Violette Leduc: differenze tra le versioni

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*Durante quell'istante di immobilità, tutto nostro, la terra smise di girare, gli uomini cessarono di nascere, di vivere e di morire. Il tempo, lo spazio, gli oggetti, la coscienza di noi stesse, erano stati aboliti. Esistevamo solo nelle nostre labbra unite. Come sonnambuli che non dormono. (p. 17)
*Ci stringevamo ancora, volevamo farci inghiottire. Ci eravamo spogliate della famiglia, del mondo, del tempo, della ragionevolezza. Volevo che Isabelle, stretta al mio cuore spalancato ci entrasse dentro. L'[[amore]] è un'invenzione che sfinisce. Isabelle, Thérèse, ripetevo per abituarmi alla magica semplicità dei due nomi. (p. 19)
*Perché non posso moltiplicarmi e farle dono di mille Thérèse? Ma sono solo una, sono solo me stessa. È troppo poco. Non sono una foresta. Un filo d'erba tra i capelli, un coriandolo tra le pieghe del grembiule, una coccinella tra le dita, un po' di peluria sul collo, una cicatrice sulla guancia... come vorrei possedere questi tesori per essere più preziosa. Perché non sono la capigliatura del salice per la sua mano che accarezza i miei capelli?<br>Ho preso il suo viso tra le mie mani:<br>"Amor mio".<br>La contemplavo, e mi ricordavo di lei, era accanto a me, ogni istante l'ultimo. Quando si è innamorati si vive sempre sul marciapiede di una stazione. (p. 32)
*Dateci i vostri brandelli, stagioni. Saremo le vagabonde dai capelli laccati dalla pioggia. Vuoi, Isabelle, vuoi venire a vivere con me sull'orlo di una scarpata? [...] Ti spoglierò nei campi di grano, ti farò dormire nei covoni, ti coprirò nell'acqua sotto i rami bassi, ti curerò sul muschio delle foreste, ti prenderò nell'erba medica, ti isserò sui carri di fieno, mia donna carolingia. (p. 72)
*Il suo passo.<br>Calpestava il mio cuore, il mio ventre, la mia fronte prima di entrare. Una città-luce veniva verso me. Un incantesimo terribile. Sapevo che dietro il vetro lei mi cercava. La vedevo nella notte sotto le mie palpebre. Non alzavo la testa, non uscivo dalla mia vedovanza. Dei corvi presero il volo, i noccioli erano bianchi di brina. Veniva, respirava con i miei polmoni. (p. 74)