Carlo Alianello: differenze tra le versioni

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*– Voi? Ma dove? Ma quando? – chiese ironico Pino – se fino a un momento fa qui si ballava e i contadini... <br />– Bravo – intervenne Mimì – hai detto giusto: i contadini. Ed è perciò che ti teniamo chiuso. Dei contadini non ci possiamo fidare... e la rivoluzione la facciamo noi, i galantuomini, ma i villani no, che sono tutti per il re. Domani forse avremo da combattere contro una nuova santa fede e... non vogliamo fra i piedi, in un momento così pericoloso, dei pazzi come te, che sei più poeta di don Celestino... un ufficiale borbonico, un difensore dell'altare e del trono... (p. 219)
*E nella mente di Pino, subito, improvviso, ma pieno sì da occuparla tutta, venne il ricordo: l'alba lunare tra i monti di Tito, quella sera, la sera della serenata, quando Titina era a letto e la sua voce forse l'aveva svegliata. Titina... E Pino spalancò gli occhi e tremò, ché il buio gli era parso un tratto vivente. E la chitarra, e il violino e la canzone... Allora sottovoce cominciò Pino a cantare, per lei che lo sentiva: <br /> ''Fenesta ca' lucive e mo' non luce,'' / <br />''segn'è ca' nenna mia starrà ammalata...'' <br />I soldati sospesero di remare, ascoltando sorpresi. (p. 338)
*– E la [[libertà]] – chiese Pino – che n'hai fatto? <br />– Ce l'ho qui – rispose Franco e si batté sul petto – dacché fra la mia e quella dei liberali ho scelto liberamente, da uomo. Non mi piace la loro libertà, ché quando te la vengono a imporre con le baionette, non è più essa. Io sto da questa parte, perché così mi piace a me, che sono don Enrico Franco, e mi piace perché oggi è la parte più bella. Altri combattono e muionomuoiono per una conquista, una terra, un'idea di gloria, per un convicimentoconvincimento magari o un ideale, ma noi muoriamo per una cosa di cuore: la bellezza. Qui non c'è vanità, non c'è successo, non c'è ambizione. Noi moriamo per essere uomini ancora. Uomini che la violenza e l'illusione non li piega e che servono la fedeltà, l'onore, la bandiera e la Monarchia, perché son padroni di sé e servitori di Dio. Ieri forse poteva sembrar più nobile, più alta la parte di là, ma oggi con noi c'è la sventura, e questa è la parte più bella. Perché sopra, noi ci possiamo scrivere: senza speranza... (p. 429)
 
===[[Explicit]]===
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*Ma adesso è in chiesa e lì, nel tabernacolo, c'è Dio. Come una persona che aspetta e guarda chi parla... E Lui ha il mondo in mano, tutto. Anche il freddo, i fucili che sparano, Garibaldi e Vittorio Emmanuele. Pare tanto distante Dio che i nostri respiri non ci giungono e invece è qui, e non ci sono che due passi tra me e Lui, tre al massimo. E l'infinito in mezzo. Una pallottola che mi coglie, e anche l'infinito è scancellato e quei tre passi o due. Soli restiamo faccia a faccio, Dio e l'uomo che si chiamava Andrea Guarna. (Edizione Osanna Venosa, p. 64)
 
*I [[montagna|monti]] non è vero che chiudono l'orizzonte, anzi lo spalancano a ogni svolta, a ogni cima, e tutti i giorni tu ricominci il tuo viaggio dalla montagna nuova che ti sta di fronte che ti porterà altri pendii, altre frane, altri boschi e poi montagne ancora... E in fondo ci ho trovato Dio nel tabernacolo, così vicino e tanto lontano... (Edizione Osanna Venosa, p. 65)
 
*Ma subito ogni voce si fuse in un grido solo che sormontò anche il canto delle suore, l'appello dei padri, il richiamo contro ogni ingiustizia e l'avvio a tutte le speranze, il grido della Santa Fede: "Viva Maria!" (Edizione Osanna Venosa, p. 84)