La Repubblica (dialogo): differenze tra le versioni

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[[Immagine:POxy3679_Parts_Plato_Republic.jpg|right|thumb|Frammento papiraceo de ''la Repubblica'' ritrovato a Ossirinico]]
'''''la Repubblica''''' (titolo originale Πολιτεία) è un, dialogo di [[Platone]] del 360 a.C.
 
===[[Incipit]]===
Ieri scesi al Pireo con Glaucone, figlio di Aristone, per pregare la dea e nello stesso tempo per vedere come avrebbero celebrato la festa, dato che è la prima volta che la fanno. Mi sembrò davvero bella anche la processione della gente del posto, ma non appariva meno decorosa quella condotta dai Traci. Fatte le nostre preghiere e contemplato lo spettacolo, stavamo tornando in città quando Polemarco, figlio di Cefalo, avendo visto da lontano che ci incamminavamo verso casa, mandò di corsa il suo giovane schiavo per invitarci ad aspettarlo. E il ragazzo, afferratomi da dietro per il mantello, mi disse: "Polemarco vi prega di aspettarlo". Io mi voltai e gli chiesi dove fosse.<br />
"Eccolo qui dietro che arriva", rispose. "Aspettatelo".<br />
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"E allora state certi che non vi ascolteremo".
 
===Citazioni===
*Ogni re deriva da una stirpe di schiavi ed ogni schiavo ha dei re tra i suoi [[antenati]].
*Lo stato risibile della geometria solida mi ha fatto lasciar perdere questa branca.
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*Quando cambiano i modi della [[musica]], cambiano sempre con essi le leggi fondamentali dello [[Stato]] (libro IV, citato in [[Edgar Wind]], ''[[Arte e Anarchia]]'')
 
*Se un tale uomo <small>[{{NDR|un poeta pericoloso per lo [[Stato ideale]], intendendo<ref>Intendendo qui il termine [[poeta]] propriamente nel suo valore [[etimologia|etimologico]] ossia ''che fa'', ''creatore'' e quindi dalla sua derivazione da ''[[poiesi]]'' in quanto ''produzione'' e "attività creativa dell'essere umano"]. ''[nota di un coautore della voce]''</smallref> pericoloso per lo [[Stato ideale]]}} viene da noi per mostrarci la sua arte, ci metteremo in ginocchio davanti a lui, come davanti a un essere raro e santo e dilettevole.. L'ungeremo con la [[mirra]] e gli porremo un serto di lana sulla testa, e lo manderemo via, in un'altra [[città]]. (citato in Edgar Wind, ''Arte e Anarchia'')
 
*La città non potrebbe mai essere felice in altro modo, se non allorché ne tracceranno il disegno (''diagrapseian'') quei [[pittore|pittori]] che fanno uso del modello divino (libro VI, citato in ''Qabbalah visiva'', di [[Giulio Busi]])
 
===[[Explicit]]===
Ma a Er fu impedito di bere l'acqua; non sapeva come e per quale via fosse tornato nel corpo, ma all'improvviso riaprì gli occhi e si vide disteso all'alba sulla pira. Così, Glaucone, il suo racconto si è conservato e non è andato perduto, e potrà salvare anche noi, se gli crederemo e attraverseremo felicemente il fiume Lete senza contaminare la nostra anima. Ma se daremo retta a me, considerando l'anima immortale e capace di sopportare ogni male e ogni bene, terremo sempre la via che porta in alto e praticheremo in ogni modo la giustizia unita alla saggezza; in questo modo saremo cari a noi stessi e agli dèi finché resteremo quaggiù e anche dopo che avremo riportato le ricompense della giustizia, come i vincitori che vanno in giro a raccogliere premi, e godremo della felicità su questa terra e nel cammino di mille anni che abbiamo descritto.
 
==Note==
<references />
 
===Bibliografia===
*Edgar Wind, ''Arte e Anarchia'', traduzione di [[Rodolfo Wilcock]], edizione Mondadori su licenza della Adelphi, [[1972]].
* Giulio Busi, ''Qabbalah visiva'', Torino, Einaudi, 2005. ISBN 88-8419-261-7 ISBN 978-88-06-16568-0