Carlo Alianello: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Carlo Alianello==
 
*Nella cerimonia d'ammissione io mi son votato a Lei {{NDR|alla Madonna}}, come, secondo la vecchia formulazione feudale, cavaliere a Dama e Signora. Ho giurato e, se non ho sempre mantenuto il mio giuramento, non fu mai per infedeltà, ma per debolezza, così come quando il cavaliere si alleggeriva talvolta di corazza, giaco e morione; l'armatura di ferro è dura a portarsi, dura milizia è la vita degli uomini. <br />Per quella fede donata, quel prestato giuramento non l'ho scordato nè lo dimenticherò mai per l'onore della mia Dama, neppure quando non vi saranno più nè luoghi nè tempi per correr quintane e nessun infedele porterà più colori avversi contro il suo azzurro manto. Resterà un nome solo, un tempo incommensurabile, un unico confine senza limiti nè misure: l'eternità, dico, nel nome di Dio . (da ''Lo scrittore o della solitudine'', 1970.; Citatocitato in [http://www.neoborbonici.it/portal/index.php?option=com_content&task=view&id=1640&Itemid=207 Carlo Alianello. Scrittore umano e popolare] di Gianandrea de Antonellis)
 
*Il mio talento è quello di narratore di favole, di cantastorie o, se si preferisce, di aedo. (Citatocitato in [http://www.neoborbonici.it/portal/index.php?option=com_content&task=view&id=1640&Itemid=207 Carlo Alianello. Scrittore umano e popolare] di Gianandrea de Antonellis)
 
==''L'alfiereAlfiere''==
 
===[[Incipit]]===
*Le fucilate cominciarono subito. I Cacciatori, che s'erano sparpagliati a catena fra i sassi e le stoppie, avevano aperto il fuoco contro quel formicolar d'uomini, lassù, dall'altro lato del vallone, e tiravan calmi, a comando, dopo la prima scarica troppo precipitosa.
 
===Citazioni===
*-Brutta cosa - disse - figlio mio, nascere napoletani! <br />-E perchè papà? <br />-Perchè siamo vecchi, figlio. Le grandi cose, le grandi virtù, gli ideali si son logorati fra le mani in tanti secoli e han perduto quel lustro, quel brillìo, quella certezza che attrae e fa muovere la gente giovane. Non c'è più una virtù vergine, qui da noi; e agli uomini noi non crediamo più. A nessuno. Ma li perdoniamo di essere uomini, purchè ci lascino ridere di loro. Non c'è rimasta che la fede in Dio, perchè Dio è troppo alto lassù, non corruttibile. E anche questa i liberali ci vogliono togliere... maledetti fessi! Come potrà vivere questo popolo se non gli rimane una sola certezza? (p. 121)
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*-Voi? Ma dove? Ma quando? - chiese ironico Pino - se fino a un momento fa qui si ballava e i contadini... <br />- Bravo - intervenne Mimì - hai detto giusto: i contadini. Ed è perciò che ti teniamo chiuso. Dei contadini non ci possiamo fidare... e la rivoluzione la facciamo noi, i galantuomini, ma i villani no, che sono tutti per il re. Domani forse avremo da combattere contro una nuova santa fede e... non vogliamo fra i piedi, in un momento così pericoloso, dei pazzi come te, che sei più poeta di don Celestino... un ufficiale borbonico, un difensore dell'altare e del trono... (p. 219)
*E nella mente di Pino, subito, improvviso, ma pieno sì da occuparla tutta, venne il ricordo: l'alba lunare tra i monti di Tito, quella sera, la sera della serenata, quando Titina era a letto e la sua voce forse l'aveva svegliata. Titina... E Pino spalancò gli occhi e tremò, ché il buio gli era parso un tratto vivente. E la chitarra, e il violino e la canzone... Allora sottovoce cominciò Pino a cantare, per lei che lo sentiva: <br /> ''Fenesta ca' lucive e mo' non luce,'' / <br />''segn'è ca' nenna mia starrà ammalata...'' <br />I soldati sospesero di remare, ascoltando sorpresi. (p. 338)
*- E la libertà - chiese Pino - che n'hai fatto? <br />-Ce l'ho qui - rispose Franco e si batté sul petto - dacché fra la mia e quella dei liberali ho scelto liberamente, da uomo. Non mi piace la loro libertà, ché quando te la vengono a imporre con le baionette, non è più essa. Io sto da questa parte, perché così mi piace a me, che sono don Enrico Franco, e mi piace perché oggi è la parte più bella. Altri combattono e muiono per una conquista, una terra, un'idea di gloria, per un convicimento magari o un ideale, ma noi muoriamo per una cosa di cuore: la bellezza. Qui non c'è vanità, non c'è successo, non c'è ambizione. Noi moriamo per essere uomini ancora. Uomini che la violenza e l'illusione non li piega e che servono la fedeltà, l'onore, la bandiera e la Monarchia, perché son padroni di sé e servitori di Dio. Ieri forse poteva sembrar più nobile, più alta la parte di là, ma oggi con noi c'è la sventura, e questa è la parte più bella. PerchèPerché sopra, noi ci possiamo scrivere: senza speranza... (pgp. 429)
 
===[[Explicit]]===
*Cos'era finito? Un governo, un regno, un'idea... Ma non il male del mondo, né la sua anima. <br /> Balzò in piedi e s'appoggiò alla feritoia respirando forte. Dentro la casamatte era già tenebra fitta, ma fuori il giorno non era ancora tutto spento. E Cristo c'è. La sua anima gli restava e Dio e la sua lotta. <br />Con un guizzo il sole sprofondò nel mare e quell'aureola dorata, stretta in un fascio di luce, salì sull'orizzonte e si diffuse sperdendosi nel cielo già pallido. <br />Nella sua branda Franco si scosse, si rigirò, annaspò un poco respirando forte e ripeté ancora: -Io non ho capitolato.
 
==''L'eredità della Priora''==
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===Opere===
*{{Pedia|L'Alfiere (romanzo)|''L'Alfiere''|(1942)}}
 
[[Categoria:Scrittori italiani|Alianello, Carlo]]