Paul-Louis Courier: differenze tra le versioni

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*Gli Inglesi ci hanno provocati e a buon mercato, non credo che il bilancio dei morti sia di cinquanta uomini. Fu lo scorso 4 luglio. Il combattimento durò dieci minuti e in dieci minuti perdemmo un terzo dei nostri (circa 2.000 uomini), la nostra artiglieria, i nostri bagagli, magazzini, tesoro, amministrazione, insomma, tutto ciò che si può perdere. La [[Calabria]] intera si sollevò e prese contro di noi le armi che sciaguratamente avevano lasciato. (p. 65)
*La nostra situazione era triste. Non potevamo andare più avanti, quando incontrammo Massena che veniva dall'assedio di Gaeta. Allora ritornammo sui nostri passi, formando l'avanguardia di questa piccola armata e portando agli insorti la più spregevole delle guerre. Ne uccidiamo pochi, ne prendiamo ancora meno. La natura del paese, la conoscenza del luogo, fanno sì che, anche sorpresi, ci sfuggano facilmente, non viceversa. Quelli che acciuffiamo li impicchiamo agli alberi; quando ci prendono loro ci bruciano il più dolcemente possibile. (pp. 65-66)
 
===LXXXIX. ''Al signor Akerblad a Roma''===
<small><div align=right>Firenze, 5 dicembre 1809</div></small>
* Seguivo un generale, che da molto mi ero abituato un buon uomo e mio amico, e lo credevo tale per sempre; ma divenne un conte. Quale metamorfosi! del buon uomo nessuna traccia, e dell'amico più notizie; invece al suo posto un protettore: non lo avrei mai creduto, se non ne fossi stato testimone, ci passasse tanta differenza tra un uomo e un conte. Seppi accortamente sottrarmi alla sua alta protezione, ed eccomi quasi libero e felice tanto quanto lo si può essere. (p. 131)
 
===XCI. ''Al signor Renouard a Parigi''===
<small><div align=right>Firenze, 3 marzo 1810</div></small>
* Ho ricevuto, signore, le vostre due lettere relative alla macchia d'inchiostro. Non vedo più il signor Fauchet; ma ho forti dubbi che volesse entrare per niente in questa faccenda. E d'altronde ciascuno evita di compromettersi col canagliume. È il solo nome che si possa dare a gente di questa risma che abbaia contro di noi. Per quel che mi riguarda non me accorgo nemmeno. Le gazzette d'Italia sono molto oscure, e non possono farvi né gran bene né gran male. Infatti non consentirò che vi impicchino per me, e sono sempre pronto a gridare: ''Me, me, adsum qui feci''. Dichiarerò, come vedrete, che io da solo ho fatto la fatale macchia, e non ho avuto complici. (p. 133)
 
===XCVII. ''Al signor Lamberti a Milano''===
<small><div align=right>Roma, 9 maggio 1810</div></small>
* La macchia d'inchiostro sul manoscritto è poca cosa, e le sciocchezze messe in giro sui giornali non meritano che Renouard si inquieti tanto. Un foglio di carta che mi serviva nel volume per segnare il punto della scoperta si è trovato, non so come, imbrattato sotto d'inchiostro, ed essendosi incollato al foglietto, ne ha cancellato una ventina di parole in quasi altrettante righe: questo il fatto. Ma il bibliotecario, un certo Furia, è inconsolabile, né mi perdona la piccola scoperta in un manoscritto che ebbe a lungo tra le mani, e di cui ha anche pubblicato diversi estratti: di qui la rabbia. (p. 137)
 
===CXX. ''Alla signora de Salm a Parigi''===