Burchiello: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m wikificare
un attimo che sistemo tutto
Riga 6:
==''Sonetti''==
===[[Incipit]]===
 
<poem>
Andando in Spagna per la fiera a Todi,
io vidi in un baston cento porchette
ch'erano arrosto: e quivi le palette
teneva el capitan da monte Godi.
E quello era da Trievi e, se ben odi,
con la sua birraria era alle strette
coi capi grossi e con le lor garrette,
e l'uno all'altro dice: – Or rodi, rodi –.
E gli erano in farsetto e gobbi snelli,
attorno al collo di molti ballanti,
e lor cantando prima gonfian quelli
E fan bordon, sì come gli otricelli
delle pive lombarde, et odi i canti
che paion di Valmonton belanti uccelli.
E questi sono i belli,
in la valle di Todi ver Perusa,
ballando tutti a suon di cornamusa.
E quivi questo s'usa:
ballano i gozzi e lì cantano i muti,
al suon delle campane di duo imbuti.</poem>
 
===Citazioni===
 
<poem>*
Il Despoto di Quinto, e 'l gran Soldano,
Line 50 ⟶ 25:
E l'Anguille s'armaron di panziera.</poem>
 
===Citazioni===
<poem>*IL BURCHIELLO CARCERATO
 
Signori, in questa ferrea graticola
 
Lo stentar tanto a torto mi rincresce:
 
L'ardente vertù manca, e 'l popol cresce,
Onde si fan le parti di formicola:
Bacco già lava i piedi ad ogni Agricola,
E 'l condotto ci muffa: e sol si mesce
La vena, che nutrica il nostro pesce,
Che beendone gli esce per l'auricola.
Io fui in cento lire condennato,
Per voler insegnar cantar la Zolfa
Per madre a un minor fratel di Cristo.
Poi di dugento bando mi fu dato
Per una landra da Frati Criolfa,
Per odio, e 'nvidia d'un geloso tristo;
Che disse avermi visto,
Con la scala di notte a lei furare
Due cuffie poste al buio a rasciugare.</poem>
 
<poem>*
Nominativi fritti e mappamondi,
Amico; io mi partì non meno offeso,
E l'arca di Noè fra due colonne
Che tu della tua propria passione;
Cantavan tutti chirieleisonne
Dubitando poter esser cagione
Per volernel'influenza piacer,de' disagiotaglier homal presotondi.
La Luna mi dicea: "Ché non rispondi?"
E per in parte alleviar tuo peso,
E io risposi: "Io temo di Giasonne,
Che tutto a torlo via non è ragione;
Però ch'io odo che 'l diaquilonne
Rimbrotti, bizzarrie, mugli, e quistione
È buona cosa a fare i capei biondi."
Sian teco sempre nel carico acceso,
Per questo le testuggini e i tartufi
E però in tutte cose impaziente,
M'hanno posto l'assedio alle calcagne
Fa traboccar all'appetito il sacco,
Dicendo: "Noi vogliam che tu ti stufi."
Viver sempre lascivo, e 'ncontinente;
E questo sanno tutte le castagne:
Agresto, Aceto, Vino, e frutte a sbacco
Pei caldi d'oggi son sì grassi i gufi,
In ogni cibo e continuamente,
Ch'ognun non vuol mostrar le sue magagne.
Nondimen non lasciar l'uso di Ciacco;
E vidi le lasagne
Seguir Venere, e Bacco
Andare a Prato a vedere il Sudario
T'ingegna, quando sei dal duolo afflitto
E ciascuna portava l'inventario. (X 10
Con cioncar malvagìa, e chiavar ritto.</poem>
 
 
<poem>*
Novantanove maniche infreddate,
Cimici, e pulci, con molti pidocchi
E unghie da sonar l'Arpa co i piedi,
Ebbi nel letto, e al viso zanzale;
Si trastullavan al ponte a Rifredi
In buona fé, ch'io mi condussi a tale,
Per passar tempo infino a mezza State.
Che 'n tutta notte non chiusi mai occhi;
Intanto vi passar le bruciate
Pugnevan le lenzuola come brocchi,
Dicendo l'un'all'altra: che ne credi?
I' chiamai l'oste, ma poco mi vale;
E 'l Turcimanno disse: Or tu non vedi,
E dissigli vien qua se te ne cale
Che 'nfino alle vesciche son gonfiate.
Col lume in mano, e fa ch'apra due occhi;
A me ne venne voglia, e volli torne,
Un topo, ch'io aveva sotto l'orecchio
E le Chiocciole allor si dolson meco,
Forte rodea la paglia del saccone,
Perch'una siepe avea messo le corne.
Dal lato manco mi tossiva un vecchio;
E una gazza, che parlava in Greco,
E giù da piede piangeva un garzone,
Disse: voi, che n'andate tanto adorne,
Qual Animal m'appuzza; qual morsecchio:
Come? credete voi, che l'uom sia cieco?
Dal lato ritto russava un montone.
Va, leggi l'Alfabeco,
Onde per tal cagione
E troverai a un filar di forra,
Perdetti il sonno, e tutto sbalordito
Come le palle hanno il cervel di borra. (XVIII 18
Con gran sete sbucai, quasi finito.</poem>
 
 
<poem>*
Line 124 ⟶ 87:
Abbi a mente il fiaschetto:
guarda la vesta, e in modo t'assottiglia
ch'io non toccassi della meraviglia.</poem> CXLVIII 148
 
