Giorgio Bassani: differenze tra le versioni

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===[[Incipit]]===
Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini – di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga – e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d'Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse l'ultima guerra. Ma l'impulso, la spinta a farlo veramente, li ebbi soltanto un anno fa, una domenica d'aprile del 1957.
 
===Citazioni===
* «Si capisce», rispose. «I morti da poco sono più vicini a noi, e appunto per questo gli vogliamo più bene. Gli etruschi, vedi, è tanto tempo che sono morti» – e di nuovo stava raccontando una favola –, «che è come se non siano mai vissuti, come se siano ''sempre'' stati morti». <br />[...] toccò a Giannina impartire la sua lezione. <br />«Però adesso che dici così», proferì dolcemente, «mi fai pensare che anche gli etruschi sono vissuti, invece, e voglio bene anche a loro come a tutti gli altri». (prologo)
* Ora lui, Bartleby, finché lo mettevano a scrivere, ci dava dentro a sgobbare coscienziosamente. Ma se a Spencer Tracy veniva in testa di affidargli qualche lavoretto supplementare, come quello di collazionare una copia sul testo, originale, o di fare un salto dal tabaccaio all'angolo della strada per comperare un francobollo, lui niente: si limitava a sorridere evasivo, e rispondere con educata fermezza: «''I prefer not to''».<ref>Cfr. [[Herman Melville]].</ref><br />«E per quale motivo, poi?» chiesi, tornando col libro in mano.<br />«Perché non gli andava di far altro che lo scrivano. Lo scrivano e basta.»<br />«Però scusa» obbiettai. «immagino che Spencer Tracy gli passasse un regolare stipendio.»<br />«Certo» rispose Micòl. «Ma cosa significa? Lo stipendio paga il [[lavoro]], mica la ''persona'' che lo compie.» [...]<br />Discutemmo abbastanza a lungo sul povero Bartleby e su Spencer Tracy. Lei mi rimproverava di non capire, di essere «''un''» banale, il solito inveterato conformista. (cap. IV, 2; 1991, pp. 173 sg.)
* Eh, sì, tagliare la corda è facile: ma a cosa porta, quasi sempre, specie in materia di «situazioni morbide»? Novantanove volte su cento la ; brace continua a covare sotto la cenere: col magnifico risultato che dopo, quando due si rivedono, parlarsi tranquillamente, da buoni amici, è diventato difficilissimo, pressoché impossibile. (cap. IV, 3; 1962, p. 221; 1990, p. 398)
*Domandai {{NDR|a Micòl}} perché le sembrasse tanto impossibile {{NDR|che lui e lei potessero fare l'amore}}.<br>Per infinite ragioni – rispose –: la prima delle quali era che a pensar di far l'amore con me le riusciva altrettanto imbarazzante che se avesse pensato di farlo con il fratello, toh, con Alberto. Era vero: da bambina, aveva avuto per me un piccolo ''striscio'': e chissà, forse era proprio questo che adesso la bloccava talmente nei miei riguardi. Io... io le stavo ''di fianco'', capivo?, non già ''di fronte'': mentre l'amore – così, almeno, se lo immaginava lei – era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda: uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d'animo e onestà di propositi. (cap. IV, 3; 1962, p. 222; 1990, p. 399)
*«{{NDR|Micòl}} Sono anche io come tutte le altre: bugiarda, traditora, ''infedele''... Non molto diversa da un'Adriana Trentini qualsiasi, in fondo».<br>Aveva detto «infedele» spiccando le sillabe, con una specie di amaro orgoglio. Proseguendo, aggiunse che se io avevo avuto un torto era sempre stato quello di sopravalutarla un po' troppo. Con questo, non è che avesse la minima intenzione di scagionarsi, per carità. Tuttavia era un fatto: lei ''aveva sempre letto nei miei occhi tanto «idealismo» da sentirsi in qualche modo forzata ad apparire migliore di quanto non fosse in realtà.'' (1962, p. 227)
*Ma Micòl non discese, per questo, dal piedistallo di purezza e di superiorità morale su cui, da quando ero partito per l'esilio, l'avevo collocata. Essa continuò a rimanerci, lassù. Io, per me, mi consideravo fortunato di essere stato riammesso ad ammirarne ogni tanto l'immagine lontana, bella di dentro non meno che di fuori. (1962, p. 242)
*Io, al contrario, sostenevo che l'[[amore]] giustifica e santifica tutto, perfino la pederastia; di più: che l'amore, quando è puro, cioè totalmente disinteressato, è sempre anormale, asociale, eccetera: proprio come l'arte – avevo aggiunto –, che quando è pura, dunque inutile, dispiace a tutti i preti di tutte le religioni, compresa quella socialista. (1962, p. 263)
*Fu così che rinunciai a Micòl. [...] era tempo che mettessi l'animo in pace. Veramente. Per sempre. (1962, pp. 279, 287)
*La [[paura]], anche in arte, è sempre stata una pessima consigliera.
 
===[[Explicit]]===