Macalda di Scaletta: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Macalda e Alaimo durante l'accoglienza riservata da [[Messina]] a Pietro III d'Aragona}} Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue galee e quattro taride del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne. ({{ca}} [[Bernat Desclot]], ''Crònica de Bernat Desclot'' o ''Llibre del rei en Pere e dels seus antecessors passats'' Cap. XCVI<ref>''[http://books.google.it/books?id=y6NCAAAAYAAJ&pg=PA840#v=onepage&q&f=false Cronache catalane del secolo 13. e 14. Una di Raimondo Muntaner e l'altra di Bernardo D'Esclot]'', Cap. XCVI, traduzione di Filippo Moisè, Galileiana, 1844 (pp. 840-41)</ref>)
[[File:Messina castello di Matagrifone Rocca Guelfonia Torre bastione guelfonia.jpg|thumb|200px|Il castello ''Matagrifone'', teatroluogo delladi prigionia di Macalda e teatro delle sfide a scacchi di Macalda econ delll'emiro Margam Ibn Sebir]]
 
*{{NDR|Un giudizio di De Renzi sulle colpe di Alaimo nei confronti di Pietro d'Aragona, considerate più umana debolezza nei confronti di Macalda che vero e proprio tradimento}} Che la pazza Macalda imprudentissima fosse, e probabilmente ancora per ambizione per ira o per vendetta fosse entrata in qualche ostile concerto, e vi avesse trascinato qualcuno de' suoi, è possibile e forse vero, perché ora più che mai volle ostentare il suo disprezzo, fin ricusando di far tenere al battesimo un suo nato da [[:w:Costanza di Hohenstaufen|Costanza]] da [[:w:Giacomo II d'Aragona|Giacomo]] e da [[:w:Federico III di Aragona|Federigo]]; cavalcando presso il principe, con uno stuolo numeroso di scherani insolenti, per mostrare ch'ella sola regnasse, e Giacomo per lei; sdegnando di dare il nome di regina a Costanza; e tenendo lontano, come dice [[Bartolomeo di Neocastro|Neocastro]], da' consigli di corte il vecchio marito, onde non s'inimicasse personalmente i Francesi. Ma che Alaimo sol debole per la moglie fosse e non traditore, e che non potesse quella sua vigorosa anima discendere alla viltà, è probabile, perché vaghe le accuse, e gli storici desiderosi di scusarlo. Giova dubitare: né è permesso esser corrivo a macchiare una grande fama senza specchiate prove. ([[Salvatore De Renzi]])