Roberto Peregalli: differenze tra le versioni

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* Stare in [[casa]] significa poter assaporare il piacere di sapere che fuori c'è un paesaggio meraviglioso e, quando vuoi, apri la porta o la finestra e lo guardi. Deve esserci lo sforzo del gesto. Il desiderio va centellinato, perché sia più profondo.
* Il bianco è il profumo dei colori. [...] Il bianco, ancora più del nero, laddove usato nella sua purezza, è uno dei colori più difficili che esistano, e meno imparziali. Usato in quantità massicce la sua forza ci si ritorce contro.<br/>Diventa indifferente solo in apparenza. In realtà l'indifferenza non esiste. Nulla è indifferente. È un abbaglio, un alibi. Equivale all'apatia. I vetri, il bianco sono materia, colore, carne, vita.
* L'[[ombra]], come la polvere, è il nostro fondo nascosto. La si vuole cancellare. Deve essere un eterno meriggio. Così si elimina la "carnalità del luogo", il suo erotismo sottile, la sua terrestre caducità.
* Esistono nelle città, nei paesi, nelle campagne, "rovine semplici"...Cascine abbandonate, un muro senza aperture, uno spiazzo solitario con una fabbrica dismessa, una vecchia ciminiera diroccata, una strada che non finisce, chiese, mausolei, surreali lasciati al loro [[destino]], attraversati dal tempo. Troviamo queste rovine dappertutto nel mondo, sparse tra le nuove costruzioni, o isolate e lontane. Quello che colpisce è la [[tranquillità]], la pacatezza. Non servono più a nulla, non possono essere sfruttate, manipolate. Possono solo essere cancellate da una ruspa. Questa [[fragilità]] è la loro [[forza]]. Ci affascinano perché ci somigliano. Somigliano al nostro essere caduchi, alla nostra mortalità, alla sete dei nostri attimi di [[felicità]].
* Purtroppo in estetica la dittatura di un elemento è identica alla sua democratizzazione. Il livellamento dei luoghi conduce alla dittatura della luce e viceversa. Tutto diventa uguale nell'[[indifferenza]].
* Di giorno la [[luce]] naturale irrompe dalle finestre, filtra attraverso i vetri, crea un pulviscolo che investe diagonalmente le stanze, una polvere dorata che si diffonde sulle cose.
* Di fronte all'ottusa sicumera che ci avvolge esiste un tempo altro che non possiamo controllare, dirigere, comandare e che può aprire nuove prospettive, trovando sentieri tortuosi, o spesso non tracciati. Nelle sacche dell'errore (che è un erramento) può ancora trovarsi un cammino.
* Il [[passato]] è stato messo in una teca, sigillato, perché non nuoccia. Lo si può venerare, ma lo si teme. E comunque non deve essere imitato. Gli antichi, invece, in ogni momento hanno sempre guardato indietro. Da lì traevano ispirazione. Cancellavano per ricreare.
* Credo che in quest'epoca falsamente luccicante e rassicurante, che vuole esorcizzare la morte e la fragilità della vita a ogni passo, e dove colori sgargianti, superfici nitide e sorde, luci accecanti circondano il nostro vivere, un sentiero possibile sia quello di cercare negli interstizi delle cose prodotte dall'uomo una crepa, una rovina che ne certifichi la fondatezza. In un mondo che teorizza le guerre "intelligenti" e gli obiettivi "mirati" la barbarie non è costituita dalle distruzioni, ma dalle costruzioni.
* Il decadimento fa parte dell'essere. Tutto decade, crolla, si disfa. Ma questo decadimento è un frammento di noi.
* Il concetto di incontaminato [...] è fondamentalmente falso. Tutto è contaminato dal tempo e dall'uomo. Nell'attimo stesso in cui mettere le sue radici in un luogo lascia un segno e l'incanto si sbriciola.
* Esistono nelle città, nei paesi, nelle campagne, "rovine semplici"...Cascine abbandonate, un muro senza aperture, uno spiazzo solitario con una fabbrica dismessa, una vecchia ciminiera diroccata, una strada che non finisce, chiese, mausolei, surrealitumuli lasciati al loro [[destino]], attraversati dal tempo. Luoghi che apparentemente non dicono nulla di più della loro [[solitudine]] e del loro abbandono e in cui il motivo delle loro condizioni non si legge più tra le pieghe dell'architettura. Le ferite, se mai ci sono state, non mostrano la loro origine.<br/>Troviamo queste rovine dappertutto nel mondo, sparse tra le nuove costruzioni, o isolate e lontane. Quello che colpisce è la [[tranquillità]], la pacatezza. Non servono più a nulla, non possono essere sfruttate, manipolate. Possono solo essere cancellate da una ruspa. Questa [[fragilità]] è la loro [[forza]]. Ci affascinano perché ci somigliano. Somigliano al nostro essere caduchi, alla nostra mortalità, alla sete dei nostri attimi di [[felicità]].
* Nel mondo c'è un'ansia di [[eternità]]. L'idea che tutto debba tornare a risplendere com'era. [...] È un'epoca, questa, in cui da una parte si desidera l'[[infinito]] e dall'altra ci si spaventa per la fragilità delle persone e dei luoghi.
* Pensare che un luogo possa cristallizzarsi in un'eternità senza tempo è una chimera che denota, mascherato di [[umiltà]], un senso di [[presunzione]] infinito.
* L'[[occhio]] che guarda questi luoghi {{NDR|i luoghi diroccati e abbandonati}} immagina il loro passato, sente attraverso la pelle consumata dal tempo l'[[anima]] che li avvolge.
* La patina, come la polvere, si deposita sulle cose. Dà loro [[vita]]. Le inserisce nel [[tempo]]. Un tavolo, una sedia, un bicchiere parlano del passato, delle mani che li hanno toccati, attraverso la pelle del tempo che li avvolge a poco a poco.