. E lo fa. Ma non può riacquistare la spontaneità perduta e si accorge d’essere sempre il medesimo. E con la crudele, abituale sincerità verso se stesso, esamina il proprio intento, lo analizza, quindi con calma e ragionata risoluzione si uccide restituendo alla madre terra le energie che in lui combattono inutili. (da ''Il dialogo della salute'', in ''Opere'' - Sansoni, Firenze, 1958, a cura di S.Gaetano CampaillaChiavacci)
*Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell'individuo. Ogni [[progresso]] nella tecnica istupidisce per quella parte il corpo dell'uomo... Così ai nostri giorni sono istupiditi ad esempio i fabbri, che un tempo da un blocco di ferro sapevano a forza di fuoco, di martello e di scalpello foggiare qual si volesse oggetto, che oggi sanno appena adattare e congiungere con le viti pezzi fatti che arrivano dalle fabbriche o dalle fonderie... E al loro posto sono subentrate le masse di tristi e stupidi operai delle fabbriche che non sanno che un gesto, che sono quasi l'ultima leva delle loro macchine. (da ''La persuasione e la rettorica'' - Sansoni, Firenze, 1958, a cura di Gaetano Chiavacci)
 
*Un inciampo fa cessare il triste gioco… quando la trama dell'illusione s'affina, si disorganizza, si squarcia, gli uomini, fatti impotenti, si sentono in balia di ciò che è fuori della loro potenza, di ciò che non sanno: temono senza sapere di che temano. Si trovano a voler fuggire la morte senza più avere la via consueta che finge cose finite da fuggire, cose finite cercando. (''ibidem'')
==''La persuasione e la rettorica''==
*Un giovane educato in un collegio religioso si volge per reazione a tutto quanto sa di ribelle alle leggi umane, e matura il cervello nelle speculazioni della psiche dell'uomo e del mistero della natura. Egli troppo vede e nel suo animo amareggiato la fonte del sentimento inaridisce. Egli lo sente e ne prova dolore, vuole perciò lanciarsi nella vita per eccitarne con le sensazioni più forti le fibre paralizzate dell'animo suo. E lo fa. Ma non può riacquistare la spontaneità perduta e si accorge d’essere sempre il medesimo. E con la crudele, abituale sincerità verso se stesso, esamina il proprio intento, lo analizza, quindi con calma e ragionata risoluzione si uccide restituendo alla madre terra le energie che in lui combattono inutili. (da ''Il dialogo della salute'', Sansoni, Firenze, 1958, a cura di S. Campailla)
'''Copyright''': Carlo Michelstaedter, ''Opere'' - Sansoni, Firenze, 1958, a cura di Gaetano Chiavacci.
 
*Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell'individuo. Ogni [[progresso]] nella tecnica istupidisce per quella parte il corpo dell'uomo... Così ai nostri giorni sono istupiditi ad esempio i fabbri, che un tempo da un blocco di ferro sapevano a forza di fuoco, di martello e di scalpello foggiare qual si volesse oggetto, che oggi sanno appena adattare e congiungere con le viti pezzi fatti che arrivano dalle fabbriche o dalle fonderie... E al loro posto sono subentrate le masse di tristi e stupidi operai delle fabbriche che non sanno che un gesto, che sono quasi l'ultima leva delle loro macchine. (da ''La persuasione e la rettorica'' - Sansoni, Firenze, 1958, a cura di Gaetano Chiavacci)
*Un inciampo fa cessare il triste gioco… quando la trama dell'illusione s'affina, si disorganizza, si squarcia, gli uomini, fatti impotenti, si sentono in balia di ciò che è fuori della loro potenza, di ciò che non sanno: temono senza sapere di che temano. Si trovano a voler fuggire la morte senza più avere la via consueta che finge cose finite da fuggire, cose finite cercando. (''ibidem'')
 
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