Maksim Gor'kij: differenze tra le versioni

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incipit
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*Al tempo di [[Cristo]] anche gli uomini erano pochi, e poco volevano, e pur tuttavia quel poco non bastava a tutti. Ora noi siamo diventati più [[Avidità|avidi]], siamo una moltitudine, e ad ognuno di noi necèssita possedere tutto. Dunque, lavora, accumula, risparmia... (p. 145)
*Ognuno sia sacro a se stesso. Ecco. Appunto così: ogni [[uomo]] sia per se stesso sacrosanto! (p. 145)
 
==''Incendio''==
Mi trovo su collinette calve, coperte di un'erba rara e corta; vedo intorno a me tumuli, di cui l'occhio si accorge appena, pesti dagli zoccoli del bestiame, battuti dal [[vento]]. Siedo vicino a una specie di cassa in mattoni, piccola come un balocco, coperta da un tetto di ferro, e che da lontano può sembrare una cappella, ma da vicino piuttosto un canile. Sotto il ferreo coperchio inchiavardato, la cassa custodisce catene, staffili, fruste, insieme a certi strumenti di tortura coi quali furono tormentati gli uomini sepolti sulle colline. Tutto ciò è stato lasciato in ricordo alla [[città]], come a dire: bada, non rivoltarti!<br>Ma gli abitanti della città hanno già dimenticato: chi erano gli uomini abbattuti qui? Gli uni dicono: i cosacchi di Stepan Ràsin, gli altri affermano: i morduini e i ciuvasci di Emilian Pugaciòf.<br>E soltanto il vecchio e sempre ubriaco mendicante Satinscikof afferma, come vantandosi:<br>«Noi ci siamo rivoltati con tutti e due...»
 
==''L'eremita''==
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*Però se fosse anche vero che Dio creò gli uomini, la vita li trasforma così presto che certamente da molto tempo sono diventati ributtanti per Lui. (p. 60)
*Vedi, basta un po' di felicità e l'uomo diventa subito migliore; più buono. Alcuni troppo savi, dicono che i dolori ci purificano... Io vorrei che la vita, applicando a loro questa teoria, purificasse la loro mente dagli errori... (p. 127)
 
==[[Incipit]] di ''Incendio''==
Mi trovo su collinette calve, coperte di un'erba rara e corta; vedo intorno a me tumuli, di cui l'occhio si accorge appena, pesti dagli zoccoli del bestiame, battuti dal [[vento]]. Siedo vicino a una specie di cassa in mattoni, piccola come un balocco, coperta da un tetto di ferro, e che da lontano può sembrare una cappella, ma da vicino piuttosto un canile. Sotto il ferreo coperchio inchiavardato, la cassa custodisce catene, staffili, fruste, insieme a certi strumenti di tortura coi quali furono tormentati gli uomini sepolti sulle colline. Tutto ciò è stato lasciato in ricordo alla [[città]], come a dire: bada, non rivoltarti!<br>Ma gli abitanti della città hanno già dimenticato: chi erano gli uomini abbattuti qui? Gli uni dicono: i cosacchi di Stepan Ràsin, gli altri affermano: i morduini e i ciuvasci di Emilian Pugaciòf.<br>E soltanto il vecchio e sempre ubriaco mendicante Satinscikof afferma, come vantandosi:<br>«Noi ci siamo rivoltati con tutti e due...»
 
==Note==