Jean Campbell Cooper: differenze tra le versioni

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*Al contrario, <nowiki>[</nowiki>[[Eraclito]]] condivideva con [[Platone]] l'idea che la realtà ultima fosse al tempo stesso il Molteplice e l'[[Monismo|Uno]] e che i due poteri in conflitto si risolvessero infine nell'armonia del Logos. Questa teoria eraclitea dell'opposizione si distingue da quella taoista dei Due Poteri, per il fatto che questi ultimi non sono in reciproco conflitto, quanto in tensione complementare. Il flusso eracliteo, inoltre, è disordinato, sebbene lo stesso Eraclito riconosca l'esistenza nel [[mondo]] di determinate leggi, mentre nei taoismo il Tao si propone come il conservatore dell'ordine dell'[[universo]], un ordine al quale l'uomo si deve uniformare per poter conservare l'equilibrio e l'armonia. (p. 58)
*Questa spontaneità [dell'uomo saggio], fra l'altro, corrisponde esattamente a quel 'gioco' cosmico che le religioni orientali esprimono con un simbolismo tanto stupendo. Nell'[[induismo]], in particolare, questo simbolo è la [[danza]] divina di creazione, l'illustrazione più felice dell'intima unità dell'universo, in quanto il danzatore e la danza non possono in alcun modo essere disgiunti l'uno dall'altra: la forza creativa che agisce nel cosmo non può disgiungersi dalla propria creazione. [[Shiva]], però, compie sia una danza di creazione che una danza di distruzione: quando danza in compagnia di una donna, i suoi movimenti sono gentili e pieni di grazia, naturalmente creativi, trovandosi ''yin'' e ''yang'' in una condizione di equilibrio; nel momento in cui danza da solo, però, il simbolismo che gli attiene è quello dell'asceta solitario, e i suoi movimenti si fanno violenti e distruttivi: l'equilibrio di ''yin'' e ''yang'' è ormai perduto. (p. 60)
*L'induismo, al pari del taoismo, pone l'accento sulla comprensione, più che sull'azione, e in questo modo l'ignoranza diventa il contrario del bene e dunque l'unico, vero peccato. Il trionfo dell'ignoranza è la cosiddetta ''avidya'' e sia il taoismo che l'induismo e il buddhismo insegnano che questa stessa ignoranza è il principio di ogni affanno. La conoscenza di sé, definita ''moksha'', è il sentiero che conduce all'emancipazione e alla realizzazione della liberazione dalle illusioni del mondo sensoriale. La dottrina della ''maya'', dell'illusione, non implica di per sé la totale irrealtà di questo mondo, il quale, piuttosto, è simile a un gioco d'ombre, a un riflesso. (pp. 88-89)
 
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