Francesco Mario Pagano: differenze tra le versioni

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*La confessione, estorta tra i tormenti, è l'espressione del dolore, non già l'indizio della verità. (da ''Considerazioni sul processo criminale'', 1797)
==''Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili''==
===[[Incipit]]===
Il [[delitto]] è ''la violazione di un [[Diritto|dritto]] o naturale, o civile dell'uomo'': ovvero ''una mancanza dell'adempimento dell'obbligazione o naturale, o civile''. Esso è una commissione di ciò che non devesi fare, o l'omissione di ciò che convien fare.<br />La [[pena]] per l'opposto è ''la perdita di un dritto per un diritto violato'', o ''per un dovere omesso'': perdita di un dritto che toglie al reo la legge, e per essa i magistrati suoi esecutori. E però la pena ''pubblica vindicta'' fu da' romani giureconsulti chiamata: avvegnacchè quella vendetta: che nello stato di natura apportò il privato braccio dell'offeso, nella città arreca la pubblica autorità de' magistrati.<br />Essendo il delitto la violazione di un dritto, la divisione de' delitti segue la partizione de' dritti. Quindi i delitti naturali sono le violazioni de' naturali dritti, o l'omissione de' naturali doveri: delitti civili, le offese de' dritti nati colla società. I delitti tutti sono benanche pubblici o privati, come offendono o i pubblici o i privati dritti.
===Citazioni===
*La [[giurisprudenza]] à la scienza delle leggi siano divine, siano umane.<br />Ella dicesi prudenza, poichè il giureconsulto, come tutti coloro che hanno per oggetto la pratica, deve adattare le teorie a' casi particolari; ciò ch'è l'opera del buon senso, vale a dire della prudenza. (citato in ''Introduzione'', p. 5)
*Saggiamente l'immortale [[Ugo Grozio|Ugon Grozio]] chiamò il dritto positivo ''diritto naturale ipotetico'', poichè egli è il dritto medesimo della naiura , che viene stabilito dalla medesima, dato un fatto, cioè ''stabilire la società''. Ed elegantemente il dritto civile vien chiamato la ''ragion civile'', poichè è una derivazione di quella eterna ed immutabile ragione, della quale partecipano gli uomini, e sviluppano gli umani legislatori, quando stabiliscono le leggi positive. (p. 7)
*Le leggi criminali fissando le convenevoli pene ai diversi delitti che turbano l'ordine sociale, producono quella tranquillila, ch'è il principale oggetto della società. (p. 7)
*In questo secolo la face della filosofia incominciò a rischiarare le tenebre del foro. Il primo si fu l' autore dello Spirita delle leggi, cioè il celebre Presidente di [[Montesquieu]] a gittare lo sguardo filosofico sulla giurisprudenza criminale. Il celebre Marchese [[Cesare Beccaria|Beccaria]] ''ex proposito'' nel libro ''De' delitti, e delle pene'' molto famoso in [[Europa]], richiamò ad esame molte dottrine ciecamente seguite nel foro. Una folla di scrittori seguirono le orme di questi valentuomini. Ma a dire il vero, benchè molte vedute piene di filosofia e di umanità si scorgano nelle opere loro; tuttavolta non mostrano sempre molta cognizione delle leggi, e del foro, e sovente la di loro analisi non è molto esatta nè molto profonda. (p. 9)
*Niuno ha paragonato le leggi e gli usi del foro colle teorie della ragione. (p. 9)
*Il delitto non è la sola, ma bensì la dolosa violazione de' dritti altrui. Quindi fa d'uopo, che per l'esistenza del delitto due qualità concorrano insieme, ''l'anima e l'effetto'', vale a dire fa di mestieri che siasi recato un danno, e ciò non per caso o necessita, ma per gravità e dolo. Quindi la gravezza del delitto devesi misurare secondo il doppio aspetto e ''del danno recato, e del dolo del delinquente''.(p. 11)
*Il delinquente non soltanto nuoce col danno che reca, ma benanche coll'esempio che porge. (p. 12)
*I grandi che delinquono animano più al delitto, che le persone dappoco. (p. 12)
*La lingua della [[filosofia]] parla soltanto agli animi elevati, la voce delle [[Legge|leggi]] deve intuonar benanche l'orecchio della feccia del popolo. Quindi i filosofi colla bilancia dell'orafo, i legislatori con quella del mugnajo, come i [[Toscana|Toscani]] dicono, pesano le azioni degli uomini. (p. 13)
*Niuno debba del nudo pensiero soffrir la pena, essendo il [[delitto]] un fatto dannevole alla società. E quando sia manifestato nelle semplici parole, può meritar correzione soltanto. Quindi i pensieri soggetti alle divine, sono esenti dalle umane pene. (p. 13)
*Lo [[spirito]] umano quando per riflessione e per ragionamento opera, allora soltanto volontariamente opera: perchè allora determina se stesso. Ma quando operi per passione, il principio dell'azione è nell'esterno oggetto, che facendo impresione su i nostri sensi, genera una sensazione o piacevole o dolorosa , dalla quale scaturisce l'appetito che sospinge od operare. (p. 14)
*Chi non intende affatto ciocché opera; per ignoranza opera; e perciò l'azione imputar non se gli deve, non avendoci avuta la volontà parte alcuna. (p. 15)
*Coloro che commettono [[Delitto|delitti]] nel sonno non soffrono alcuna pena. (p. 16)
 
{{NDR|Francesco Mario Pagano, ''Principj del Codice Penale e Logica de' Probabili'', Da' Torchi di Raffaello Di Napoli, Napoli 1828}}
 
== Altri progetti==
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[[Categoria:Giuristi italiani|Giannone, Pietro]]