Liṅga Purāṇa: differenze tra le versioni

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*Rudra scomparve e i sapienti si recarono dal dio [[Brahmā]] che disse loro: Stupidi che non siete altro! Avete distrutto in un istante tutti i meriti acquisiti con le vostre austerità. L'uomo dal membro eretto che avete visto, impotenti che siete, è il Signore Supremo in persona. (da ''I, cap. 29, 9-25''; 1980)
*[Śiva parla:] Nessuno deve condannare l'asceta nudo che è mio fedele, che esprime i princìpi delle cose, ma agisce come un bambino o un folle. Nessuno si farà beffe di loro, né rivolgerà loro parole spiacevoli se desidera il suo bene, ora e in seguito. L'uomo stupido che li condanna, condanna il Signore stesso. (da ''I, cap. 33, 3-10''; 1980)
*Alla radice vi è [[Brahmā]], al centro [[Vishnu]], Signore dei tre mondi. All'apice si erge il fiero Rudra, il Grande Dio, l'eterno dispensatore di pace, il cui nome è la sillaba sacra AUM. L'altare del fallo è la Grande Dea. Il fallo stesso è il vero Dio. (da ''I, 73, 19-20''; 2008)
*Il ''Liṇga'' è un segno esteriore, un [[simbolo]]. Bisogna però considerare che il ''Liṇga'' è di due tipi, esterno o interno. L'organo rozzo è esterno, quello sottile è interno. Le persone semplici venerano il ''Liṇga'' esterno e si interessano ai riti e ai sacrifici. L'immagine del fallo ha lo scopo di risvegliare i fedeli alla conoscenza. Il ''Liṇga'' immateriale non è percepibile a quanti non vedono che l'esterno delle cose, il ''Liṇga'' sottile ed eterno è percepibile solo a coloro che hanno raggiunto la conoscenza. (da ''I, cap. 75''; 1980)
*{{NDR|Shiva}} Ha tre occhi. La sua corona è formata da un serpente. È ricoperto di ricchi gioielli. Il suo viso è cosparso della cenere dei roghi funebri. È circondato da fantasmi, gnomi, spiriti maligni, streghe e demoni. È vestito di una pelle d'elefante. Serpenti e scorpioni gli servono da ornamenti. La sua voce risuona come il tuono in un giorno di tempesta. Sembra una montagna di collirio azzurro. Ha sulla spalla una pelle di leone. È terrificante. Si pone la sua immagine accanto ai roghi funebri o nei cimiteri. (da ''II, cap. 50, 23-26''; 1980)