 
<poem>*
Cimici, e pulci, con molti pidocchi
Ebbi nel letto, e al viso zanzale;
In buona fé, ch'io mi condussi a tale,
Che 'n tutta notte non chiusi mai occhi;
Pugnevan le lenzuola come brocchi,
I' chiamai l'oste, ma poco mi vale;
E dissigli vien qua se te ne cale
Col lume in mano, e fa ch'apra due occhi;
Un topo, ch'io aveva sotto l'orecchio
Forte rodea la paglia del saccone,
Dal lato manco mi tossiva un vecchio;
E giù da piede piangeva un garzone,
Qual Animal m'appuzza; qual morsecchio:
Dal lato ritto russava un montone.
Onde per tal cagione
Perdetti il sonno, e tutto sbalordito
Con gran sete sbucai, quasi finito. (CLIX 159
 
 
<poem>*
Signori, in questa ferrea graticola
Lo stentar tanto a torto mi rincresce:
L'ardente vertù manca, e 'l popol cresce,
Onde si fan le parti di formicola:
Bacco già lava i piedi ad ogni Agricola,
E 'l condotto ci muffa: e sol si mesce
La vena, che nutrica il nostro pesce,
Che beendone gli esce per l'auricola.
Io fui in cento lire condennato,
Per voler insegnar cantar la Zolfa
Per madre a un minor fratel di Cristo.
Poi di dugento bando mi fu dato
Per una landra da Frati Criolfa,
Per odio, e 'nvidia d'un geloso tristo;
Che disse avermi visto,
Con la scala di notte a lei furare
Due cuffie poste al buio a rasciugare. (da ''Il Burchiello carcerato, CLXI) 161
 
<poem>*PER LA MORTE DEL BURCHIELLO
Line 143 ⟶ 146:
E Ircana, il suo volto
Gli volse, perch'io temo dar la fronda,
Che lieve Burchio mosse sì lieve onda.</poem> (CLXX 170
 
 
<poem>*
Nominativi fritti e mappamondi,
E l'arca di Noè fra due colonne
Cantavan tutti chirieleisonne
Per l'influenza de' taglier mal tondi.
La Luna mi dicea: "Ché non rispondi?"
E io risposi: "Io temo di Giasonne,
Però ch'io odo che 'l diaquilonne
È buona cosa a fare i capei biondi."
Per questo le testuggini e i tartufi
M'hanno posto l'assedio alle calcagne
Dicendo: "Noi vogliam che tu ti stufi."
E questo sanno tutte le castagne:
Pei caldi d'oggi son sì grassi i gufi,
Ch'ognun non vuol mostrar le sue magagne.
E vidi le lasagne
Andare a Prato a vedere il Sudario
E ciascuna portava l'inventario.</poem>
 
<poem>*
Amico; io mi partì non meno offeso,
Novantanove maniche infreddate,
Che tu della tua propria passione;
E unghie da sonar l'Arpa co i piedi,
Dubitando poter esser cagione
Si trastullavan al ponte a Rifredi
Per passarvolerne tempopiacer, infinodisagio aho mezza Statepreso.
E per in parte alleviar tuo peso,
Intanto vi passar le bruciate
Che tutto a torlo via non è ragione;
Dicendo l'un'all'altra: che ne credi?
Rimbrotti, bizzarrie, mugli, e quistione
E 'l Turcimanno disse: Or tu non vedi,
Sian teco sempre nel carico acceso,
Che 'nfino alle vesciche son gonfiate.
E però in tutte cose impaziente,
A me ne venne voglia, e volli torne,
Fa traboccar all'appetito il sacco,
E le Chiocciole allor si dolson meco,
Viver sempre lascivo, e 'ncontinente;
Perch'una siepe avea messo le corne.
Agresto, Aceto, Vino, e frutte a sbacco
E una gazza, che parlava in Greco,
In ogni cibo e continuamente,
Disse: voi, che n'andate tanto adorne,
Nondimen non lasciar l'uso di Ciacco;
Come? credete voi, che l'uom sia cieco?
Seguir Venere, e Bacco
Va, leggi l'Alfabeco,
T'ingegna, quando sei dal duolo afflitto
E troverai a un filar di forra,
Con cioncar malvagìa, e chiavar ritto. (CLXXV 175
Come le palle hanno il cervel di borra.</poem>
 
==''Sonetti inediti''==
===[[Incipit]]===
 
<poem>altri
Andando in Spagna per la fiera a Todi,
io vidi in un baston cento porchette
ch'erano arrosto: e quivi le palette
teneva el capitan da monte Godi.
E quello era da Trievi e, se ben odi,
con la sua birraria era alle strette
coi capi grossi e con le lor garrette,
e l'uno all'altro dice: – Or rodi, rodi –.
E gli erano in farsetto e gobbi snelli,
attorno al collo di molti ballanti,
e lor cantando prima gonfian quelli
E fan bordon, sì come gli otricelli
delle pive lombarde, et odi i canti
che paion di Valmonton belanti uccelli.
E questi sono i belli,
in la valle di Todi ver Perusa,
ballando tutti a suon di cornamusa.
E quivi questo s'usa:
ballano i gozzi e lì cantano i muti,
al suon delle campane di duo imbuti.</poem>
 
===Citazioni===
 
<poem>*
Line 200 ⟶ 213:
E con questi dispetti
io vivo: pensa se ho da consumarmi,
che da tre topi non posso aitarmi.</poem> (XLIV 44
 
==Bibliografia==